Intrighi d'amore a Sydney ma è un serial senz'anima di Ugo Buzzolan
Intrighi d'amore a Sydney ma è un serial senz'anima «Il segno del toro»: partito su Canale 5 il kolossal australiano Intrighi d'amore a Sydney ma è un serial senz'anima Il segno del Toro ieri sera, e stasera Mercante di sogni: uno dopo l'altro Canale 5 offre due esempi significativi di serial (da definire anche, secondo il nostro vocabolario corrente, sceneggiati tv o film per la tv). Sbrighiamo anzitutto Mercante di sogni, vecchia conoscenza per gli spettatori della Rai che l'ha programmato qualche anno fa: è un miniserial americano — quattro ore in due puntate: si concluderà domani — ricavato da un bestseller di Harold Robbins dove l'influenza del cinema hollywoodiano Anni 50 è più che evidente: a parte il fatto che l'argomento è proprio Hollywood, quella dei pionieri e dei primi magnati, lo stile, il copione, i personaggi, lo spirito, la calcolata convenzionalità ma anche l'abilità di scorrevole confezione si collocano inequivocabilmente nella dimensione di un cinema che resta cinema pur essendo stato realizzato apposta per la tv. Non a caso il regista — che qui conserva ancora un prestigio di «creatore» — è il veterano Vincent Sherman. prolifico artigiano di Hollywood che ha diretto film con i divi più famosi, da Humphrey Bogart a Bette Davis, da Joan Crawford a Errol Flynn, da Clark Gable a Richard Burton, da Rita Hayworth a Paul Newman, e che pure in Mercante di sogni fa comparire vecchie glorie quali Ray Milland, José Ferrer. Fernando Lamas. Su tutto un altro versante, invece, il serial partito ieri. Il segno del Toro (quasi un maxiserial visto che si articola in undici episodi di un'ora e mezza ciascuno più pubblicità) di recentissima produzione australiana. Molto complicata la storia: per illustrarne i meccanismi di base e gettare uno sguardo alle puntate future, avrei ragionevolmente bisogno di mezza pagina di giornale. Mi limito a dire che protagoniste sono due ricche e potenti famiglie di Sidney che si danno battaglia senza esclusione di colpi per assicurarsi la supremazia economica nella città, e che sono divise—e legate — da odi mortali dovuti a torbide relazioni tra gli uomini e le donne dei due clan; ci sono giri di miliardi e ci sono corna, e strazianti delusioni d'amore mai dimenticate (si comincia dalla bisnonna!), e si intrecciano sventure, decessi, lotte per eredità colossali e rapimenti di bambiniSi. pare una soap-opera americana, e si può tirare in ballo ancora una volta Dallas e Dinasty e in modo particolare, direi. Capitol per il tentativo — non sempre sorretto dal mestiere — d: portare avanti diverse vicende contemporaneamente (affidate a quattro registi che si alternano con esiti corretti ma piatti). Non è da escludere che i loschi intrighi dei Drysdale e dei Brent allettino e catturino un certo pubblico, ma si tratta di un kolossal sostanzialmente fasullo, che non ha niente di australiano autentico (e si che in questi ultimi anni sia il cinema sia la tv australiana hanno dato esempi notevoli di una visione originale dello spettacolo fortemente e in varie forme e per vari temi ancorata alla realtà del Paese): in definitiva Il segno del Toro è un cinema tv pesantemente condizionato dalla struttura e dalla tecnica del serial e che vuole essere soltanto un'imitazione e un ricalco del prodotto americano di moda. Ugo Buzzolan Morgan Fairchild e Robert Picardo in «Mercanti di sogni»
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