Scrittore e talent-scout
Scrittore e talent-scout MORTO A MILANO GIANSIRO FERRATA Scrittore e talent-scout MILANO — E" morto l'altro ieri Oiansiro Ferrata, dopo una lunga malattia che lo aveva escluso dai dibattiti e dai cenacoli che costituivano tanta parte della sua vita. Nato a Milano nel 1907, era stato per alcuni decenni un animatore della cultura letteraria fiorentina e milanese. Pur vivendo ormai da molto tempo isolato, figurava tuttora fra i consulenti editoriali della casa editrice Mondadori. Era nel «comitato di lettura» dell'Almanacco dello Specchio che cura Marco Forti e continuava a risultare firmata da lui la collana del ■Meridiani» a cui attende dal 1969 Luciano De Maria. Oiansiro Ferrata aveva compiuto gli studi universitari a Firenze, dove si era laureato con Luigi Foscolo Benedetto presentando una tesi su Salnte-Beuve. Amico del «fiorentini» d'allora (Montale, Bilenchi, Carocci, Landolfo Vittorini. Oadda), era stato fra i redattori della rivista Solarla e poi — una volta ritornato a Milano — delle altre riviste più note: da Corrente a n Politecnico. Militante comunista, fuoruscito in Svizzera durante la Repubblica di Salò, lo si ri- corda come vivacissimo, polemico oratore alla «Casa della Cultura». Ma soprattutto come antologista, prefatore, responsabile di collane editoriali. Marco Forti ci dice: «Per anni ho mangiato con lui alla mensa della Mondadori. Era il commensale più squisito che io abbia mai incontrato, un conversatore memorabile. Parlando, ci ripagava di tutti i libri che non ha mai scritto, di tutti i grandi libri che avrebbe potuto scrivere». In effetti Ferrata lascia alcuni libri (un romanzo del '33; una storia parmigiana del '39 a quattro mani con Vittorini; e raccolte di saggi letterari) ma, dice Luciano De Maria, «era un coltissimo divagatore, uno scopritore di talenti, un uomo di grande generosità intellettuale: ha dato il meglio di sé non nei libri che ha scritto, ma in quelli che ha fatto scrivere, che ha curato e riveduto». Scompare con lui, dunque, l'ultimo grande testimone di quella generazione di «eminenze grigie» dell'editoria che ha avuto in Celare Pavese, in Elio Vittorini, in Bobi Bazlen le figure più note. Con loro va ricordato Ferrata, «il Oiansiro», eminenza forse più «grigia» di loro sul palcoscenico della storia letteraria, ma eminenza non meno attiva e sagace di loro, dietro le quinte, negli anni in cui la storia letteraria si faceva davvero dietro le quinte, e l'editoria italiana era tutt'altra cosa da quella che è oggi
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