L'italiano selvaggio di Renato Rizzo

L'italiano selvaggio Un consulto sul linguaggio a Saint-Vincent L'italiano selvaggio La decadenza è accelerata dai gerghi (politichese, sindacalese) e dai mass-media - Ma la crisi si può superare con la ricomposizione della frattura tra «parlato» e «scritto» DAL NOSTRO INVIATO SAINT-VINCENT — .Bieca di ripetizioni, riempitivi, pleonasmi adoperati per organizzare un periodo franante, la lingua selvaggia si va insediando stabile tra i banchi di una scuola nella quale s'è voluto alleggerire la sofferenza sostituendo le anticaglie (la cultura umanistica) e gli scrittori del passato con la lettura del quotidiano e argomenti scientifici e tecnologici'. Cosi Gian Luigi Beccaria, ordinario di storia della lingua italiana all'Università di Torino radiografa un momento del diffuso malessere che 11 nostro idioma sta attraversando in questi anni. Ma il decadere sempre più evidente della lingua è una malattia rovinosa che non si contrae soltanto a scuola: il «virus, è in agguato in politica (il «politichese»), sui posti di lavoro («sindacalese»), negli uffici pubblici («burocratese»), nel mondo dei massmedia («giornalistese»). Sono diagnosi emerse da un consulto sullo stato della lingua aliana apertosi ieri presso il ...■ntro culturale Saint-Vincent all'Hotel Billia a cui hanno partecipato una ventina di linguisti, critici, giornalisti, insegnanti, «moderati» da Jader Jacob eli i. La prognosi per il nostro idioma è «riservatissima», ma tra le pieghe della preoccupazione, c'è un piccolo spazio d'ottimismo: la crisi dell'italiano, messa in luce anche da Tristano Bolelli, sembra soprattutto di crescita, in un Paese in cui, nel volgere di pochi decenni, si sono capovolte le percentuali tra chi parlava e capiva esclusivamente il proprio dialetto (90 per cento) e chi, Invece, frequentava la lingua con la «elle» maiuscola. Oggi, come ha osservato Francesco Sabatini, ordinario di storia della grammatica e della lingua italiana all'Università La Sapienza di Roma, facendo un parallelo tra lingua e sport .si è passati da un'attività d'elite ad una di massa. I tempi sono naturalmente meno buoni, ma la partecipazione più ampia è già un risultato apprezzabile.. Scuola e mass-media sono in egual misura benemeriti e rei di questa situazione di degrado, a seconda dei punti di vista di chi consideri lo stato attuale della lingua un .bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, in un'Italia che, come lui sottolineato Stefano Rolando, direttore generale delle informazioni della presidenza del Consiglio, ha ancora quasi dieci milioni di semianalfabeti: Per Sergio Lepri, direttore dell'agenzia Ansa e Paolo Murialdi, a portare la lingua su una brutta strada sono soprattutto i cattivi giornalisti, convinti che il loro mestiere debba muoversi più nella sfera della letteratura (o presunta tale) che in quella dell'informazione. E cosi, quotidiani e periodici, tv e radio, che pure hanno avuto il non piccolo merito di aiutare l'unificazione dell'idioma, perdono oggi occasioni importanti per contribuire al suo miglioramento qualitativo. Ma in questo peccato, sottolineato anche dal presidente dell'Accademia dèlia Cru¬ sca, Giovanni Nencioni, i mass-media non sono soli: la corsa al parlare «togato, per sentirsi, in qualche modo, diversi dalla massa, vede in gara politici e burocrati d'ogni livello nel cui profondo si agita lo spettro del Don Ferrante manzoniano, e che, dal discorso in Consiglio comunale a quello di compleanno, dall'elaborazione del testo per il modello 740 al comunicato di servizio, aggrediscono lessico e sintassi in un barocco arrotolarsi di circonlocuzioni e di avverbi. .Sono gli stessi — ha incalzato Lepri — che riescono ad avere due linguaggi addirittura trattando argomenti banali e che, magari, alla moglie dicono andiamo a mangiare o andiamo In spiaggia o piantiamo il basilico, ma in pubblico diranno sempre andiamo a consumare il pasto o a prendere un bagno o a mettere a dimora una piantina». Sono i segni, purtroppo ancora vivi e diffusi, di una storia che nel nostro Paese ha visto per oltre 5 secoli una lingua prevalentemente scritta e che, solo da pocotenta quell'operazione che iprof. Sabatini ha argutamente esemplificato: «Lo scritto e il parlato identificano, in pratica, i due sessi della linguasono diversi e distinti, ma è bene che si frequentino spesso*. Renato Rizzo

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