Con Diego, altri tre leaders

Con Diego, altri tre leaders Con Diego, altri tre leaders Valdano in attacco, insieme al capitano Burruchaga a centrocampo, Brown come libero hanno costituito un quadrilatero imbattibile - Tutti e quattro giocano all'estero DAL NOSTRO INVIATO CITTA' DEL MESSICO — La Nazionale argentina è a casa, l'abbraccio di Buenos Aires ha accolto i suoi campioni. Una squadra costruita in fretta, con giocatori che neppure" si conoscevano àfondo, se non per referenze ben note, ha offerto negli stadi messicani una dimostrazione dell'assoluta validità del gioco europeo — del gioco, diciamolo chiaramente, lanciato da Enzo Bearzot con la vittoria azzurra in Spagna — che acquista molto se viene interpretato da piedi buoni, meglio ancora se alla tecnica sanno unire l'indispensabile spirito di sacrificio. Carlos Bilardo, il commissario tecnico, ed Armando Maradona, il leader,- hanno imposto la tattica alla squadra. Il primo per le convinzioni acquisite in una lunga osservazione del calcio europeo, il secondo ancora più concretamente grazie all'esperienza del nostro campionato. Marcature attente in difesa e persino a centrocampo (nella finale Cuciuffo prima ha dominato Allofs quindi ha concesso un solo pallone a Voeller, Ruggerl ha fatto tutto il possibile su Rummenigge, Olustl ha annullato Magath), ordini precisi per Valdano, Enrique e Burruchaga, e rispettati in modo splendido. Valdano mai nel Re al Madrid ha giocato tanto In copertura (su Briegel), anche se ama partire da lontano nella sua caccia al gol. Biiardo è rientrato in Argentina da trionfatore: il suo lavoro e la squadra lo hanno ripagato di anni di amarezze e di critiche di gran parte della stampa di Buenos Aires. Troppo grande il fascino di Cesar Luis Menotti (vittorie nel Mondiale giovanile del '79, nel Mundial '78, sconfitto in Spagna ma con l'attenuante principale della marcatura di Gentile su Maradona), uomo che fa incantare tifosi e belle donne quando parla. Bilardo che quando ha un microfono davanti — sono parole di giornalisti argentini — sembra «un uomo qualunque di un barrìo popolare» non aveva da opporre nulla in fatto d'immagine al cari' sma del suo predecessore, ed aveva ostilità, anche in seno alla squadra che però via via si è come costruita attorno a lui. Lo accusavano di essere un tecnico del non-football, un allievo di Carlos Lorenzo, un erede del gioco difensivo e tradizionalmente utilitaristico dell'Estudiantes de La Piata. Ancora, di non badare allo spettacolo. Lo definivano un discepolo di Bearzot e di Hclenio Herrera, mischiando non poco stili e uomini, ed era sino all'altro ieri un ritratto in chiave negativa, Adesso gli chiedono già, preoccupati dagli interessa¬ menti del Napoli, se resterà alla guida della Nazionale e lui con il solito tono pacato: Sino a ieri ho solo pensato alle partite una dopo l'altra. Adesso voglio guardarmi attorno e, vedere,se.è,,sQlo l'onda del trionfo ad'aVerr convinto l'opinióne pubblica*. Ricorda soltanto: «Questa vittoria è il compenso per aver sopportato venticinque anni di critiche come giocatore e come tecnico*. Lo ha aiutato la svolta del calcio mondiale. Tutte le squadre, passate la prima fase, sono state costrette a cercare il gol, ma nessuna ha mandato in campo più di due punte. Lui, allenatore beato che ha un Maradona, ha addirittura potuto risolvere il dubbio tra Pasculli ed Almiron, come seconda punta da affiancare a Valdano, con il ventiquattrenne Hector Adolfo Enrique, centrocampista del River Piate, rafforzando ancora di più la cerniera della squadra. Di cosa ha fatto Maradona per quest'Argentina, di come abbia battuto prima di pugno quindi di bravura l'Inghilterra, di pura classe il Belgio, di quanto abbia contribuito alla vittoria sulla Germania prima terrorizzandola quindi sacrificandosi in avanti prendendo colpi anche duri, è già stato detto, e non vale aggiungere altro se non che, con quattro anni di ritardo, gli è arrivato il riconoscimento ufficiale che gli mancava. E che accompagna una carriera piena di applausi e di titoli di giornale, ma finora senea nessun attestato. Se ne è andato da Città del Messico con il titolo di campione del mondo, lasciando una targa allo stadio Azteca. Quella appiccicata dagli organizzatori per ricordare il suo secondo gol agli inglesi, quello dell'incredibile slalom. Attorno a Maradona ed a Valdano (l'asso del Real ha disputato una finale ad altissimo livello, facendo valere qualità tecniche e forza fisica) una squadra di gregari di valore ma con altri due leaders: il libero José Luis Brown, 30 anni, che gioca nel Nacional di Medellin in Colombia ed ora è richiesto da un club tedesco, ed il motore del centrocampo Jorge Luis Burruchaga, 24 anni, in forza al Nantes in Francia. Maradona-Valdano-BurruchagaBrown, quattro «stranieri» in prima linea. Se non era diffl elle per Bilardo mettere in squadra i primi due, per gli altri sono occorsi saggezza, ottima conoscenza degli uomini e del coraggio. Ricordiamo che quando Passarella usci dal Mundial, senza esserci mai entrato, per gli acciacchi ricorrenti, i giornalisti argentini parlarono di Olaerticoechea come libero, oppure di Clausen. Quando seppero che la scelta era caduta su Brown si misero le mani nei capelli. E Bilardo in risposta: «Brown lo conosco da molti anni, dal 75 gioca in questo ruolo, sa perfettamente che lo stimo, mi spiace per Passarella ma non ho problemi*. E adesso esce «El Grafico», la grande rivista argentina di calcio, la più importante del Sudamerlca, con il titolo -El silencioso y grande tata Braum*. Ed il libero, che ha retto sino al 90' la finale con il braccio destro immobilizzato, ironicamente ma senza toni polemici commenta: .E' la prima volta che mi dedicano due pagine*. Per Burruchaga il Mondla le invece è stato una rivincita. Dice: 'Ringrazio Bilardo non solo perché mi ha chiamato, ma per la fiducia che mi ha mostrato fin dall'inizio. In questa squadra giocare è una gioia*. Ed ha aggiunto con un mezzo sorriso, all'aeroporto di Città del Messico in una bolgia che potete immaginare: 'Adesso, nell'ambiente del calcio francese, ho vinto io più di Platini*. Bruno Perucca