Il produttore rimane solo a riabilitare il vino italiano di Sandro Doglio

11 produttore rimane solo a riabilitare il vino italiano Il dramma del metanolo pesa sull'immagine del Made in Italy 11 produttore rimane solo a riabilitare il vino italiano H crollo delle esportazioni ha colpito i vini comuni, il più efficace mezzo di diffusione DAL NOSTRO INVIATO VENEZIA — I cento giorni del metanolo sono appena passati. Che ne è del vino Italiano? •/ vari signori Ciravegna, sostiene Pino Khail. uno del più attenti e severi osservatori dell'enologia italiana, hanno sulla coscienza venti vite umane, e questo è folle. Ma chi ha gestito il post-Ciravegna potrà avere sulla coscienza il crollo di molte aziende'. -E' una catastrofe; dice Luigi Cecchi. presidente della Unionvinl. Alberto Marcine Cinzano, presidente della Federvini, osserva: «Jn Italia per molti motivi — dalla nube tossica al Mundial — il dramma sembra essere stato più facilmente dimenticato che all'estero, dove l'ombra è gravissima'. Le prime cifre denunciano l'ampiezza della catastrofe: il consumo in Italia è dimezzato: all'estero ci sono punte prossime all'annullamento delle vendite di vino italiano. SI salvano — in certi casi quasi paradossalmente registrano incrementi anche notevoli — i vini di grande marca, i nomi più celebri della nostra produzione. Ma non è una consolazione: il nostro era soprattutto Paese che produceva e vendeva vini correnti, vini da tavola; e là dove si continua a bere vino il consumatore si sta rivolgendo al prodotto che viene dalla Spagna o addirittura dal Cile. 'Noi non abbiamo sofferto, ami siamo fra i pochi che nelle vendite hanno guadagnato, dice Fabrizio Guerrini delle Cantine S. Margherita; ma è un successo che non vorremmo avere, perché l'enologia sta perdendo. Si è accreditata una drammatica truffa all'immagine dell'Italia'. -Per chi produce vini di qualità, aggiunge Teresa Lungarotti, non c'è che andare avanti a testa alta, non abbiamo nulla da giustificare. Ma nel globale, il vino italiano ci perde. Le autorità non sono riuscite a prendere in mano la situazione: tocca ai produttori rimboccarsi le maniche'. E' drammatico, dicono alla Pio Cesare, che nessuno dei tanti che affermano di volerci aiutare o tutelare abbia speso una parola per spiegare che quell'ignobile e criminale intruglio non aveva niente a che fare con il vino. Ciò ci offende, ci rende più difficile il già duro lavoro per ricostruire l'immagine del vino italiano'. «£' un momento oscuro e umiliante anche per gli onesti', commenta Salvatore De Castrisi. «Per certi vini forse è una disfatta dalla quale sarà estremamente difficile, se non impossibile, sollevarsi', aggiunge Renato Ratti. E fa il caso del moscato d'Asti: frigoriferi dei produttori sono pieni di mosto; che si farà alla prossima vendemmia? Non si raccoglierà l'uva? Si dovranno tagliare i vigneti? Anche per molti vini comuni la tragedia verrà in autunno, le cantine sociali sono già zeppe oggi. Che cosa farne?Il dramma del metanolo, secondo Giacomo Oddero, produttore e presidente della Camera di commercio di Cuneo, «si aggiunge e moltiplica il danno che da anni subiamo da vini che vengono spacciati per piemontesi e vengono invece da altre regioni: anche se non hanno fatto morire uomini, certo hanno stroncato molti nostri vigneti'. S. Margherita, Pio Cesare, Lungarotti, Ratti, come Gaja, Mastroberardlno, Antinori, Zingarelli, Frescobaldi e via dicendo sono grandi nomi nel mondo del vino; non hanno perso vendite per il metanolo (anzi, hanno quasi tutti trovato nuova fiducia dei consumatori). Ma in questi giorni viaggiano il mondo, battono i mercati più diffidi (Stati Uniti, Germania, Inghilterra soprattutto) per correre ai ripari e tentare di ricucire l'immagine lacerata del vino italiano. Sono tutti terrorizzati da quel che scoprono. Milioni di bottiglie ferme nei magazzini, ordini ritirati: «Se scende paurosamente il consumo di vino corrente italiano, viene a mancare il più efficace strumento di sostegno e di propaganda per i nostri più nobili prodotti, che domani potrebbero conoscere anche loro una disfatta', dice ancora Pino Khail. n ministero non ha ancora annunciato la fine dell'emergenza, e i vini — tutti i vini italiani — devono andare all'estero con un'umiliante dichiarazione di «non veleno'. Non è ancora scattata, nonostante gli impegni anche del ministro Pandolfi, una campagna promozionale o di sostegno, o almeno di difesa. Ma la rivista 'Civiltà del bere' ha potuto calcolare che negli Stati Uniti, dando noti¬ zie sulle morti e facendo commenti negativi sul vino italiano, in sole quarantotto ore seno stati occupati — tra radio, televisione, stampa quotidiana e periodica — spazi e tempi per un valore commerciale di cento milioni di dollari: una montagna di pubblicità contraria al nostro prodotto. In queste settimane si succedono con frequenza insoliti convegni per capire e decidere che cosa si può fare. Vittorio Vallarlno Gancia e Mario Valeri Manera hanno organizzato a Venezia un raduno dei -vini d'autore; per la ricerca di eventuali nuove identità del vero e buon vino. Gli enotecnici si sono incontrati su una neve in viaggio da Venezia a Genova. Il Monte dei Paschi di Siena ha promosso una tavola rotonda su 'quali prospettive per i vini doc e docg?' nella splendida tenuta della 'Bela Hosin; a Fontana.'redda di Alba. .Sotto accusa finiscono un po' tutti: il governo, il ministro, i consorzi, le associazioni dei produttori, le leggi. E' sport nazionale chiedere dimissioni (che non ci sono tuttavia state) e nuove disposile -i legislative, quando — osserv % il sen. Desana — 'basterebbe far rispettare quelle che esistono e modificare semmai i comportamenti'. E in fondo, a quasi quattro mesi dalla tragica comparsa del metanolo, non si sa neppure come sia successa realmente la tragedia. E il vino italiano sta vivendo la sua stagione più nera. Sandro Doglio