Senza speranze i nostri Il Tour è affare francese di Gian Paolo Ormezzano

Senza speranze i nostri Il Tour è affare francese CICLISMO Tre squadre italiane con 22 corridori (su 210) oggi al via da Parigi dell'edizione n. 73 Senza speranze i nostri Il Tour è affare francese // Tour de France è nato nel 1903, ma come numero di edizioni è soltanto al 73, quattro in più del Giro d'Italia che pure è nato sei anni dopo: il Tour ha sentito di più le guerre, e ad esempio, dopo l'ultima, ha impiegato un anno di più del Giro d'Italia per rinascere, ricominciando soltanto nel 1947. Questo potrebbe ancìie voler dire che il Tour è più intimamente legato alla nazione, connotato di essa: ed ecco che sarebbe trovata la spiegazione alla mobilitazione per esso di tutta la Francia, mentre in Italia c'è chi snobba il Giro e chi. addirittura, esplicitamente, fa sapere dì non volerne sapere. Quando si paragonano Giro e Tour (un paragone nel quale entra ormai la Vuelta, cioè il Giro di Spagna, che addirittura aspira, e con qualche buona ragione di ordine eminentemente sportivo, riguardante la produzione di buon ciclismo tecnico-agonistico, al secondo posto-in una specie di graduatoria d'importanza), ci si dimentica che la Francia ha meno popolazione in assoluto dell'Italia, su un'area òhe è quasi doppia di quella dell'Italia: e cosi ecco che il Tour funziona da collante del Poe- se, da lezione di storia e di geografia, da unione di una vasta campagna alla città che è poi soltanto Parigi. In Italia ci sono tante città grossine, che snobbano il ciclismo pensando così di farsi modernissime, e c'è una campagna assai meno importante, anche come valori culturali, di quella francese. Così da noi accade che il campagnolo ha quasi vergogna di farsi sapere cìclofilo, pensando che il ciclismo sìa lo sport dei nonni, al massimo dei padri, mentre il cittadino ha l'orgoglio (!) di.farsi sapere calciofilo. E in Italia le città comandano gusti e abitudini alle campagne forse più che altrove. Quest'anno ci sono tre squadre italiane, come non più dal 1979, con 22 nostri corridori sui 210 al via oggi a Boulqgne, la periferìa operaia di Parigi: Non riusciamo proprio a vedere Contini in maglia gialla il 27 a Parigi, riusciamo a vedere Bontempi primo su qualche traguardo, e Seccia su qualche montagna. Facile vedere Maria Canins, italiana della Val Badia, prima nel Tour femminile. Nella lotta per il successo finale il pronostico è facile e francese: Fignon o Hinault, questi però con LeMond che non ha vinto il Giro e che non vorrà perdere ancora un Tour, facendo il gregario, nell'anno poi del campionato mondiale negli Usa. Manca Kelly, ferito, ci sono gli spagnoli e i colombiani per giornate di alta montagna, i belgi e gli olandesi per le tappe. C'è Roche, irlandese della nostra Carrera, molto pagato, molto atteso, «sostituto» di Visentini sazio del Giro. Nessuna squadra italiana riesce a curare bene l'operazione-Tour, almeno una volta: eppure la vetrina pubblicitaria, in un luglio vuoto di vero sport, sarebbe enorme, e ancor più se si pensa ai successi, ai combattimenti comunque nel Tour usati come contrapposizione al moscio Mundial calcistico. E' pura teoria: ma non ce la sentiamo di accusare le nostre squadre, le nostre case, visto che il problema è la mancanza di corridori. E la mancanza di corridori è dovuta alla mancanza di vocazioni, e la mancanza di vocazioni è dovuta al modo con cui si considera da noi il ciclismo, insomma all'Italia, ed ecco che torniamo al punto di partenza, abbiamo fatto un giro (vizioso) d'Italia dicendo del Tour de France. Gian Paolo Ormezzano LUSSEMBURGO SPAGNA SUPIRBAOWtRB»

Persone citate: Carrera, Contini, Fignon, Hinault, Maria Canins, Roche, Seccia, Visentini