In Transilvania Ceausescu teme il miraggio del goulasch

In Transilvania Ceausescu teme il miraggio del goulasch Il regime di Bucarest accentua le discriminazioni verso le consistenti minoranze ungheresi e tedesche della regione In Transilvania Ceausescu teme il miraggio del goulasch L'ultimo 'incidente» è avvenuto al vertice di Budapest, presente Gorbcciov. L'ungherese Radar non ha stretto la mano a Ceausescu, leader in declino dell'autonomismo romeno, rinnovando una freddezza ormai pluridecennale. L'incontro a due più. vicino risale infatti al 1978, epoca davvero remota per due nazioni confinanti e, formalmente, amiche. Ma se il comunismo affratella — o perlomeno dovrebbe — la Transilvania divide. Austro-ungherese per civiltà storica quanto tradizionale bandiera dell'irredentismo romeno, la regione si è vista definitamente inglobare da Bucarest nel 1947 (solo qualche anno prima il reggente ungherese Horty era riuscito, complice tìitler, a ottenere ìa zona Nord): senonché due milioni 150 mila abitanti su sette erano e sono magiari. Scriveva in febbraio il periodico jugoslavo VJesnlk che la •questione balcanica» resta eminentemente etnica: turchi di Bulgaria, albanesi nel Kosovo, le complesse vicende macedoni più, appunto, la Transilvania. Già la schizofrenia linguistica del nome (noi adottiamo il toponimo latino romeno, ma per gli ungheresi suona Erdély e SlebenbOrger — ovvero sette Comuni — nelle citazioni tedesche) fotografa una difficile coesistenza. Iniziamo dal gruppo più emarginato, i sàssoni. Originari di Fiandre e Renania, colonizzarono la pianura subcarpatica otto secoli fa e da allora — forti di intraprendenza, lealismo imperiale, maggiore alfabetizzazione — hanno sempre dettato legge. Fino all'occupazione sovietica, quando molti vennero deportati e gli altri trovarono un bivio: naturalizzarsi romeni (tra la diffidenza generale) o accettare l'emarginazione. Terza via, l'espatrio. Erano mezzo milione nel Quaranta, 250 mila a guerra finita, ora sono meno della metà. A Klausenburg (Cluj) — città guida dei .sette Co- munu — avevano teatri, giornali, centri di cultura, più scuole in tutto il Paese. Con l'autunno 'SS perderanno il loro ultimo baluardo per evitare l'assimilazione. Bucarest ha infatti deciso di romenizzare i .licei germanici»: il tedesco sopravviverà come materia ma ogni altro insegnamento deve adattarsi alla lingua nazionale. Chi può, emigra in Germania. Bonn riscatta ogni anno molti profughi, pagando sa- | lato. Le famiglie devono lasciar tutto, risparmi compresi. Ne hanno parlato i congressisti della Società SudEst europea — specialista in ricerche storico . sociali — riuniti a Monaco la scorsa primavera. Sono emersi dati sconcertanti: parecchi bambini emigrati presentavano una grave denutrizione, e 92 profughi su cento .riferirono d'aver lasciato il Paese per la crisi economica, non meno insopportabile dell'«apar¬ theid» etnica. Proprio la rovinosa situazione finanziaria — Bucarest ha passato l'inverno al freddo e al buio malgrado sia il maggior produttore europeo di petrolio — accentua le distanze con l'Ungheria. Ceausescu teme l'invidia dei romeni per un socialismo in salsa di goulasch, ricco e tollerante. Il suo Paese (ove nel '56-'S7 fu esiliato su richiesta sovietica l'ex premier magiaro Imre Nagy in attesa del processo) ha sapientemente combinato una politica internazionale aperturista ma d'impronta staliniana all'interno. E gli ungheresi transilvani beneficiano della seconda. Vn esempio. Il quotidiano del pc magiaro Nèpszabadsàg (popolo Ubero) viene regolarmente bloccato alla frontiera con pretesti vari. Filtrano le copie dirette in Valacchia, cuore detta Romania storica, ove restano ovviamente invendute, ma l'area transilvana rimane a secco. L'Università etnica di Cluj, è stata chiusa d'imperio nel '59 (il rettore Szabédi, che Nicolae Ceausescu attaccò in pubblico, si tolse la vita), ai giornali in lingua magiara viene lesinata la carta, chi parla ungherese non fa carriera. Poi, la cultura del sospetto. Quando il Presidente, su pressioni Usa, venne costretto ad affrontare pubblicamente il tema, fu sprezzante: «CI denigrano elementi déboli o dalla moralità incerta, disposti per qualche moneta d'argento, per un piatto di lenticchie o di goulasch (sic) a farsi prezzolare da circoli stranieri». Cosi ora è praticamente vietato ai magiari transilvani accogliere parenti in visita d'.oltrécortina»: dormano in hotel. A livello costituzionallegislativo ci sono varie tutele, ma provvedono le interne dlspozi(il ad alterare il quadro, mischiando zone ungheresi con territori romeni doc nella stessa unità amministrativa, per annacquarle meglio. Alcuni distretti — Covasna e Harghita in particolare — ove l'assoluta prevalenza del ceppo magiaro impediva ogni mélange, hanno status autonomo ma vivono ghettizzati, almeno secondo l'ampio dossier pubblicato in Gran Bretagna dal Minority Rlghts Group. Bisogna inoltre aggiungere i problemi religiosi. Il per, che obbligò nel '45 la Chiesa untata a farsi ortodossa per evitare Roma e le sue Influenze, non tollera volentieri quei poco malleabili luterani di Germania o i magiari calvinisti. Per tacere degli Székeli unitariani, l'eresia antitrinitaria sviluppatasi qui nel '500-600 ma ormai più forte aftre-Oceano. Un quadro, insomma, poco béneagurante. E dire che Bucarest medesima vede una propria ex regione, quella moldava (alias Bessarabia) soffrire analoghe pene sotto l'amministrazione sovietica: ma non sempre la storia insegna, e. st.

Persone citate: Ceausescu, Imre Nagy, Nicolae Ceausescu