Nei bracci della morte 60 ragazzi gangster

Nei bracci della morte 60 ragazzi gangster L'America ignora il caso di Paula Cooper, la sedicenne condannata a morte nell'Indiana Nei bracci della morte 60 ragazzi gangster DAL NOSTRO CORRI8PONDENTE WASHINGTON — Il caso di Paula Cooper, la ragazzina negra di 16 anni condannata a morte venerdì nell'Indiana per omicidio, non è così raro come è sembrato nei giorni scorsi. Altri minori, qualcuno più giovane di lei, sono stati condannati e giustiziati negli Stati Uniti dalla Seconda Guerra mondiale a oggi. Il caso più clamoroso fu quello di George Junius Stinney jr, un ragazzino negro di 14 anni, finito sulla sedia elettrica nella Carolina del Sud nel giugno del '44 per l'assassinio di una bambina "bianca di 11 anni. L'ultimo giustiziato, il 9 settèmbre scorso, è stato un altro giovane negro, Charles Rumbaugh jr, nel Texas: aveva compiuto un omicidio a 17 anni, é morto a 18. Nei vari bracci della morte delle carceri americane, oltre a Paula Cooper, vi sono altri adolescenti che attendono l'esecuzione: il più noto é Ronald Word, anch'egli negro, che l'anno scorso uccise due an¬ ziane sorelle e il loro nipotino a Memphis, nell'Arkansas. Paese delle statistiche per eccellenza, gli Stati Uniti non ne hanno di esaurienti sulle sentenze capitali pronunciate ed eseguite contro i minori. L'unico dato certo è che attualmente 34 di essi sono in attesa di venire giustiziati insieme con 1700 adulti, ossia con persone di 18 o più anni: poiché tra appelli e richieste di grazia trascorre in genere parecchio tempo, ciò significa che i ragazzi che hanno ucciso e sono stati condannati a morte prima dei 18 anni sono almeno 60-70. Va sottolineato un altro particolare: non esiste una legislazione nazionale, e 27 dei 52 Stati della Federazione americana, in maggioranza del Sud, ammettono l'esecuzione al di sotto della maggiore età, di solito dai 14 anni in sù, secondo un'antica giurisprudenza. La condanna non capitale in un tribunale per adulti è lecita anche al di sotto dei 14 anni: nell'India| no, lo Stato di Paula Cooper, addirittura a 10. Il patto dell'Onu sui diritti civili del '66 impegna i. Paesi partecipanti a non pronunciare condanne a morte contro i minori di 18 anni. Il presidente Carter lo firmò nel 78, ma il Senato americano non lo ha mai ratificato (l'America rispetta invece l'altra disposizione di non giustiziare donne incinte). Inoltre, mentre in Europa la distinzione tra i tribunali dei minori e gli altri è rigida, negli Usa ha numerose eccezioni. Questo atteggiamento riflette l'umore nazionale. Il caso di Paula Cooper non ha ricévuto la minima attenzione dai mass mediaal di fuori del suo circondario, grosso modo quello di Chicago; nessun giornale del Nord Est, la parte più illuminata degli Stati Uniti, ad esempio, ha pubblicato una riga. Dai sondaggi d'opinione emerge inoltre che la maggioranza degli americani è favorevole alla sentenza capitale, e il 50 per cento lo è anche nel confronti del mi¬ nori, con qualche variazione di età. E' la conferma che l'ossessione statunitense del »Law and arder», della legalità e dell'ordine, ossia della lotta contro la criminalità, prevale su qualsiasi altra considerazione. Il fenomeno dei bambini che uccidono si sta aggravando. Uno dei pochi studi seri condotti sul fenomeno è quello di due psichiatri di New York, la dottoressa Dorothy Lewis e il dottor Alexander Simos. Svolto su 11 adolescenti assassini esso ha accertato che nel 100 per cento dei casi si trattava di psicopatici, e che da bambini erano stati pronti a incredibili esplosioni di violenza; nell'88 per cento dei casi, inoltre, i ragazzi erano stati a loro volta vittime di abusi, e avevano subito lesioni di vario tipo al. cervello. Né il fatto che la nascita nei ghetti negri è portatrice di criminalità né l'esito di questa inchiesta scuotono però le istituzioni americane. Quan¬ do venerdì scorso a New York, a Central Park, tre ragazzini, dai 13 ai 15 anni, hanno sparato a un agente, che rischia di restare paralizzato, il capo della polizia Ward ha invocato la loro condanna a morte. La vicenda di Paula Cooper ha spinto comunque l'associazione dei diritti civili e le associazioni negre a sollecitare l'esame della situazione già richiesta alla Corte Suprema. Si è constatato che dei 56 assassini giustiziati tra il 76 e oggi, ben 52 avevano ucciso bianchi, ed erano nella stragrande maggioranza negri: tra di essi non figurava nessun bianco che aveste ucciso un negro. L'obiettivo del ricorsi è sempre lo stesso: è indurre le istituzioni a giungere alle radici del male, e a non curarne solo i sintomi. Il caso di Ronald Ward, di Memphis, è esemplare: la madre lo lasciò che aveva tre mesi, fu allevato dalla nonna, ha alle spalle una storia di droghe e di furti. Ennio Caretta