A Mosca scambi di grandeur di Frane Barbieri

A Mosca scambi di grand eur Gorbaciov e Mitterrand cercano prestigio in casa A Mosca scambi di grand eur La messinscena e le concomitanze dell'incontro hanno forse tratto un po' tutti in inganno. Mitterrand, che dopo Reagan incontra subito Gorbaciov, in uno scenario hollywoodiano il primo e fra gli ori degli zar il secondo, è apparso inevitabilmente come una specie di battistrada nel difficile cammino verso il vertice dei superpotenti. Le fitte conversazioni al Cremlino, infatti, fanno già scrivere di svolte decisive nel rapporto fra Washington e Mosca. • Una svolta sta nell'aria, ma certamente non come conseguenza della mediazione del Presidente francese. Per tre ragioni almeno: primo, Reagan non ha interesse a accreditare Mitterrand in un ruolo particolare nel momento in cui, nel conflitto dei poteri in Francia, Chirac cerca di scalzare l'antagonista proprio in tema di filoamericanismo: secondo, il capo della Casa Bianca ha sempre evitato di dare l'impressione che siano gli alleati europei a condurlo per mano al tavolo del grande negoziato; terzo, le tratta¬ tive fra Mosca e Washington sono già tanto strette e intense da scartare la necessità di intermediari (prova ne sia l'incontro tra Hartman e Dobrynin, proprio'ieri, con l'indicativa scelta del canale del pcus — Dobrynin è segretario del partito — per arrivare direttamente a Gorbaciov, evitando le lungaggini della diplomazia formale tuttora gromykiana). Chi invece ha interesse a inscenare un ruolo particolare di Mitterrand, per le stesse ragioni di Reagan ma rovesciate, è Gorbaciov. Gli deve piacere l'immagine del saggio europeo che convince l'esuberante americano delle buone ragioni dell'uòmo nuovo sovietico. Nell'esaltazione dell'incontro al Cremlino, quasi si trattasse di Alessandro e Napoleone sul Nemen, i motivi determinanti sembrano essere, tuttavia, quelli interni, sia in Mitterrand, sia in Gorbaciov. La ricerca di un recupero per l'Eliseo porta il presidente dimezzato a compensare sul piano internazionale, dove i chirachiani non l'han no ancora scalzato, il credito perduto elettoralmente nel Paese. Nel mondo la Francia è una sola e la incarno io, Mitterrand. I moventi interni di Gorbaciov sono più complessi. Ultimamente si sono accumulati vari sintomi che indicano come la famosa riforma si sia arenata. La stampa ne parla poco e se parla lo fa per mettere in evidenza le difficoltà. Gli economisti hanno diradato e attenuato i loro richiami ai cambiamenti secondo la logica economica. La Pravda rivela che solo il 40 per cento delle imprese ha adottato la legge sui diritti autonomi dei collettivi. Il primo ministro Rizhkov, nella relazione al Soviet Supremo, si è dilungato sulle prospezioni del piano senza menzionare mai le riforme. L'accademico Aganbeghian, uomo di punta della riforma, ha deluso i molti ascoltatori durante la tournée italiana mascherando le sue contestazioni «siberiane» del meccanismo economico. Lo stesso Gorbaciov, all'ultimo Plenum, ha denunciato' «le vecchie attitudini e la psicologia ossificata». Le resistenze sembrano essersi accentuate con la crisi di Ccrnobil. Le argomentazioni dei resistenti sono più o meno queste: gli Usa hanno stretto la morsa politico-strategica attorno all'Urss, un Paese accerchiato non può concedersi azzardi riformistici, quindi bisogna congelare la riforma finché non sarà ottenuto un respiro in campo internazionale. A Gorbaciov non rimane che buttarsi con tutto il peso e tutta l'energia nell'offensiva diplomatica, alla ricerca di successi internazionali da usare anche nello sfondamento delle resistenze interne. Il significato della manovra si coglie meglio sapendo che i resistenti siedono nello stesso Politburo e che fra i sostenitori del riformismo gorbacioviano, ora recalcitranti, vanno annoverati i grandi marescialli. Frane Barbieri (Continua a pagina 2 In ottava colonna) | (A pagina 4: «Una delusioI ne al Cremlino»).

Luoghi citati: Francia, Mosca, Urss, Usa, Washington