Petrolio, l'Opec teme la bancarotta L'Eni ha un piano per il Mediterraneo

Petrolio, l'Opec teme la bancarotta | L'Eni ha un piano per il Mediterraneo I «Tredici», riuniti a Brioni, cercano una difficile intesa su prezzi e quote Petrolio, l'Opec teme la bancarotta | L'Eni ha un piano per il Mediterraneo BRIONI— Nell'insolita cornice dell'isola di Brioni, quella che fu la «casa, delle vacarne, del maresciallo Tito, l'Opec ricerca faticosamente l'uniti. Qualcosa si è mosso lo questi primi due giorni di riunioni tecniche, ma, pur tra qualche novità, non sembra, comunque, che il quadro generale si presenti molto diverso da quando i tredici ministri si sono riuniti a metà aprile senza riuscire a raggiungere un accordo. Sull'intera conferenza grava la pesantezza economica dei Paesi petroliferi, alcuni del quali assediati dai debiti. Un richiamo alla distanza che ancora separa le diverse posizioni, è giunto dal ministro iracheno, Oassim Hassan Taqi, Il quale, come in aprile, è tornato a chiedere poco meno del raddoppio della produzione di greggio del suo Paese. Taql ha detto che l'Opec dovrebbe fissare 11 tetto tra i 17 e I 18 milioni di barili al giorno per II resto di quest'anno, attribuendo all'Iraq una quota del 13,1%, equivalente a 2,2-2,3 milioni di barili. Il ministro del Petròlio libico, Favi zi Shakshuki s'è detto Invece favorevole ad un tetto produttivo per l'Opec tra 14 e 15 milioni di barili al giorno e di voler un ritorno del prezzi al livello di 28 dollari il barile. Un richiamo allarmato ai prezzi è venuto anche dal ministro del Petrolio algerino, Belkacem Nabi, che ha definito la situazione attuale «una catastrofe economi- OAL NOSTRO INVIATO ISTANBUL — L'Eni lancia un piano per alutare 1 Paesi africani e asiatici dell'area del Mediterraneo in difficoltà per la crisi del petrolio: il presidente Franco Reviglio lo ha annunciato a Istanbul in una riunione dell'Aspen. Quest'anno l'Egitto perderà il 5% del suo prodotto Interno lordo, l'Algeria l'il, la Libia addirittura il 15. Altri Paesi avranno vantaggi (Turchia, Marocco, Israele) ma collettivamente la perdita secca sarà del 3,8%, pari a 7,7 miliardi di dollari. Questo anche nell'ipotesi (ottimistica) ch° il greggio torni a salire nella seconda metà dell'86 in modo che 11 prezzo medio si assesti sul 15 dollari 11 barile. I Paesi europei si sono finora preoccupati soprattutto di sfruttare la situazione per mettere sotto controllo l'inflazione e rilanciare lo sviluppo; ma ora cominciano a rendersi conto che sulla sponda opposta del Mediterraneo si sta innescando una gigantesca bomba. Olà alcuni effetti si vedono: le imprese europee trovano difficoltà a recuperare i crediti, il commercio sta crollando (le nostre esportazioni verso quest'area rappresentano il 7% di tutte le esportazioni italiane, pari a quelle verso gli Usa); alcuni Paesi'sono costretti a tagliare le spese sociali indispensabili (si sa. ad esempio, che l'Egitto sarebbe sul punto di sospendere i sussidi ài prodotti alimentari con il rischio di innescare una reazione popola¬ re Incontrollabile); in Algeria, dopo il booom demografico degli ultimi 20 anni, milioni di 'figli del petrolio* sono senza lavoro e senza prospettive se non l'emigrazione (legale o clandestina) in Europa. Il malessere minaccia la stabilità del governi moderati, alimenta la malattia dell'integralismo, crea nuove occasioni per 11 terrorismo. Tra l'altro la crisi petrolifera ha fatto saltare il sistema di trasferimento di risorse che si era instaurato negli ultimi 10 anni; si assottigliano le rimesse degli emigranti dal Paesi petroliferi verso quelli poveri (per l'Egitto si tratta di qualcosa come 3,5 miliardi di dollari) ed è saltato 11 programma di assistenza in base al quale i Paesi del Golfo hanno finora messo a disposizione un miliardo di dollari l'anno. E' urgente fermare la diva- ricezione economica e politica tra le due sponde del Mediterraneo. Un piano proposto dal premier israeliano Peres si è scontrato con evidenti ostacoli politici e la proposta di un «piano Marshall» per il Sud-Mediterraneo fatta da Shultz è stata respinta perché giudicata un tentativo di ingerenza Usa. In questo quadro è uscito allo scoperto l'Eni con la proposta di Franco Reviglio presentata a Istanbul in un incontro di esponenti politici ed economici del Paesi mediterranei (mancavano Algeria, Libia e Siria ma era presente Israele insieme con gli Usa e la Gran Bretagna) organizzato dall'Aspen Institute Italia, emanazione dell'Aspen Institute americano. Si tratta di un organismo composto da politici, managers. studiosi e presieduto attualmente dal ministro del Lavoro, Gianni De Michelis, succeduto a Francesco Cossiga quando questi è stato eletto alla presidenza della Repubblica. •Non è assurdo proporre che i Paesi dell'Europa occ+ dentale dedichino al piano di aiuti ai Paesi del Mediterraneo meridionale un 10% del risparmio petrolifero, che nell'86 sarà, di circa SO miliardi di dollari, cioè S miliardi di dollari; dice Reviglio. Questi soldi verrebbero concessi ai Paesi mediterranei perché sottoscrivano la metà del capitale di Joint-ventures costituite tra società locali e società europee; queste Ultime dovrebbero fornire l'altra metà del capitale. « Questi 10 miliardi di dollari — dice Revigilo — permetterebbero di investirne complessivamente 30.. Il sistema di joint-ventures avrebbe alcuni vantaggi: consentirebbe di lavorare su progetti specifici (agricoli o industriali, energetici o alimentari) capaci di generare a loro volta occasioni locali di sviluppo; di impedire interventi «coloniali» da parte di imprese europee; di evitare di disperdere risorse in aiuti dall'incerta destinazione. Il piano-Eni è stato accolto con interesse dai partecipanti all'Incontro dell'Aspen, che ne hanno discusso a lungo; sarebbe interessante se potesse essere accolto dalla Cee, ma nessuno si fa troppe illusioni. La proposta, però, resta valida anche se vi aderiscono solo alcuni Paesi (la Spagna appare disponibile). De Michelis l'ha giudicata •ottima» augurandosi che possa essere accolta dal governo. 'Importante — ha detto 11 ministro del Lavoro — è mettere a punto gli strumenti di intervento. I Quali, tra l'altro, potranno essere impiegati anche se il prezzo del greggio dovesse tornare a salire.. Da parte sua l'Eni è pronto a mettersi al lavoro: In seguito agli studi condotti Insieme con l'Oapec (l'organizzazione dei Paesi arabi produttori di petrolio) c'è già un progetto per una banca d'affari alla quale dovrebbe partecipare anche l'Imi Insieme con due banche arabe.., Vittorio slavizza ISTANBUL — Ecco le cifre fornite da Reviglio riguardanti le perdite (o il risparmio) annuo dei Paesi del Mediterraneo meridionale nell'ipotesi di un prezzo medio del petrolio di 15 dollari il barile nel 1986: a,.,, Perdlta o risparmlo „ (mllionididollari) "U1B85 ALGERIA — 4980 — 103 EGITTO — 1080 — 5,1 LIBIA — 3960 — 14,7 TUNISIA — 170 — 2,1 MAROCCO + 420 + 3,8 ISRAELE 4-600 + 2fi SIRIA — 70 — 0.4 TURCHIA + 1490 + 3,1 Sub totait- — 7750 — 3,8 GIORDANIA + 240 + 6,0 IRAN — 6120 n.d. IRAQ — 4800 n.d. ARABIA SAUDITA — 7000 — 6,6 Sub tot ale — 17680 Chi guadagna, chi perde