La diplomazia secondo Craxi

Tre anni di politica estera Tre anni di politica estera La diplomazia secondo Craxi Shultz pessimista: «Per incontrarsi bisogna essere in due» Vertice sempre più difficile tra Reagan e Gorbaciov Aperture sovietiche sulle trattative riguardanti le anni da teatro in Europa, ma sono ormai saltati i colloqui previsti per luglio tra il segretario di Stato e Shevardnadze e e per di più penalizzando, nei giudizi politici, una parte a favore dell'altra (Israele rispetto al mondo arabo). Qui si è rivelata anche una dicotomia tra la posizione del presidente Craxi, attento soprattutto alle componenti arabe moderate (fra le quali includeva, con qualche rischio. l'Olp), e quella di Andreotti, aperto ai dialoghi più avventurosi. Rapporti con l'altra superpotenza, l'Urss. Nei suoi tre anni, il governo Craxi ha correttamente cercato un punto di equilibrio tra i doveri atlantici, anche di tipo strategico (l'installazione degli euromissili), e l'esigenza di non deteriorare oltre misura i rapporti con l'Est. Va da sé che. proprio in quanto aveva assolto fedelmente i suoi doveri atlantici, Craxi poteva tentare una sua «Ostpolitik* sema esporsi al sospetto di un doppio gioco. Ma, anche in questo settore cruciale, va fatta una distinzione. La nostra politica estera è apparsa più convincente quando ha tentato, nei momenti di massimo «rigelo* Est-Ovest, di tenere aperto un dialogo con l'altra Europa, cioè con le potenze medie dell'area sovietica, coinè l'Ungheria o Rdt, e magari la stessa Polonia, anziché quando ha cercato la strada di un rapporto diretto con L'Urss. In realtà, l'Urss è influenzabile solo dalla potenza sua pari, gli Usa, mentre è essa stessa a volere influenzare gli altri. Tutto questo, da una parte, conferma la legittimità e anche l'opportunità per un Paese medio-grande come l'Italia (del quale il governo Craxi ha rinsaldato l'appartenenza al .club. delle 7 maggiori democrazie industriali) di svolgere una politica estera riconoscibile e attiva; dall'altra, ne indica i rischi e i possibili incidenti di percorso. Oltre un certo limite, il merito diventa demerito, o fattore di confusione. Nell'attivo del governo Craxi-Andreotti va però messa anche la tenacia, non ripagata dai partner, con cui si è cercato un rilancio dell'unificazione europea. di ALDO RIZZO Craxi è caduto, viva Craxi? Chissà. Lasciando agli aruspici della politica interna l'onere delle previsioni, non sarà inutile un abbozzo di bilancio di tre anni di politica estera, anche come promemoria per il governo prossimo venturo, quale che sia. Diciamo subito che sono stati tre anni di particolare impegno e presenza dell'Italia negli affari del mondo. Non che, prima di Craxi, l'Italia fosse priva di una politica estera. Se non altro, nei governi Spadolini, con Colombo alla Farnesina, il nostro ruolo nella politica internazionale era cresciuto, rispetto a un passato di scelte ritualistiche (e tuttavia importanti). Ma è indubbio che in questi 3 anni l'Italia si è fatta sentire in modo più incisivo. Centrali, in un'analisi di questo tipo, sono i rapporti col maggiore alleato, gli Stati Uniti. Il governo Craxi li ha concepiti in una forma più dinamica e dialettica dei governi precedenti, pur nel rispetto dei motivi di fondo di un'alleanza insostituibile. E' stato aiutato, per cosi dire, da una certa irruenza dell'America di Reagan: basti pensare all'episodio di Sigonella. Nello stesso episodio, il governo Craxi ha commesso errori, o ha fatto scelte opinabili, come la frettolosa liberazione di Abbas. Ma, nell'insieme, è apparsa positiva la cura di un'immagine di autonomia del nostro Paese. L'episodio di Sigonella ci porta direttamente alla crisi del Medio Oriente. Anche qui non è sembrata disdice vole la ricerca italiana di un ruolo attivo, tenendo conto della nostra posizione geografica e del volume dei nostri interessi politi co-economici, rispetto agli altri soci europei. Ma l'apprezzamento si attenua e si appanna quanto ai modi specifici della nostra politica mediorientale. A un certo punto è parso che l'Italia volesse lanciarsi in una vera e propria mediazione, tanto lontana dalle nostre forze, come singolo Paese, e p anche in Asia, consentendo agli Stati Uniti di mantenerne un numero uguale, tra quelle già dispiegate sul territorio euroijeo. e quelle immagazzinate in territorio americano. Su questa base, hanno aggiunto i reaganauti. Reagan potrebbe avanzare entro un paio di settimane una controfferta che sarebbe preludio ad un accordo. In una intervista al settimanale francese Le Point. rilasciata in vista dei suoi incontri con Mitterrand mercoledì e venerdì. Reagan ha ribadito la propria disponibilità sia al vertice sia ad accordi di disarmo. Il presidente ha accennato anche al recupero di fatto di alcune parti del Salt 2. il trattato sulla limitazione delle armi strategiche da lui abbandonato un mese fa. se i sovietici incominciassero a ridurre i loro arsenali. Mitterrand è atteso negli Stati Uniti per i festeggiamenti del centenario della statua della Libertà, e la settimana prossima si recherà a Mosca. Nell'intervista. Reagan ha ribadito che oltre al disarmo egli intende discutere con Gorbaciov anche delle crisi regionali, innanzitutto quella centro americana. Secondo il New York Times, il Presidente, che sta trascorrendo qualche giorno di vacanza a Santa Barbara in California, ha avviato un profondo riesame della politica degli Stati uniti nel confronti del Sudafrica, allo scopo di evitare lo scoppio di una guerra civile, e di coinvolgere in negoziati di pace la maggioranza negra. I! punto di riferimento della superpotenza in questa ricerca di dialogo sarebbe il Congresso nazionale africano, il partito che è stato messo fuorilegge dal regime di Pretoria. Il New York Times ha scritto che il Segretario di Stato Shultz e il direttore del Consiglio di sicurezza nazionale Pindexter sono stati gli ispiratori di questa revisione. Nel giro di qualche settimana, la superpotenza potrebbe assumere iniziative diplomatiche, forse anche con la collaborazione dell'Inghilterra. WASHINGTON — L'amministrazione Reagan ritiene vicino un accordo con Gorbaciov sulle armi di teatro in Europa, che allenterebbe la tensione Nato, ma considera ormai impossibile un incontro chiarificatore tra il Segretario di Stato Shultz e il ministro degli esteri sovietico Shevardnaze il mese prossimo. Mentre vede migliorare le prospettive del disarmo, assiste invece al deterioramento di quello del vertice. Lo hanno dichiarato ieri numerosi reaganauti. rendendo pubblico il senso della recente lettera di Gorbaciov a Reagan. Nella lettera, hanno detto, il leader del Cremlino ha avanzato proposte costruttive sugli euromissili, ma ha condi¬ zionato ancora una volta il summit ai progressi nel disarmo. Che il vertice sia lontano lo ha spiegato lo stesso Shultz. nella sua visita in Estremo Oriente, lamentando l'impossibilità di incontrarsi con Shevardnaze a luglio per prepararlo adeguatamente. «Se non vogliono organizzare l'incontro, non c'è niente da fare* ha ammesso Shultz. «Noi siamo pronti, ma loro non lo sono: la palla purtroppo è nella loro metà campo*. In un colloquio privato con il ministro degli Esteri giapponese. Abe, il Segretario di Stato ha aggiunto che al più presto vedrà il ministro degli Esteri sovietico a settembre, a New York, durante l'Assemblea Generale dell'Onu. Non è impossibile, ha pero confidato Shultz al collega, che a settembre ci sia ancora tempo per preparare il vertice per la fine dell'anno, probabilmente a dicembre. Delle prospettive di riduzione delle armi di teatro in Europa hanno parlato anonimi funzionari della Casa Bianca. Essi hanno dichiarato al New York Times che nella sua letera Gorbaciov ha acecnnato a un compromesso, senza precisarne 1 termini, sulla questione degli euromissili. A quanto indicato dai funzionari, il leader sovietico rinuncerebbe a includere nel loro conteggio i deterrenti separati della Francia e dell'Inghilterra, e smantellerebbe parte delle armi di teatro installate non solo in Europa