Perché nuove mura per il faraone di Luigi Firpo

Perché nuove mura per il faraone TRASFERIRE IL MUSEO EGIZIO? SCRIVE D0NAD0NI, RISPONDE FIRPO Perché nuove mura per il faraone Il professor Sergio Donadoni, illustre egittologo, accademico dei Lincei, interviene sull'Ipotesi che il Museo Egizio di Torino possa essere trasferito In una sede più ampia e razionale. Caro Firpo, come tanti, anch'Io sono un attento lettore dei tuoi Cattivi pensieri», e anch'io — come altri di me più autorevoli altre volte — questa volta non sono d'accordo con quel che hai scritto 11 29 giugno circa il Museo Egizio. Al Museo già. in passato sono state fatte offerte di un trasloco che gli permettesse un più sereno dispiegamento dei suoi tesori e una più facile agibilità. Se ogni volta c'è stata un'immediata riluttanza ad accettare le proposte, e un allarme non solo in chi lo amministrava, è per una se rie di ragioni che mi sembra mantengano una piena validità e che si allargano su un assai ampio ventaglio. Ragioni tecniche, innanzi tutto- lo spostamento di un museo vuol dire la rimessa in discussione dell'ambiente fisico di ogni singolo pezzo che sia conservato ne|le sale, nelle vetrine, nei magazzini. Molti di questi oggetti (e basti per tutti quel Ramesse che è diventato uno dei simboli di Torino) sono in tali condizioni che non si osa neanche indagare su quale sia la storia del primo (e fino a oggi unico) restauro. Buona parte delle grandi statue, sono ancorate al suolo da basi apposite che traversano le cantine, e 1 tanti oggetti in materiali deperibili che solo l'Egitto è capace di restituire ancora cosi vivi (e che già la curiosità illuministica del Drovetti aveva cominciato a raccogliere) si assestano ogni volta con fat'ca (e cioè con intime o visibili menomazioni) a nuove condizioni climatiche. Il tuo vitale ottimismo'— quello che sempre traspare come una filigrana positiva dietro il mugugno del tuoi cattivi pensieri — mi dirà che oggi ci sono tecniche ed esperienze ben superiori a quelle del momento in cui 11 Museo fu formato, e che queste prime obiezioni possono facilmente esser messe a tacere. Ma proprio il raffinarsi deile tecniche e delle sensibilità ha comportato che ogni restauro, oggi, si configuri come un problema a sé, con le sue specifiche indagini conoscitive, il suo specifico inquadramento metodico — il che, in termini pratici, vuol dire se non altro un aumento di spese e di tempo per l'attuazione. Quel che sarebbe un doveroso controllo e una terapia preventiva del materiale vorrebbe dire una chiusura a tempo indeterminato — certo di anni — delle collezioni che si vorrebbero mettere a miglior frutto. Tutti abbiamo alla mente musei che son scomparsi dalla mappa dell'agibilità dal momento in cui si è deciso di rinnovarli radicalmente. Vorrei anche aggiungere che un museo non è soltanto un contenitore di oggetti, ma ha esso stesso la sua personalità, rispecchiando i modi in cui i suoi materiali sono stati sia riuniti che custoditi nel tempo. Musei che a Roma son stati trasferiti dalla loro sede originaria in altre più spaziose e moderne lamentano oggi una crisi di identità, e van rimeditando sul loro passato. Non è dunque ùn capriccio quello che ha spinto i successivi responsabili del Museo a difenderne la sede attuale; ed essi con stati anche i portavoce ufficiali di una riluttanza che accomu-nava la gente del mestiere (e non solo quella italiana) e gli organi consultivi del ministero. Ma queste ragioni, per importanti che siano, non sono tuttavia le più imperiose. Io personalmente sento tutta l'autorità (direi quasi la rellglo, se non fosse per la paura di sembrar retorico) del fatto che qui, nel Museo Egizio, proprio in questo luogo, in queste stanze, è nata l'egittologia: quella che a Parigi nel 1822, con la Lettre à Mr Dacier, era. solo una brillante ipotesi di un giovane che poteva esser guardato con benevolo — o meno benevolo — sussiego, qui — quando la generosità degli Accademici di Torino accolse lo Champollion in quella che avrebbe potuto essere una loro «riserva di caccia» — è diventata la | realtà di una scienza capace di cimentarsi con i monumenti, con 1 testi. Spezzare questa connessione originale fra l'Accademia delle Scienze e il Museo Egizio potrebbe essere spiacevole, ma forse possibile. Ma scivolare sul fatto che un certo momento cruciale della conoscenza — e davvero non solo e'gittologica! — è avvenuto qui, in un certo ambito fisico che abbiamo la fortuna di avere ancora a disposizione, mi sembra che costituisca un atto contro la storia, che non è fatta solo di documenti e di parole, ma anche di cose, di luoghi. Una chiesa della Natività a Betlemme ha ben altro valore suggestivo — ha ben altra realtà — di quella che avrebbe una chiesa della Natività, poniamo a Nuova York, anche se questa fosse più ampia, meglio organlzza- ta, più funzionale al culto. Queste cose porgo alla tua cosi esperta coscienza di storico. Ma questo non vuol dire, naturalmente, che il problema del Museo Egizio non esista, che non si debba migliorarlo nelle strutture, nelle possibilità di visita, nel legame con la città e con l visitatori a tutti 1 livelli. Non penso certo che il Museo debba esser trattato come una reliquia intoccabile. Bisogna farlo crescere, farlo vivere con i tempi: ma trapiantarlo, anche al di fuori del rischi di rigetto, è proprio un'altra cosa. Sergio Donadoni Caro Donadoni, se le ragioni che si oppongono al trasferimento del Museo Egizio in nuova, ampia, agibile sede, sono soltanto quelle che tu elenchi, direi che l'operazione dovrebbe cominciare domani. Le tecniche di condizionamento dell'ambiente a temperatura e umidità costante hanno fatto progressi enormi e la sede attuale non offre nessuna garanzia in tal senso. Il restauro ha oggi basi scientifiche rigorose e dispone di mezzi un tempo Inimmaginabili. Nessuno pensa a un trasloco da farsi In un pomeriggio, bensì pezzo pei pezzo, con cure e garanzie scrupolose. Quanto alla «crisi di identità', mi sembra davvero un romanticismo pericoloso. Nel vecchio palazzo del Guarini si metta una bella lapide, si salvi una sala-cimelio emblematica (magari con «pezzi, scelti fra gli innumerevoli doppioni); ma II voler conservare un museo di tanta importanza In locali buoni due secoli fa e oggi impraticabili è ostinazione suicida. Come di chi volesse trainare i rapidi moderni con la locomotiva di Stephemon. Luigi Firpo Torino. Statuette di due coniugi in arenaria, del 1490 a. C circa, esposte al Museo Egizio (Particolare - Foto «La Stampa»)

Persone citate: Donadoni, Drovetti, Firpo, Guarini, Sergio Donadoni

Luoghi citati: Betlemme, Egitto, Nuova York, Parigi, Roma, Torino