Pavarotti imperatore a Pechino di Simonetta Robiony

Pavarotti imperatore a Pechino Ieri il primo trionfale concerto al Teatro delle Esposizioni Pavarotti imperatore a Pechino Biglietti pagati sino a 30 mila lire al bagarinaggio: metà dello stipendio medio di un cinese - Tremila spettatori d'eccezione - Il recital in diretta alla radio ha inaugurato la stereofonia - Sabato «Bohème» DAL NOSTRO INVIATO PECHINO — Tremila cinesi tutti in piedi per un lungo, lunghissimo applauso hanno salutato l'aria «Nessun dorma» dalla Tumndot di Puccini che ha concluso ieri il primo concerto di Luciano Pavarotti a Pechino. Avevano detto che i cinesi non applaudono: Invece erano tutti là a battere rìgidamente una mano contro l'altra: un gesto che per .cultura non gli appartiene ma che, è evidente, hanno deciso di fare proprio. Molti i bravo scanditi a gran voce, molte le braccia tese in avanti come in un saluto, molte perfino le foto di Pavarotti ricavate dal programma della tournée e tenute in alto sopra la testa in segno di omaggio al tenore italiano. Dal libretto rosso di Mao delle adunate oceaniche di piazza Tienanmen, la Cina è passata al libretto della Bohème, l'opera che Pavarotti canterà, sabato al Tlan Quiao, un teatro specializzato nella lirica. Anche per l'Opera di Genova, che ha condotto quattro anni di trattative per riuscire ad andare in Cina con tanto di orchestra, coro e maestranze, il successo di questo concerto con il quale si è aperta la tournée di 15 giorni a Pechino è stata superiore a ogni aspettativa. Fasci di fiori in palcoscenico, cinque bis concessi da un Pavarotti sudato e commosso, centinaia di sorrisi davanti agli acuti di O sole mio che qui in Cina è conosciuto da tutti e viene considerato 1' inno nazionale italiano. Due ore prima di salire in palcoscenico, lasciando l'albergo delle Colline Fragranti a 30 chilometri da Pechino, Luciano Pavarotti aveva detto di sentirsi molto stanco perché non riusciva ad adattari al clima: il caldo umido di questo mese di giugno spezza le gambe e toglie il fiato a qualunque europeo. Alle sette in punto il Tea- tro delle Esposizioni, una enorme sala circolare costruita nel tipico stile monumentale dei Paesi socialisti era ancora vuoto: perché non c'era nessuno? C'è stato un attimo di perplessità: un quarto d'ora dopo lo spettacolo doveva comimeiare e si sa che i cinesi sono un popolo puntuale, ma un quarto d'ora dopo non c'era più un posto a sedere. In Cina infatti il pubblico viene fatto entrare soltanto pochi minuti prima dell'inizio dello spettacolo. I cinesi vanno a teatro vestiti con i loro abiti di sempre: una camicia e un paio di pantaloni, una maglietta e una gonna, qualcuno perfino in pantaloncini da ginnastica. Ma il pubblico dell'altra sera a Pechino era un pubblico assai selezionato: cantanti, attori, ballerini, cultori di musica, artisti, tutta gente che conosce a memoria le arie più celebri, compra le cassette, registra i nastri, legge con avidità le cronache di spettacoli. La biografia di Luciano Pavarotti, ad esempio, è stata tradotta anche in cinese. Alle prime tre note di «Lo donna è mobile» è scoppiato un fragoroso applauso che ha interrotto per un attimo Pavarotti: l'avevano riconosciuta immediatamente. Il programma era di quelli confezionati per conquistare tutti: da Verdi a Puccini, da Leoncavallo a Mascagni, con in più qualche ovvia puntata nella canzonetta strappalacrime del nostro repertorio: in testa a tutte «Mamma». I cinesi seguivano con un'aria rapita e immobile: ognuno di loro sembrava aver stabilito un filo diretto con la voce di Pavarotti che dolce e morbida correva su e giù per le note. L'emozione alla fine dello spettacolo è stata fortissima. Per due ore e mezzo l'ostacolo della lingua che impedisce qualunque scambio di rapporto tra un cinese e uno straniero è stato annullato dal linguaggio universale della lirica che per una volta è parsa davvero superare ogni barriera culturale. Per assistere allo spettacolo, nonostante il prezzo del biglietto fosse ufficialmente di 1800 lire sembra che molti ne abbiano pagate 30 mila e forse più, una cifra enorme tenuto conto che lo stipendio medio è di 80 mila al mese: ma la voglia di esserci era tale che il bagarinaggio ha fatto capolino addirittura anche a Pechino. Fino al '76, durante la rivoluzione culturale, l'opera lirica era stata proibita perché considerata una forma d'arte reazionaria; negli ultimi anni, invece, sono moltissime le opere rappresentate in' questo Paese da compagnie liriche cinesi. Qualche tempo fa è arrivata una •Carmen» messa in scena dai francesi, poi la Staatsoper con •Le noese di Figaro*; sabato ci sarà questa «Bohème» del Teatro di Genova, prima opera di produzione italiana ad essere rappresentata nella Cina del dopo Mao. E' un segno dei tempi. Ma c'è un altro segno dei tempi che cambiano: il concerto di Pavarotti al Teatro delle Esposizioni, trasmesso in diretta dalla radio, ha inaugurato la stereofonia in Cina. Simonetta Robiony Gastronomia cinese (con bacchette) per Pavarotti prima del recital che ha consacrato il suo mito