Qualche dubbio

Qualche dubbio Qualche dubbio La Corte Costituzionale ha riconosciuto legittime le norme che hanno stabilito in misura differenziata per varie categorie di cittadini, pur a parità di reddito, il contributo sociale di malattia. La sentenze suscita, per la verità, qualche dubbio. La materia giuridica è caratterizzata da larghissimi margini di elasticità e di incertezza, cosicché è facile dimostrare, con ottimi ragionamenti, tutto e il contrario di tutto. Per di più i giudici della Consulta sono maestri del diritto, ed hanno certo trovato le migliori argomentazioni per sostenere la loro opinione. Sembra indiscutibile, tuttavia, che contrastino con il principio di eguaglianza, sancito dall'articolo 3 della Costituzione, norme che non prevedono per i professionisti un tetto massimo di contribuzione per l'assistenza sanitaria, mentre fissano questo tetto per altre categorie di cittadini (quali, ad esempio, gli esercenti di attività commerciali, gli artigiani ed i coltivatori diretti). Di fronte, per un verso, alla incongruenza giuridica delle norme in questione e. per l'ai tro. al fatto che la Corte Costituzionale non ha trovato nulla da ridire su di esse, qualcuno potrebbe forse pensare che la Corte stessa abbia preso la sua decisione valutando non solo le ragioni di stretto diritto, ma anche quelle connesse con l'è sigenza di tutelare il bilancio dello Stato e. in particolare, con la necessità di coprire in qualche modo i costi sempre crescenti dell'assistenza sanitaria. Non so se questa ipotesi sulle effettive motivazioni dei giudici costituzionali corrisponda alla realtà. Ma. se cosi fosse, sarebbe agevole osservare che fra i compiti della Corte non rientra quello di arginare il deficit statale. Le esigenze economiche e finanziarie della pubblica amministrazione vanno salvaguardate istituzionalmente non dagli organi di giustizia (che debbono limitarsi ad applicare le leggi e. innanzittutto, la Costituzione), ma dal governo e dal Parlamento. Questi debbono provvedervi con una politica tributaria adeguata alla realtà e in particolare, per quanto ci concerne, corrispondente alla effettiva situazione economica delle categorie interessate. Certo, non appare conforme a simili criteri una normativa che ponga il costo di un servizio a carico prevalentemente di una classe sociale (nel nostro caso, quella dei professionisti). In tal modo si presuppone, infatti, che la classe stessa goda di una posizione privilegiata rispetto ad altre. Ma ciò — se poteva essere vero in passato — non lo è più oggi. La società tecnologica e lo sviluppo di molteplici forme di iniziativa economica hanno profondamente modificalo la struttura sociale, attribuendo una capacità finanziaria (e quindi contributiva) a nuove categorie di cittadini. Queste godono oggi, pertanto, di una posizione analoga ai professionisti. Una politica tributaria che tenga conto della realtà, e che sia quindi corretta, non può discriminare fra categorie so ciali ormai omogenee. Dimenticare ciò significa, oltretutto, operare in modo non equo, turbare i rapporti tra le diverse categorie sociali e introdurre, quindi, nella società ulteriori elementi di incertezza e di conflitto. Vittorio Barosio

Persone citate: Vittorio Barosio