Elio Vittorini è tornato a casa fra vecchi amici e manoscritti

Carlo Bo, rettore a Urbino, parla dello scrittore siciliano Carlo Bo, rettore a Urbino, parla dello scrittore siciliano Elio Vittorini è tornato a casa fra vecchi amici e manoscritti Sono giunte all'Uniattendono di essere DAL NOSTRO INVIATO URBINO — Ora che tutte le carte di Elio Vittorini, dal "45 al giorno delle sue morte, sono state trasferite all'Università di Urbino e attendono il lavoro di ricercatori e studenti, è un po' come se lo scrittore, siciliano, di •Conversazione di Sicilia», •Uomini e no., «Ti Sempione strizza l'occhio al Frejus. (osse «tornato a casa». A casa di amici, quantomeno. Per esemplo a casa del senatore a vita Carlo Bo, il crìtico letterario che di Urbino è non solo il rettore ma anche l'anima da più di quarant'anni. Nel suo appartamento a ridosso dell'Università, fra i libri, nella penombra di una strada che anche di domenica mantiene intatta la sua quieta eleganza, senza quasi passanti, Carlo Bo accende il tradizionale sigaro, ricorda un'amicizia nata negli Anni 30 a Firenze, intorno a tavoli del caffé -Giubbe rosse». Fu un'amicizia di Istinto, prima ancora che culturale. «La sua simpatìa, la sua carica di umanità, venivano prima d'ogni altra cosa». Sul tavolo, una copia de «La Stampa» aperta sulla pagina dedicata a Borges. Lei lo conosceva personalmente .lo scrittore argentino? 'SI, gli no dato nelV81 il premio Balzan. Era un trapezista che correva sul filo. Chissà se con o senza rete E Vittorini, invece? 'Era un siciliano, partito dalla Sicilia carico di fuoco e di fantasia: un patrimonio che non ha mai inteso barattare Ma come mai due intellettuali apparentemente lontani come voi sono diventati tanto amici? • Quando ci siamo conosciuti negli Anni 30, le intenzioni letterarie erano le stesse. Io ero, come si suoi dire, di estrazione cattolica, lui un laico che andava in cerca di una chiesa. In seguito, e per un periodo, Va irebbe poi trovata nel marxismo. Ma i poeti e gli scrittori che amavamo erano gli stessi, lui, poi, metteva un pizzico di fantasia in più. Lui era un estroso, noi ancora degli studenti: •"««'-' Vittorini, dunque', 'arriva a Firenze, dove dal travaglio del la cultura cattolica sta prendendo forma l'ermetismo, dove già domina il fascino di Montale, Ma come? •Beh, per una serie di circostanze. Innanzi tutto, aveva bisogno di un lavoro, e sperava che Salvatore Quasimodo, di cui aveva sposato la sorella, potesse aiutarlo. Èra stato un vero matrimonio clandestino, una specie di fuga a Gorizia. C'era anche Curzio Malaparte, che gli aveva promesso aiuto. E del resto Vittorini ha lavorato con lui: gli ha scritto, se non ricordo male, la vita di Balbo: Che cosa faceva a Firenze? •Stava in casa tutto il giorno, fino almeno a quando non ha trovato un posto da correttore di bozze a «La Nazione», e poi veniva alle •Giubbe rosse-. Sapevamo che era in gravi difficoltà economiche, cosi a turno noi amici pagavamo il caffé oppure lo invitavamo a cena. Montale e la moglie, in quel periodo, lo aiutarono moltìssi mo». Parlavate già di politica? •Mai. Intanto, era assai rischioso. E poi tutti noi eravamo degli individualisti. La nostra resistenza al fascismo era passiva. In Vittorini, come in tutti, aumentava semmai di giorno in giorno l'avversione al fascismo. Questo, con la guerra di Spagna». Quando Vittorini scrìveva sul •Bargello», l'organo della federazione fiorentina? •Nei primi mesi, Mussolini non aveva preso posizione. Cosi lui e gli altri del "Bargello scrivevano articoli di sostegno alla repubblica spagnola. Durò poco, è OWiO...'. Cominciò li la .lunga marcia» verso 11 partito comunista? • Io credo che il suo avvicinamento al comunismo sia stato più di cuore che non di testa. Del resto, eravamo tutti molto confusi, da quel punto di vista. E poi sono convinto che il suo comunismo gli sia arrivato attraverso gli scrittori americani di sinistra che scopriva e traduceva*. E di itinerari ideologici non si parlava? •No. Anche perché la scelta di Vittorini, precisa e chiara, venne dopo il '40: Così come non discutevate allora, non lo avete fatto in seguito, all'epoca del «Politecni co», la rivista su cui Vittorini condusse poi la battaglia contro lo zdano vismo e il realismo .socialista, e la polemica con Togliatti? •Io sul "Politecnico" ho scritto un po'di letteratura francese. Sapevo che Vittorini non mi avrebbe mai strumentalizzato. La nostra polemica fu a proposito di Cristo». Nonostane i tempi cambiati, insomma, era un confronto versità umbra tutte le carte dell'autore di «Uomini e no», ora studiate - La guerra di Spagna e Lorca, politica e letteratura molto «fiorentino». • Certo, perché il nostro gruppo è sopravvissuto alle scelte dei singoli: E ora? Lei spera di trovare nelle carte dell'amico scomparso qualche cosa di nuovo, magari delle poesie? •Le prime, di Garcia Lorca, che ho tradotto nel '38, me le ha date proprio lui. Le aveva avute da un irlandese che combatteva nella guerra di Spagna. Erano tempi segreti, quando i libri diventavano preziosi come feticci. Ma non credo che Vittorini abbia mai scritto poesia. Erano già poesie i suoi romanzi. Lui non sopportava la scrittura "regolata" alla Thomas Mann, non sapeva disciplinarsi. Scriveva "poeticamente". E discuteva .poeticamente»? •Ha sempre conosciuto solo entusiasmo o ripulsa. Certo, la sua critica era parecchio al di fuori del gioco dei partiti: Mario Baudino Klio Vittorini, «carico di fuoco e di fantasia» ricorda Carlo Bo