Sulle ali di Klee

Sulle ali di Klee A VENEZIA I SUOI ENIGMI E PROFEZIE Sulle ali di Klee VENEZIA — Nel salone all'ultimo piano di Ca' Pesato restaurata, si dispiegano fino al 5 ottobre, in rigorosa sequenza cronologica, 151 opere di uno dei maestri-vertice dell'arte contemporanea (linfa intima e segreta altrettanto quanto fu pubblica e clamorosa quella di Picasso): il tedesco, data l'origine paterna, Paul Klee. Tedesco e non svizzero, come comunemente si ritiene. Ancora a un anno dalla morte, nel 1959, l'«artista degenerato» cacciato nel 1933 dalla casa a Dessau e dall'insegnamento a Dusseldorf e costretto all'esilio, non riuscì a ottenere la cittadinanza della nazione dove era nato nel r>t«99"presso Berna edpveìrveifatto i primi studi umanistici e musicali. Si dispiega, questa sequenza di opere in massima parte di piccolo formato, su carta e con tecniche grafiche e ad acquerello (miste, raffinatissime; le sue scelte preferenziali per tutta la vita), di collezioni private molte delle quali risalenti al periodo fra le due guerre, con ritmi minuti, microcosmici, apparentemente delicati e favolosi: come di righi e contrappunti e vibrazioni musicali, quella musica che Klee studiò e praticò, ini zialmcnte incerto fra le due vocazioni. E' la via interpretativa «esterna», la più facile e affascinante: perdersi, abbandonarsi all'intrico minuto di segni, di tacche e poi di vaporosità frottages cromatiche, di percorsi labirintici e costellati di segnali, leggere di paragrafò in paragrafo il racconto, talora al limite del «fumetto» (nulla di degradante né di illegittimo in questo paragone-, basti osservare in Due donne, acquerello del 1911, l'evidente influsso di Lyonel Feiriinger — futuro membro al Bauhaus dei «Quattro Blu» con Io stesso Klee, Kandinsky e Jawlcnsky —, allora «fumettista» del Chicago Tribune), che nasce come sognante-ironica sublimazione dell'ambiente dei comportamenti e dei miste ri psichici dell'uomo, e più del la donna, e termina negli incubi geroglifici dell'universo, esterno e soprattutto intcriore, aggredito da Hitler. Ma è pur di Klee l'insegnamento» nello stesso tempo morale e operativo, ai suoi allievi al Bauhaus: «La capacità dell'uomo di spaziare a 'piacimento con lo spirito nella dimensione terrena e in quella ultraterrena, in antitèsi con la sua impi fisica, costituisce la tragedia originaria dell'uomo: la tragedia della spiritualità. La conseguen za di questo coesistere d'impotenza corporea e mobilità psicoica i la dicotomia dell'essere untano. L'uomo è uer metà prigioniero, per metà alato». Lui, Klee, temone «illumi nista» e sognante, inventariatote o forse meglio entomologo delle sue 8918 òpere dal 1883, quando l'autore aveva quattro anni, al 1940, esploratore sommamente inquietante della dimensione terrena e ul traterrena (e soprattutto degl enigmi interni all'uomo) combatte di foglio in foglio, in punta di matita, di penna, di pennellino, la sua battaglia con 1'«impotenza corporea». èdlacmpttcvg E vince sempre, per quanto è possibile entro la «prigione» dei meccanismi fisiologici della mano del pittore e delle sue connessioni con l'illimitata mobilità della psiche. Vince perché sa e vuole essere «alato»; e soprattutto perché è dotato di quell'occhio interiore che i surrealisti, Breton e Crcvel in testa, gli riconobbero e gli invidiarono. Cosi come in Italia, aedo per primo, lo comprese empateticamenre I.icini. Sotto il velame dell'ironia (spesso atroce: La santa dalla luce interiore; Storpi come acrobati; Pagliaccio di campagna; Lei ci lascia), della studiosa fiducia e ricreazione dei meccanismi psico-espressivi dell'infanzia; della straordinaria gamma di sperimentazioni «alchemiche» sul segno, sul simbolo, sulla materia c di sperimentazioni mentali-emozionali sul rappor to, essenziale per Klee, fra ti tolazione e immagine; sotto il velame di una profezia del contemporaneo che assorbe in sé e promana da sé Delaunay e Kandinsky, Mirò ed Ernst, Calder e Brauner e Wols e Dubuffet, vi è dunque c battimento e «tragedia». Forse il combattimento più alto e glorioso di tutta l'arte contemporanea, che comprende in se ogni istanza della sua generazione, da!Mr/ nouveau ai mostri neocubisti di Picasso mentre si affaccia e precipita la tragedia europea: l'espressionismo e l'astrazione, la sur realtà e Yart brut, il sopramondo dei segni e la disintegrazione e ricostruzione ottica, altrettanto pensata quando «sognata», dello spazio di natura e di città, dal fiore e dal bosco al porto e al deserto. La mostra di Venezia, in cui molte opere compaiono per la prima volta in pubbli co, offre al visitatore tutta la gamma infinitamente variata, tutte le sfumature di questa avventura: un'avventura costantemente tesa e compatta pur negli accadimenti sempre nuovi e sorprendenti, tanto che ■ è impossibile segnalarne una tappa piuttosto che un'al tra. Come ho detto, il visitatore può anche accontentarsi «leggerla» (e intento anche letteralmente, fra titolo e immagine) come tale, come elze viro visuale o partitura musi cale. Ma gli consiglierei, in questa irripetibile occasione (Con Ijaiuto anche del chiaro* fjgoJ 9f jTOPgo edito Jflgfet"! ta), di cercar di seguire i dettami dello stesso Klee: di cercar di afferrare, non saprei se al di qua o al di là o «dentro» la narrazione di microcosmo.e macrocosmo, la lotta angelica fra materia e spirito, quest'ultimo inteso come lo intendevano i grandi romantici; con eultissima ironia e alchimia e vagheggiata «purità» dell'occhio infantile come ancore di salvazione in un secolo poverissimo di spirito. Marco Rosei Paul Klee: «Interno di una casa» (1919) in mostra a Venezia

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