La legge per tassare le «speculazioni» in Borsa esiste da 17 anni, ma non è mai stata applicata

La legge per tassare le «speculazioni» in Borsa esiste da 17 unni, ma non è mai stata applicata La legge per tassare le «speculazioni» in Borsa esiste da 17 unni, ma non è mai stata applicata Anche perché non è Sul problema della tassazione dei guadagni realizzati in Borsa da privali, sono possibili alcune considerazioni Ci rendiamo conto della delicatezza dell'argomento, sia per l'importanza degl'interessi in gioco, sia per la rilevanza della slessa Borsa, istituzione che non può e non dev'essere turbata da dubbi fiscali o da incertezze d'interpretazione della legge L'attuale legislazione tributaria in materia esiste da oltre 17 anni: essa e quasi sconosciuta e quasi sempre inapplicata: esaminiamola Il primo comma dell'art. 76 del decreto che ha istituito l'Irpet dispone «Le plusvalenze conseguite mediante operazioni poste in essere con fini speculativi e non rientranti fra i redditi d'impresa concorrono alla formazione del reddito complessivo per il periodo d'imposta in cui le operazioni si sono concluse» Il secondo comma precisa: .La plusvalenza è costituita dalla diffe¬ facile definire la differe renza tra il prezzo reale di acquisto, aumentalo di ogni altro costo inerente al bene alienato, ed il prezzo reale conseguito...». Di conseguenza, la differenza tra il prezzo di vendita di azioni e quello di acquisto è già da 17 anni tassabile anche per il privato (aggiungendola agli altri redditi ai fini della progressività dell'lrpef) ad una condizione: che le operazioni siano state elietluale con fini speculativi. Occorre chiarire che la speculazione è ricordata dalla legislazione tributaria non come fenomeno moralmente riprovevole (cosi com'è entrata nel linguaggio comune), ma cene fenomeno base della vita economica, proprio, per esempio, dell'attivila di ogni commerciarne e che faceva esclamare al Tommaseo: «Anche i non commercianti di professione possono purtroppo tare qualche speculazione». Non è facile però definire quando fiscalmente per un privato esiste la speculazione, anche se le renza fra chi investe e chi posizioni estreme sono individuabili. Se un contribuente ha impegnato i suoi risparmi in azioni e dopo un periodo, per esemplo, di cinque anni, ne liquida una parte, l'operazione dev'essere considerata non speculativa, ma di disinvestimento. Alla speculazione si arriva quando gli acquisti e le vendite sono tanti, si succedono a breve distanza di tempo con saldi attivi fiscali alle volte rilevanti, anche perché la regolamentazione dell'lrpef non ammette per il privalo la deduzione delle perdite o minusvalenze. Tra le due ipotesi estreme (disinvestirnento e speculazione) ne esistono concretamente tante altre che rendono la materici incerta, tanto che la legge si è dimostrata inapplicabile ed l contribuenti spesso non hanno finora dichiarato nulla o quasi del loro guadagni in Borsa. Fallita la tassazione dell'lrpef (e di conseguenza dell'llor) anche per la sua onerosità e per l'ingiu¬ hi gioca al rialzo o al rib stizia di non poter detrarre le perdite, occorre battere altra strada, non potendosi creare in Borsa un'isola felice di evasione o di elusicene d'Imposta. Se si vuole rimanere nel tracciato della riforma tributaria e tendere a tassare il reddito effettivo occorre stabilire un termine oltre il quale la rivendita non è considerata presuntivamente come speculazione (la legge ora prevede cinque anni per gl'immobili b due anni per gli oggetti d'arte e d'antiquariato); è necessario. Inoltre, ammettere la deduzione delle perdite e staccare i redditi da operazioni di Borsa dagli altri redditi, per evitare una tassazione insopportabile e probabilmente pregiudizievole all'interesse generale. Ma forse sarebbe meno complicato e più rapidamente attuabile un sistema diverso che consideri gli acquisti e le vendite di titoli come soggetti ad una nuova imposta sostitutiva di Irpef e di llor, asso a breve termine pari almeno al doppio delle coni missioni oggi esistenti. Il contri buente saprà cosi sempre ed esat tamente quanto gli costa una singola operazione, essendo l'Imposta proporzionale (come quella di registro) al valore dei titoli. Lo Stato incasserebbe rapidamente, tramite gli agenti di cambio, quanto dovuto all'erario. La riforma tributaria voleva qualcosa di più, ma è torse meglio accontentarsi di qualcosa di meno ma sicuro. Un ordinato svolgimento di qualsiasi operazione economica ha come presupposto la certezza del diritto anche fiscale che oggi rappresenta l'obiettivo più importante da raggiungere. Sotto questo profilo, ben venga una maggior partecipazione alla Borsa, purché ciascuno sappia che. oltre che guadagnare, può anche perdere, e conosca con esattezza il suo debito fiscale sull'eventuale saldo attivo. Gianfranco Gallo-Orsi

Persone citate: Gianfranco Gallo-orsi, Tommaseo