Maxischermo e calcio al cinema

Hitchcock Hitchcock era un babbeo Maxischermo e calcio al cinema Alfred Hitchcock viveva in uno stato d'animo sornione e soave in cui potevano portare lo scompiglio solo i soprassalti dell'irrealtà quotidiana. Ci credeva davvero, altrimenti da uomo di spettacolo, mai avrebbe mantenuto un simile, improbabile cognome. E' che per il «maestro del brivido», non avevano Importanza solo le coltellate, asfissie, randellate all'ultimo sangue, strangolamenti, annegazionl, avvelenamenti e un po' di pistolettate: lui era convinto che tosse il modo di metterle in atto che contava. Nella vita, ma soprattutto nello spettacolo. Un signore incontra un non meno elegante e raffinato sconosciuto che ha il suo stesso problema e gli propone uno scambio: io uccido la moglie a te, tu la uccidi a me; non ci siamo mai visti, chi mai potrà scoprirci? Secondo Hitchcock, era impossibile non sentirsi scombussolati. Ma il film va su Rete 4 che è la Cenerentola del Berlusconi; è in bianconero e quindi è un po' come se si fosse guastato il televisore; soprattutto non c'è un diligente investigatore che piloti le emozioni. Hitchcock era uno sciocco perché aveva una smisurata fiducia nello spettatore, ignorando che il telespettatore è tutt'altra cosa. Il bisogno di noia del telespettatore medio (nel senso di quello che viene fatto correre come un topo di Pavlov nel labirinto dei sondaggi per l'indice d'ascolto), è infatti irrefrenabile. E non conosce frontiere, tanfo che anche quello meno provveduto di lingua francese che guarda La Cinq, arriva a negarsi alle lusinghe provocatorie di •Flamlngo Road» per concedersi alle profilattiche misure di sicurezza dell'ispettore Darrick. Hitchcock era un babbeo, perché fin dal 1960, commentano per «Feltrinelli» l'antologia mozzafiato «/ terrori che preterisco; disse: «Ho sempre dovuto lottare con I produttori Inglesi perché non capivano che la <jQroumania per la ■ gente "bene", che parla come se avesse un nocciolo In gola (o, di contro, per I vagabondi "che puzzano") non avrebbe portato che a film noiosi. Inevitabilmente». Avevano ragione gli altri. Il telespettatore-campione guarda alla superba applicazione cinematografica del genio citrullo del thrilling, come ad: «Una serie di vecchi film*. Assiste a «Paura per paura*, al citato .Doluto per delitto; magari ha intravisto 'Paura in palcoscenico» con la convinzione che si .'ratti di: 'Tappabuchi per il Mundlal» del tipo: 'Visti uno, visti tutti» e passa al nuovo divo, anch'esso teutone, detto Commissario Kòster. Alfred Hitchcock era un minchione, perché partiva dal presupposto che: «Secondo alcuni la lettura di un racconto del brivido, ha un sapore terapeutico: dà sfogo alle tendenze omicide del lettore, permettendogli di godersi quel delitti che ha sempre desiderato di commettere, ma che non ha commesso per mancanza di decisione». Se cosi fosse, la visione dei telefilm del brivido interpretati col piglio di un pensionato arrembante dall'attore di teatro 'molto noto In Germania» Siegfried Lawitz, può al massimo dar sfogo a qualche dispetto tipo au mentare la dose di purgante alla matrigna, scambiare lo zucchero col sale, alla cena aziendale, suonare i campanelli del citofoni di notte. Stempiato e di quel flaccido che solo le notti insonni passate nella sezione ornici di di Monaco di Baviera possono donare, rugoso e astigmatico, perennemente afflitto da raffreddoti e influenze in abiti e cappotti di almeno una taglia In più, Erwm Koster rinnova i fasti cadaverici già proposti in chiave azzimata dal collega Derrick. Accendi la tv all'ora di cena, ed è come se avessi invitato un poliziotto, ma uno di quelli amministrativi, noiosi. Hitchcock, almeno questo, l'aveva previsto ed era contro i grandi preamboli che sono invece il presupposto di ogni telefilm di oggi: 'Quando un'opera Immaginarla, vien presentata con un lungo discorso e la finzione ò Interpretata, spiegata e commentata, diceva Henry James che era come aveva a cena un invitato portatoci a casa da un poliziotto». Henry James, altro babbeo. Come dividersi tra un film a luci rosse ed i gol di Altobelli - Gli spettacoli in piazza Cinema in crisi, tv in auge. Basta tuttavia metterli vicini, fare in modo che vadano d'accordo e il matrimonio combinato sarà perfetto. E' già capitato in tante altre occasioni che lo schermo nel momento del pericolo si sia alleato, non diciamo svilito o venduto, con il nemico del giorno. Non è comunque storia di ieri, come quella della riedizione de La bestia offerta con l'omaggio di Italia-Corea in diretta sul «panoramico». Al Piccolo Ambrosio, l'altra sera, eravamo un centinaio. Novantanove tifosi e una ragazza, come il titolo d'un moderno musical. Il suo accompagnatore le impartiva dignitoso alcuni chiarimenti sul 4-3-3 o sullo scambio d'avversari tra Collovati e Scirea. Negli occhi della ragazza balenavano piuttosto velenose impressioni di coreani terribili presi dal serial di 007 con Sean Connery. Tutt'lntorno i maschi si divertivano soffrendo il giusto nello splendore dei 1000 pollici. Al termine le acrobazie erotiche de La bestia avrebbero addirittura portato a confondere Borowczyk con Vierchowod. Eppure anche i padri di questi allegri tifosi-spettatori avevano a un certo punto scambiato il cinematografo per una sala d'aspetto Avveniva negli Anni Cinquanta quando la neonata televisione spopolava i cinema che si rassegnavano a dare per soprammercato su una miriade di piccoli apparecchi i quiz di Lascia o raddop pia? in diretta con Mike Bongior- to puntuale nella sala da ballo. Lo schermo, sotto l'etichetta dell'educazione agli audiovisivi, è per ultimo trionfalmente piombato tra i banchi di scuola dove solo una generazione prima sarebbe parsa una bestemmia accostare Charlie Chaplin a un Gershwin o a un Hemingway. Questo schermo senza complessi si è sfacciatamente innamorato del classico, dell'architettura che varca i secoli. Ciò può occasionalmente avvenire all'interno della pellicola stessa, e l'esempio caratteristico rimane — per l'accademismo spinto — il concerto Pink Floyd at Pompei. Inimmaginabile però il fascino d'una proiezione in una cornice intinta nella storia. Che dire d'un film di serie gustato nel Teatro Greco di Taormina, nel cortile del Palazzo Estense a Ferrara, sotto i porticati di Palazzo Reale a Torino? Sarà parso un capolavoro; figuriamoci poi quando coincidono la bellezza della cornice, la forza del film e la popolarità del personaggio. Una sera degli Anni Settanta per la conclusione della Mostra di Venezia, Gian Luigi Rondi diede Lue; della città di Charlie Chaplin in Piazza San Marco. A notte fonda da una finestra dell'ala napoleonica s'allacciò di persona l'omino. Vecchio e stanco, turbato dal clamore della folla. In tanti eravamo commossi. g lo schermo gigante al parco della Pellerina di Torino per una serata di cinema e sport no. Eravamo nell'Italia di Don Camillo e Peppbne, cioè quella stessa degli Anni Ottanta fatta salva la confidenza con il mezzo elettronico in genere. Che la biondissima Paola Bolognani indovinasse i! risultato d'un partita tra Italia ed Egitto (11-3) non sembrava neppure vero. Forse si era confusa con il numero di giocatori consentito. Già ma allora, come metterla con il 3? Magari si trattava delle tre alternative (1- X-2) tipiche di ogni incontro. Passava dunque la prima parte della serata e finalmente si riprendeva con Tyrone Power e Rita Hayworth, Amedeo Nazzari e Yvonne Sanson, persino con i primi reperti della coppia Fellini & Masina. Un'altra alleanza del cinema con lo sport, stavolta in diretta, avviene nei festival specializzati. Si proietta un film sui Guanti d'oro americani o sulla vita di Marcel Cerdan ed ecco, che al di là dello schermo spento s'intravede lo scheletro del ring, l'attrezzistica della palestra. Vi si batteranno i bambini delle scuole pugilistiche, vi saranno intervistati i giganti del passato che si chiamano Cassius Clay o Nino Benvenuti. Lo schermo, prima dell'avvento dei «clip», ha sceneggiato le canzoni dei divi più popolari e allora i ragazzi andavano a tempo ma con un occhio al lenzuolo bianco cala¬ Piero Perona