L'oceano non sarà più una pattumIera atomica

L'oceano non sarà più una pattumìera atomica L'oceano non sarà più una pattumìera atomica MIGLIAIA di tonnellate di scorie chimiche e radioattive vengono ogni anno affondate nei mari. Basti pensa-, re che negli Anni 70, solo nelle acque atlantiche a Ovest del Golfo di Guascogna sono state gettate ben 96.000 tonnellate di materiale radioattivo proveniente da Francia, Italia, Belgio, Germania, Inghilterra, Svezia, Olanda e Svizzera. Il Giappone ha informato di recente l'IMO (International Mark ime Organisatlon) dell'Impellente necessità dì immergere entro una ventina di anni nell'Oceano Pacifico due milioni di fusti contenenti scorie di origine nucleare. Durante una recente riunione dei rappresentanti dei 47 Paesi che hanno sottoscritto la Convenzione di Londra, è stato concordato di sospendere qualsiasi scarico di prodotti radioattivi in mare in attesa di conoscere i risultati di alcune ricerche In corso. Secondo l'AIEA (Agenzia Internazionale per l'Enerd 'Atòmica),''le scòrie nel mare non si disperdono; anzi, la percentuale di radioattività si accumula nei componenti della catena alimentare fino ad arrivare all'uomo. «Anche la zona prescelta per l'affondamento — spiega il professor Markus Slmonius, fisico nucleare dell'Università di Zurigo — deve essere adatta e bisogna stabilire se il tipo di contenitore è appropriato. In linea generale — continua 11 fisico svizzero l'affondamento in mare è da considerarsi il metodo meno sicuro in assoluto, sopratuttto per l'impossibilità di eseguire regolarmente i controlli indispensabili che permettono di verificare lo stato del contenitori». Per i depositi sottoterra le garanzie sono maggiori, anche se di certo nessuno vorrebbe avere delle scorie radioattive vicino à casa. «In alcuni Paesi si preferisce non informare la popolazione — dice il professor Simonius — proprio per non allarmarla. In Svizzera invece c'è l'abitudine di mettere al corrente i cittadini iti modo ufficiale sul luogo prescelto e su tutte le garanzie che esso offre dal punto di vista geologico. Con questo non si può dire che tali decisioni non destino numerose proteste. La paura della gente è comprensibile, anche se un de¬ posito nucleare ben costruito non è fonte di pericolo». Malgrado tutto ciò secondo il movimento ecologico Greenpeace, che ha più volte ostacolato anche fisicamente lo scarico di materiale radioattivo in mare, la Compagnia Britannica per l'Energia Nucleare BNFL (British Nuclear Fuel Ltd) sta progettando tre navi specializzate nello scarico di sostanze radioattive in mare. Sembra che tale progetto consenta a ogni nave il trasporto di 150 fusti di flora e la fauna marina oltre che. Indirettamente, per la salute pubblica. A questo riguardo l'AIEA ha incaricato il professor Jackson Davis, biologo marino dell'Università di California, di svolgere alcune indagini, in particolare sul •centro di scarico» situato a un centinaio di chilometri al largo di San Francisco. •Le scorie radioattive — ha dichiarato Davis — non si disperdono, ma rimangono, per cosi dire, ancorate ai fondali. Tale contami na- acciaio a forma di missile della lunghezza di 25 metri. . La Convenzione di Londra che si occupa della prevenzione dell'inquinamento dei mari è stata ratificata il 29 dicembre 1972 da 47 Paesi. Purtroppo non esiste un obbligo di sottoscrizione e alcuni Stati, tra cui l'Italia, non aderiscono alla Convenzione di Londra. I prodotti inquinanti sono stati suddivisi, a seconda del diverso grado di pericolosità, in tre categorie. La lista nera comprende le scorie nucleari, il mercurio, il cadmio, 1 materiali plastici, gli idrocarburi. Anche le sostanze radioattive compaiono in questo elenco, e sono state definite dall'AIEA altamente pericolose per la zione quindi resta e porta, con un ritmo accelerato, a un preoccupante accumulo di radioattività nella catena alimentare marina. Sono state riscontrate — continua 11 biologo americano — tracce radioattive In differenti specie di spugne. In alcuni pesci destinati al commercio è stata Individuata la presenza di sostanze nocive come il plutonio, il cesio e lo stronzio». La proposta di vietare l'immersione di materiale radioattivo era stata portata pila Convenzione di Londra dai rappresentanti degli arcipelaghi di Nauru e di Kitlbatt. Per 60.000 abitanti di queste isole del Pacifico il patrimonio ittico rappresenta infatti l'unica risorsa bilite secondo il principio che "chi Inquina paga"». Per i danesi, all'avanguardia nel settore, più che di una tecnologia si tratta di una strategia basata sul principio che prevenire è meglio che curare. Esempi concreti vengono dagli Stati Uniti, interessati, da buoni pragmatici, agli aspetti economici della questione. Li ha illustrati il professor Huisigh dell'Università del North Carolina a un recente convegno in Svezia. Un'azienda di etichette stampate ha ridotto l'uso degli inchiostri a base di solventi e riciclato per distillazione i solventi stessi. Un'altra risparmia da quando, con una manutenzione controllata, riesce a recuperare gli additivi chimici che costituiscono 1 suoi prodotti. Un'industria chimica recupera toluene e metanolo, un'altra riduce le .missioni di fosforo, che re- . economica e alimentare, e sarebbe stata messa in serio pericolo se il Giappone avesse scaricato, come aveva annunciato, cento reattori in disuso di sottomarini nucleari. L'anno scorso dopo quattro giorni di discussioni, in cui Inghilterra, Giappone, Stati Uniti, Olanda, Svizzera e Sud Africa hanno tentato ogni tipo di compromesso per impedire la votazione a favore della sospensione degli scarichi in mare, la proposta è stata accetta- ta dalla maggioranza. Un peso notevole in tale decisione ha avuto il deciso intervento della Spagna, nazione particolarmente minacciata dai continui scarichi effettuati al largo delle coste della penisola iberica, dall'Inghilterra, dalla Svizzera, dall'Olanda e dal Belgio. E' impossibile determinare con esattezza la quantità di materiale nucleare che già riposa, per modo di dire, sul fondali dei mari Basti pensare che solo gli Stati Uniti, alla fine della seconda guerra mondale, hanno riversato nelle acque oceaniche ben 112.000 fusti contenenti scorie radioattive. Mala Beltrame cupera e vende come acido fosforico. Riciclo di cromo, distillazione e recupero di solventi nella produzione di microprocessori, riciclo di bagni vegetali in conceria, consentono contemporaneamente la riduzione di emissioni inquinanti e risparmi di centinaia di migliaia di dollari. Per quanto difficile, quella delle tecnologie pulite sembra una strada obbligata. Ogni depurazione a valle lascia infatti più che mai aperto il problema dei residui non riciclabili e del luoghi di confinamento che, per quanto controllati, non sono mal del tutto sicuri, soprattutto nel tempo. Anche perché molti rifiuti chimici, a differenza di quelli radioattivi non decadono né in centinaia né in migliaia, e neppure in milioni di anni Al massimo possono diluirsi nell'ambiente. m. br.

Persone citate: Beltrame, Jackson Davis