Amato : «Le Usl non ci aiutano nell'assistenza ai detenuti»

Amato : «Le Usi non ci aiutano nell'assistenza ai detenuti» Parla il direttore degli istituti di previdenza e pena Amato : «Le Usi non ci aiutano nell'assistenza ai detenuti» n caso Moricca, morto in carcere dopo l'arresto: «Ci sono due inchieste in corso» ROMA — Nelle carceri italiane sono morti quattro detenuti negli ultimi due mesi. L'ultimo è stato Fabio Moricca, lo studente tossicodipendente di ventinove anni deceduto subito dopo 11 suo ricovero in ospedale. Quali garanzie esistono per un cittadino che entra nelle prigioni italiane di non subire la stessa sorte? Lo chiediamo a Nicolò Amato, direttore generale degli istituti di prevenzione e pena. «Per ogni decesso, indipendentemente dall'indagine giudiziaria, noi disponiamo un'inchiesta amifiinistrativa e una sanitaria. Non è possibile, e non sarebbe giusto, an~ ticipare un giudizio di responsabilità deC sanitari del carcere. Assai spesso, ansi, le inchieste dimostrano che essi hanno fatto quanto era nei loro doveri. Non voglio certo dire, con questo, che l'assistema sanitaria negli istituti di pena sia la migliore possibile. Essa può e deve essere certo migliorata perché è in gioco il bene essenziale e prezioso della vita umana e, in questo caso, di vite umane affidate allo Stato*. Lei occupa questo incarico da più di tre anni. Che cosa non ha funzionato In questo periodò? -Occorre una più intensa collaborazione delle strutture sanitarie del territorio, degli enti locali in genere e di tutta la società civile*. Quale è l'assistenza sanitaria nelle carceri oggi? •Sulla carta, abbiamo un orgànico di 40 medici di.ruo¬ lo. Ne sono in forza, però, solo 19. impiegati più che altro negli ospedali psichiatrici giudiziari. Siamo in presenza di una carenza di "vocazioni', anche a causa delle modeste retribuzioni che possiamo assicurare. L'assistenza sanitaria è disciplinata da una legge del 1970. In base à questa norma sono in servizio, nei nostri istituti 330 medici incaricati, 1181 medici specialisti e 640 medici di guardia. Gli infermieri di ruolo sono 286, su un organico previsto di 752. Altri 474 sono 'a parcella: I tecnici di radiologia sono 49 su un organico di 85, e 24 'a parcella'* Ma i vostri rapporti con le USI sono proprio cosi difficili? «Con le unità sanitarie locali abbiamo stipulato 50 convenzioni per prestazioni specialistiche, 81 per l'assistenza ai tossicodipendenti. Se si pensa che abbiamo circa 210 istituti di pena si può capire come molti di essi siano privi di assistenza pubblica*. : Quanti sono e che cosa fa il carcere per i tossicodipendenti? X •Su oltre 44 mila carcerati, i tossicodipendenti sono il ioli per cento, valutando questa cifra con l'approssimazione dovuta alla difficoltà déll'accertamento. Essi rappresentano un problema assai delicato e difficile. Lo strumento principale a nostra disposizione è la convenzione di assistenza con le Usi. Abbiamo, per conto nostro, costituì to una.commissione nazionale con vari esperti (quali il professor Cancrìni, il prof. Antonucci, don Mario Picchi ed altri tecnici) che già da due anni sta lavorando. Su ogni tossicodipendente, inoltre, e in genere su ogni detenuto più fragile psicologica'mente si mobilita e si impegna particolarmente tutto il personale. Solo di esperti in psicologia, ne abbiamo circa duecento*. E' giusto, secondo lei, che un tossicodipendente venga internato in un carcere? -Io credo che assai spesso per i tossicodipendenti ed in generale per i detenuti mentalmente o psichicamente fragili la risposta non debba essere il carcere. La soluzione non deve essere trovata sul piano della repressione e della segregazione ma su quello della prevenzione e della cura. Dovrebbe, tra l'altro, essere ripreso ed ampliato lo spunto contentato nella legge 21 giugno 1985, numero 297, sulle comunità terapeutiche in sostituzione del carcere. Bisognerà infine convincersi che la società non può illudersi di liberarsi del problemi più difficili scaricandoli sul carcere e che anzi nel carcere — luogo di inevitabile sofferenza umana — tutti i problemi diventano più angosciosi, drammatici e di più diffide soluzione*. Quali sono questi altri problemi? •Quelli soliti, che si potrebbero però risolvere se vi fossero a disposizione più mezzi e risorse finanziarie: il sovraffollamento (oltre 44 mila detenuti in istituti che potreb¬ bero ospitarne 29 mila), l'eccessivo numero di detenuti in attesa di giudizio (il 52 per cento), la carenza degli organici del personale, costretto a turni di lavoro massacranti e retribuito al di sotto delle sue responsabilità e dei rischi che corre. Ma il problema di fondo consiste nella necessità di trovare uh persuasivo equilibrio tra l'esigenza della sicurezza e quella della risocializzazione dei detenuti, comunemente ritenute in contrasto. Certo, le aperture del carcere e nel carcere comportano un margine di rischio"- Lei è stato pubblico ministero nel processo Moro ed in altri importanti dibattimenti contro terroristi. Secondo lei. l'emergenza è finita? «Più nelle carceri che nel Paese. Questo, comunque, è il nostro impegno ed anche la nostra speranza. Siamo convinti della necessità che il periodo dell'emergenza venga definitivamente chiuso. Segnali in questo senso sono pervenuti dalla decisione di non prorogare più, dalla fine dell '84, il regime di massima sicurezza '(articolo 90 della legge penitenziaria), dalle aeree omogenee dei dissociati dal terrorismo politico, dagli sforzi per aprire il carcere, superandone la ghettizzazione*. La difficile soluzione della crisi di governo e la possibilità di elezioni anticipate minacciano, di far slittare l'approvazione dell'amnistia da parte del parlamento. Potrebbe questo creare tensioni nelle carceri? •No commenu.' Raggerò Conteduca

Persone citate: Antonucci, Conteduca, Fabio Moricca, Mario Picchi, Moricca, Nicolò Amato

Luoghi citati: Roma