Di anagrafe si può anche morire di Gianni Vattimo

Di anagrafe si può anche morire Le cose «inessenziali» di cui si dovrebbero occupare i nostri politici Di anagrafe si può anche morire Se, come suona il ritornello di una canzone di Marlene Dietrich, «potessi augurarmi qualcosa» circa gli esiti di questa crisi di governo, ebbene vorrei che nel programma del nuovo presidente del Consiglio fosse fatta una parte preminente, o addirittura esclusiva, all''inessenziale. Anzi, anche al di là della soluzione della crisi di governo, sarebbe ora che si costituisse — senza alcun intento di paradosso — un partito dell'inessenziale; è questa, scommetterei, la grande idea che potrebbe costituire un elemento di novità della situazion i italiana, risvegliando nella gente l'interesse per la politica. L'esempio di certe battaglie radicali degli anni passati, del resto, insegna: il divorzio pareva, agli occhi dei politici tradizionali di tutti i partiti, una questione marginale, in¬ degna di disturbare chi si occupava di grandi riforme, del governo dell'economia (e poi sappiamo bene tutti che cosa questo significa per lo più: spartizione di posti di potere nelle banche, nelle industrie dì Stato, ecc.1), dei problemi di schieramento. Eppure, quel referendum diede una grande scossa a tutto il cosiddetto quadro politico. Ma l'inessenziale a cui penso è ancora più marginale, limitato, periferico: è, per esempio (e non importa che in questo caso non tocchi al governo centrale occuparsene), la pensilina che si potrebbe costruire nel cortile dell'Anagrafe di Torino, dove da almeno un anno la gente è costretta a code apocalittiche esposta alle intemperie: neve e freddo d'inverno, sole rovente -d'estate. Ma ognuno può qui elencare gli infiniti esempi quotidiani di «distru¬ zione della ragione» che incontra in ogni contatto con gli apparati pubblici, le disfunzioni capillari, continue, universalmente distribuite come secondo il piano diabolico di una Spectre che ha deciso di distruggerci i nervi, e rispetto alla quale il mitico «grande vecchio» che si credeva muovesse la fila del terrorismo brigatista appare come un innocuo principiante. La realtà dello Stato italiano è quella di un apparato che, a furia di incidere negativamente sulla qualità della vita, non può non colpirla, alla fine; anche nella sua durata: si può morire di anagrafe, di ufficio passaporti, i di moduli Iva (ecco un altro esempio eloquente: istituti e biblioteche universitarie devono pagare un'Iva del 2% per ogni libro o rivista che comprano all'estero, compilando l'apposito modulo, che dovrebbe arrivare dalla posta, ogni volta — non dunque in una soluzione semestrale, annuale, ecc.; bene, il gettito complessivo di questa imposta c, si calcola, di 100 milioni annui; il lavoro che occorre per pagarla costa annualmente allo Stato, secondo una stima ottimistica, cinquecento milioni almeno. Più, è ovvio, le cure per le ulcere e i mali di fegato che non può non beccarsi chiunque si trovi preso nel giro infernale di questa baracca). Si obietterà: non è vero che si può modificare in meglio situazioni «inessenziali» di questo tipo senza toccare i meccanismi della grande politica. Come dire che anche questo dipende da radicali modifiche strutturali o forse, alla fine, dalla rivoluzione. Se fosse vero, dovremmo rassegnarci a pensare che non si può uccidere neanche un moscerino senza usare il cannone. E se provassimo una volta tanto con dei normali scacciamosche? — visto anche che i grandi cannoni dei discorsi ideologici dei nostri partiti e governi, per ora, di moscerini ne hanno fatti fuori ben pochi. E infine: i politici non prendano troppo sottogamba questo discorso dell'inessenziale; potrebbe darsi che tanto inessenziale non sia. Chi avrebbe avuto il coraggio, rincora pochi anni fa, di fare un programma di governo impostato sull'acqua pura e l'aria pulita? Eppure, proprio queste cose «inessenziali» sono destinate a diventare i grandi temi politici del nostro immediato futuro (speriamo di averlo). Gianni Vattimo

Persone citate: Marlene Dietrich

Luoghi citati: Torino