Il professore si ribella

Lo Snals ha proclamato il blocco degli scrutini Lo Snals ha proclamato il blocco degli scrutini Il professore si ribella All'origine della protesta frustrazioni, responsabilità non riconosciute e, soprattutto, stipendi irrisori - L'appiattimento delle carriere imputato all'incapacità dei sindacati confederali -1 giovani non pensano più all'insegnamento e si rivolgono ad altre attività Questa volta i professori sembrano intenzionati a fare sul serio: il blocco degli scrutini e degli esami proclamato dallo Snals che negli anni passati era apparso, per gli esiti, un'arma spuntata o un bluff, rischia ora di mandare all'aria il calendario di conclusione dell'anno scolastico. Un malessere profondo serpeggia tra gli insegnanti: il mancato rinnovo del contratto, scaduto da un anno e mezza è la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Le cause del malessere sono molte: vanno da una politica rovinosa da parte dei sindacati (e specie Confederali) della scuola, all'insensibilità, se non al disprezzo, mostrato dalla classe politica verso l problemi decennali della scuola pubblica. Da una parte, quindi, c'è l'appiattimento di retribuzioni e carriere: vittime maggiori gli insegnanti di discipline prestigiose e onerose, nonché l'intero settore direttivo: dall'altra c'è la perdita di valore e di immagine da parte della scuola: un fatto vissuto dalla parte migliore della classe docente con un vivo senso di frustrazione. Il professore sembra ora più deciso che nel passato a non stare più al gioco dei rinvìi, della supina accettazione e dei sacrifici; si è liberato dai vecchi sensi di colpa (chi ricorda più la •Lettera a una professoressa'?); egli pensa al suo lavoro non come a una missione, ma come a una professione: non accetta più gli appiattimenti e rimprovera i sindacati Confederali di aver accettato negli Anni 70 aumenti consistenti del carico di lavoro (le 20 ore mensili extra insegnamento; gli impegni negli organismi collegiali) senza alcuna contropartita nella busta paga. E infatti, il primo motivo di frustrazione si chiama stipendio: l'Insegnante dei secondi Anni 80 respinge l'egualitarismo di origine 1968, un anno che è un secolo fa;.lamenta che tra il suo stipendio e quello di un bidello corrano sol tanto poche decine di migliaia di lire; che un commesso della Banca d'Italia o un dipendente di Regione a statuto speciale guadagnino molto più di lui; che altri pubblici dipendenti, magari sotto forma di tariffe o servizi gratuiti o quasi (Enel, Slp, Forze armate, polizia), si mettano alla fine dell'anno assai più soldi in tasca di lui che, nella giungla delle retribuzioni e dei privilegi corporativi diffusi, si trova decisamente negli ultimi posti; e che magari vede ogni giorno (invidia sociale esiste anche tra i prof) tra i suoi allievi e allieve diffondersi consumi per lui (e la sua famiglia) impensabili: dalle moto da milioni, ai capi d'abbigliamento •firmati». La frustrazione cresce in misura della preparazione e dell'impegno; prendiamo un docente di informatica o un professore di matematica o fisica o biologia, un docente di lingua straniera o uno di complesse materie umanistiche; poniamo, poi, che questo insegnante si sia conquistato la cattedra sul campo, in difficili e selettivi concorsi nazionali, e non l'abbia avuta ope legis (leggi e leggine imposte dalla demagogia sindacale e accettate dai politici per elettoralismo); e ammettiamo che egli prepari le sue lezioni con cura, si aggiorni (da qui anche le spese per giornali, riviste, libri; se insegna una lingua straniera, soggiorni all'estero costosissimi: non valgono per il fisco). Ebbene, lo stipendio che questo insegnante riceve a fine mese è decisamente derisorio e umiliante. E non parliamo di un preside che dirige, come spesso succede da Milano a Palermo, scuole con mille-duemila allievi; nella busta paga si trova in più, rispetto a un docente qualcosa come 100-150 mila lire. Niente altro. C'è. tuttavia, da osservare che lo stipendio è meno miserabile per chi in cattedra c'è salito ope legis o con i burleschi corsi abilitanti post-Sessantotto; per chi profitta di una professione che impegna un numero di ore settimanali relativamente basse (naturalmente se si escludono i tempi di preparazione delle lezioni, la correzione dei compiti, etc.) per dedicare più tempo alla famiglia (da qui la schiacciante presenza femminile tra gli insegnanti, anche al «superiore») o ad una seconda attività professionale più gratificante o al mercato (in ribasso, dopo l'istituzione dei corsi di recupero, anche estivi) delle lezioni private in cui si ristabiliscono differenze di capacità professionali e regole di mercato. C'è, infine, un altro serio motivo di disaffezione: l'indifferenza della società verso la scuola, l'accettazione generale del suo degrado; l'assenza di qualsiasi controllo per il lavoro svolto: ebbene, il prezzo più alto è pagato dall'insegnante più preparato e più serio. Da qui la corsa al pensionamento anticipato o a professioni più gratificanti. La libertà di insegnamento, grazie anche all'obsolescenza dei programmi, si è venuta trasformando in arbitrio di insegnamento, in moltissimi casi: l'insegnante più qualificato e coscienzioso vale per la società e per l'ufficio pagatore quanto l'incapace, l'impreparato e l'ozioso: tutti illicenzia bili. Per questo, oggi, essere insegnante significa far parte di una categoria che si sente (ed è sentita) come -squalificata» ; svolgere una professione ormai marginale. Difficile che i giovani migliori che escono dall'Università intraprendano l'insegnamento. La selezione, per questo, avviene a rovescio e la rovina della scuola superiore pubblica è più vicina di quanto non sembri. C'è solo da augurarsi che il prossimo blocco dello Snals e il males sere che lo origina servano come un ultimo allarme: prima che sia troppo tardi. Fiero Sinatti

Persone citate: Sinatti

Luoghi citati: Milano, Palermo