Scandaloso show dei pentiti di Giuseppe Zaccaria

Scandaloso show dei pentiti Al processo Nco tentativi di rissa, insulti e smentite Scandaloso show dei pentiti Sanfilippo cerca di aggredire Vallanzasca - Epaminonda: «Le accuse a Tortora? Ho solo preso in giro Melluso» - Anche Catapano difende il presidente del partito radicale NAPOLI — L'insulto parte in siciliano anche se a lanciarlo durante un confronto è Renato Vallanzasca, già «re della Comasina» e sempre pronto a ostentare un vigoroso accento lombardo. Dall'altra parte Salvatore 8anfilippo, il più loquace fra i «pentiti» italiani, mostra uno scatto da rugbista: si lancia senza una parola contro l'avversario, con un balzo copre quasi cinque metri prima che i carabinieri gli rotolino addosso, bloccandolo. Vincenzo D'Amico, l'altra mattina, era stato più prevedibile nel tentativo di aggressione a Melluso. Ecco a cosa si sta riducendo il processo d'appello contro la «Nuova camorra organizzata»: spazi di credibilità sempre più ristretti per i -pentiti» (quelli almeno che hanno sfilato sinora), udienze assorbite da scontri, provocazioni e minacce. Di prima mattina, con una scorta adeguata al rango, era arrivato nell'aula di Poggioreale il «pentito» siculo-milanese Angelo Epaminonda, già, successore di Turatello, ma l'interrogatorio si era esaurito in poco più di mezz'ora. Piccolo, nervoso, con una sicurezza tanto ostentala dall'apparire dubbia, l'ultimo boss delle bische milanesi se l'era sbrigata senza eccessivi problemi. Turatello? «Non trattava droga». Melluso? «Solo un rapinatore: della banda non ha mai fatto parte». L'offerta di milioni per fai- ritrattare le accuse contro Tortora? «/n carcere, come tutti, mi annoio e incontrare personaggi come Melluso è occasione di divertimento, lui vede tutto in fun- «rione del danaro. Non gli ho offerto 500 milioni, ma un miliardo: e l'ho fatto per prenderlo in giro...». Pochissime domande, risposte fornite con una certa sufficienza. Esce Epaminonda, entra Guido Catapano: «lo — esordisce — ho denunciato duecento persone, sono testimone di dodici omicidi. Ma voglio mettere subito alcune cosa in chiaro...». Enzo Tortora, comincia col dire, non c'entra: tutto sarebbe nato da una chiacchierata ad Ascoli, nella cella di Cutolo. Fra camorristi si parlava di una partita di droga da con¬ snrebebpmins segnare a qualcuno, ed il Sommo» obiettò: -Purché non faccia la fine di Tortora...». Giovanni Pandico, che era presente, si convinse in buona fede che quel Tortora era il presentatore di «Portobello» mentre — giura Catapano — -si trattava di un camorrista che spacciava droga in provincia di Caserta». Del resto, continua Catapano, queste cose le ha ammesse lo stesso Pandico, un giorno che in caserma, dopo il «pentimento», aveva un po' bevuto. E Melluso? «Lui ha costruito un castello di bugie: siamo stati assieme in cella 6 j mesi, mi ha spiegato tutto. Con le accuse a Tortora aveva cominciato a riscuotere milioni dai settimanali, per le interviste. A me propose di fare lo stesso con Pozzetto. E poi ci sarebbero stati Baudo, Amanda Lear, la Muti, Berlusconi... No, lui non per droga ma per il riciclaggio dei riscatti». I giudici respingono alcune richieste di confronto, è la volta di Sanfilippo, l'accusatore più implacabile d'Italia, E' già comparso come testijlnone a carico in processi per terrorismo «rosso» e «nero» per traffici di droga, e delit tacci vari. Adesso, appena giunto dinanzi alla corte, cade nella provocazione di un avvocato, risponde: «Ma se ne vada...». I legali per protesta abbandonano l'aula. Pochi minuti, e l'incidente è superato. Insuperabile però è la personalità di Sanfilippo che subito, messo a confronto con Vallanzasca, ne tira fuori un'altra delle sue. Si torna a parlare di Turatello e lui, deciso: 'Ma se lo sanno tutti che nel 76, quando venne ferito, per curarsi si nascose in casa di Tortora...». Nell'aula echeggiano risate, Sanfilippo s'innervosisce: comincia a rivendicare anche un passato di terrorista, si propone come uomo di collegamento fra Br e «comuni» nel carcere di Badu e' Carros. Vallanzasca risponde calmo, consultanto un libretto di appunti, e lo mette in difficoltà. Poi l'insulto, e l'aggressione. Già espulso una volta, Sanfilippo non potrà più partecipare alle udienze. Sono ormai passate le 15 quando, dinanzi a un uditorio ormai fiaccato, siedono per l'ennesimo faccia a faccia del processo il «bel René» e «Gianni il bello». Sarà per solidarietà estetica, ma se non altro questi due si rispettano: «Scusa, Gianni, ma perché devi dire fesserie?». «Renalo, ma proprio tu non ti ricordi?». Si parla di locali e malavita milanese, di ruoli, sparatorie, Rolls-Royce rosa, droghe e racket vari. Melluso risponde a tono: ma in que sto processo, è come se si stesse parlando un altro dialetto. Giuseppe Zaccaria Napoli. Salvatore Sanfilippo è bloccato dai carabinieri prima di raggiungere Renato Vallanzasca n

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