E' stata uccisa invocando Belzebù la prostituta massacrata a Treviso'

Gli inquirenti sono scettici, ma resta il sospetto di un macabro rituale Gli inquirenti sono scettici, ma resta il sospetto di un macabro rituale E9 stata uccisa invocando Belzebù la prostituta massacrata a Treviso? Il cadavere scoperto sabato notte - A quattro chilometri, vicino a un cimitero, trovati sette rose rosse e sette lumini accesi - I furti sacrileghi di particole nelle chiese della zona DAL NOSTRO INVIATO TREVISO — Sette rose scarlatte, sette lumini da chiesa che brillano nella notte. E il cadavere d'una donna imbrattato di sangue, strani graffi dappertutto, lacci di scarpe legati al collo. Questi gli ingredienti del .giallo della notte dei misteri', come l'ha chiamato un quotidiano locale. Tutto comincia venerdì scorso a Treviso, quando non è ancora scoccata la mezzanotte. La prima telefonata, in questura, è delle 23,45: .C'è una morta in via Federici'. Quella al carabi¬ Brutte avventure nieri arriva subito dopo: 'Un'auto è partita sgommando, vicino al cimitero di Quinto. Sopra erano in sei, prima di andarsene hanno lasciato delle strane cose'. «Storie» all'apparenza lontane, ma il proseguio della «notte dei misteri' unirà il destino di quelle due telefonate. All'inizio, però, la verità sembra percorrere binari separati. Agenti della «mobile, e militari del gruppo partono Immediatamente, diretti ai loro diversi «obbiettivi.. Pochi minuti bastano per scoprire che entrambe le voci sui corsi d'acqua anonime hanno detto la verità. Appena fuori delle mura Ovest della città, i poliziotti trovano il corpo senza vita d'una prostituta. Quattro chilometri più in là, invece, alle spalle del cimitero di Quinto, in via Lazzaretto, le torce elettriche dei carabinieri inquadrano 1 segni di un rituale forse macabro, certamente oscuro: sette rose e sette lumini accesi, allineati a chiudere da un lato e dall'altro una stradina sterrata. Le informazioni adesso corrono via radio, i sospetti crescono Insieme ai contorni del «giallo», 1 binari di un fosco delitto e di una lugubre messinscena cominciano ad intersecarsi. Omicidio dei seguaci di Satana, dicono subito le menti più fantasiose. Ma gli Investigatori smentiscono senza esitazioni, per loro i binari della «notte dei misteri' restano separati: quella povera donna. Laura Lusenti, 64 anni, originarla di Reggio Emilia, faceva «la vita», ma con la sua morte il demonio non c'entra. L'ha ammazzata un cliente occasionale, a colpi di crick sulla testa, forse per un litigio. E quegli strani graffi sul corpo, allora? Quei lacci al collo? E le rose e i lumini? Sinistre coincidenze ribattono carabinieri e polizia. Fra la gente, però, il dubbio serpeggia. Ottantamila tranquilli trevigiani, Insomma, non sono proprio convinti che nulla sia accaduto. Qui, In questa città laboriosa e in fondo godereccia, dove dovere e «ombreta» (Il «blcler de vln» bevuto all'ombra dei dehors) s'alternano in un trantran senza sorprese, tutti ricordano episodi d'un passato recente. Ostie consacrate rubate in una notte d'inverno, otto mesi fa, dalla cappella dì San Travaso. E ancora, negli ultimi due anni, furti sacrile¬ ghi ripetuti a Santa Cristina di Quinto e San Giuseppe di Treviso. Gli ostensori — tre, quattro chili d'argento massiccio — rimanevano al loro posto, le «particole» consacrate, e solo quelle, sparivano. Dove? A quale scopo? ••Messe nere, atti diabolici di gente perversa — risponde tranquillo padre Raffaele, 72 anni, direttore della Casa del clero, molto vicino al vicario generale monsignor Guarnier —. D'altra parte quelle cose sono esistite sempre. Anche qui. E si sono incrudelite l'anno scorso, quando il Comune di Preganzìol ha risposto picche ai testimoni di Geova che volevano un terreno per farci un loro centro. Con questo, però, non voglio accusare nessuno'. E quelle sette rose coi lumini accesi? 'Bazzecole, manifestazione estemporanea di gente invasata. Nulla di serio. Escludo che siano legati al delitto della prostituta' taglia corto il religioso. Quanto ai furti sacrileghi, «/a Curia non è mai venuta a capo, non sappiamo chi li abbia compiuti'. Di dire di più. lo si vede, padre Raffaele proprio non ha voglia. E non ha voglia di «/are illazioni' nemmeno il capitano Ferlito, • comandante della compagnia dei carabinieri: -Stiamo ai fatti — dice — e indaghiamo su quelli. Ci siamo rivolti agli zingari. In zona sono diverse le carovane accampate. Ma uno dei capi, che consideriamo attendibile, ci ha assicurato che rose rosse e lumini disposti a quel modo non fanno parte dei loro costumi. Il nomade ha invece ipotizzato che si tratti d'un malocchio: forse contro qualcuno che abita nella zona:. Nella zona, fra campi di frumento già biondo e granI turco alto oltre un metro, I abita tanta gente. Nessuno, però, vuole parlare. Commenti, invece, si raccolgono davanti al Duomo, dopo la messa della domenica mattina. «/ xe i seguaci del demonio' e Irma Toresan, casalinga sessantunenne, lo giurerebbe: «J sacrilegi me li ricordo da sempre, solo che adesso è peggio: non c'è più umanità, non c'è più religione. Guardi II: quindici anni fa la chiesa era piena, stamattina ci saranno state cento persone. E tutti anziani. I giovani no i ga più rellgion, Ghe xe la droga, adesso, che fa i suoi adepti'. Ma la droga, secondo gli Investigatori, con la «notte dei misteri' non ha nulla a che vedere. «Omicidio occasionale dopo un bisticcio fra emarginati' dicono per la fine di quella povera donna. E i lumini e le rose sono 'Scherzi'. Davvero? Sono cosi lontani 1 binari del mistero? La risposta dei trevigiani è unanime: •Mi no so, e se so no parlo'. Come dire: 'Non c'è da scherzare. Belzebù è sempre meglio tenerselo amico'. Eva Ferrerò — che per la tutela dei propri diritti è costretta ad esplicare continua azione di controllo a mezzo di sua organizzazione in quanto si verifica con frequenza che esercenti commerciali, malgrado siano stati anche diffidati, pongono alla vendita prodotti che spacciano per «AURICCHIO», mentre tali non sono; infatti la GENNARO AURICCHIO S.p.A. è l'unica che ha titolo per vendere prodotti «AURICCHIO» (diritto confermato dalla Corte di Cassazione sez. I - sent. 2396/77) anche perché provolone di altre ditte non può essere commercializzato né posto in vendita come «AURICCHIO»; — che la GENNARO AURICCHIO S.p.A. ha intrapreso azione legale per la tutela dei propri diritti, costituendosi, fra l'altro, parte civile nei confronti di esercenti commerciali di Torino, sottoposti a procedimento penale per frode in commercio. — che si è celebrato innanzi ai Pretore di Torino il procedimento penale n. 5655/86 a carico di un commerciante con esercizio in Torino, accusato del reato di cui all'art. 515 C.P. per aver venduto consapevolmente per provolone «AURICCHIO» provolone che tale non era; — che nel giudizio si è costituita parte civile la GENNARO AURICCHIO S.p.A., assistita dall'avv. Carlo Visconti del Foro di Roma; — che il Pretore, aderendo alla tesi della parte civile, ha condannato il commerciante alla pena di L. 200.000 di multa, al risarcimento dei danni ed alla pubblicazione della sentenza. che è reato di frode in commercio il vendere alla richiesta di provolone «AURICCHIO» provolone di marca diversa o prodotto da ditta con ragione sociale diversa da quella della GENNARO AURICCHIO S.p.A. e che perseguirà qualunque imprenditore o rivenditore che dovesse violare i suoi diritti esclusivi e ne richiederà il risarcimento di tutti i danni.

Persone citate: Carlo Visconti, Curia, Ferlito, Gennaro Auricchio S.p.a., Laura Lusenti