Fontanesi e lo spirito d'Europa

Fontanesi e lo spirito d'Europa TORINO: SI RISCOPRONO IN 170 DIPINTI I MAESTRI DELL'800 PIEMONTESE Fontanesi e lo spirito d'Europa TORINO — Da Giuseppe Pietro Bagetti (1764-1831) a Enrico Reycend (1855-1938) centosettanta dipinti rappresentano alla Promotrice (fino al 6 luglio), spesso con opere di livello .europeo», la civiltà pittorica dell'Ottocento piemontese, che da decenni non conosceva una cosi ampia mostra monografica. Realizzata da Angelo Dragone, curatore anche del ricco catalogo, è stata possibile grazie al mecenatismo del Mediocredito Piemontese. Civiltà è veramente il termine più adatto a sottolineare il senso di grande dignità, di «moralità», di impegno nel lavoro pittorico, nel mestiere, che unifica i protagonisti di questa vasta e ben scelta rassegna. Alle vette più alte ecco Bagetti e Bossoli con Gastaldi e Camino, Pittarà e De A vendano. Pasini e Bonatto Minella, Quadrone e Caldertni, Blstolfi come pittore e Bozzetti. Ai vertici assoluti Fontanesi, Avondo, Morbelll, Pelllzza. Ai livelli medi, la professionalità degli altri. Da tale contesto, appunto di civiltà culturale, traspare un'intima ma salda connessione fra questa professionalità, la dignità qualitativa delle sue offerte e la «domanda» di un solido gusto borghese, cui erano note specialmente le cose della vicina Francia, prima e durante la cultura dell'Impressionismo. Un clima che. a partire dall'età di Carlo Alberto e soprattutto dopo la metà del secolo, si era staccato dal •deserto» dal quale era fuggito sdegnato il nobile giovane pittore-letterato Massimo d'Azeglio. - Mi sembra d'altronde significativo di una continuità e di una eredità il fatto che la rassegna raccolga il meglio di collezioni private specializzate dell'Italia settentrionale. Alcune opere giungono da quella Liguria, la cui paratie la civiltà pittorica ottocentesca è legata a quella piemontese, soprattutto nel felice momento del cenacolo di Ri vara degli Anni 60 dell'Ottocento (Pittara e Avondo, Rayper e Bertea, De A vendano e De Andrade). Simbolo primo di questa civiltà, ch'è innanzitutto rapporto Ìntimo e sentito fra i'artista e l'ambiente in cui opera (l'umanità con cui è in rapporto, ma soprattutto il territorio), è il susseguirsi, da una generazione all'altra, di culture e di forme della veduta e del paesaggio, 11 grande tema sinfonico che percorre tutta la rassegna. Ed è un susseguirsi in cui. talora, i termini di linguaggio, nell'unità di tempo, si Incrociano e si ribaltano nella comune amorevole attenzione alle forme dell'ambiente, cominciando da Torino. Bossoli, a più-di sessant'anni, nel 1880, non può contemplare e rappresentare i piani In profondità della città in espansione, dalla collina alta, se non nei termini, a cui è da decenni adusato, della specialità del •panorama» di cui tura franco-inglese nella pri ma metà dell'800 (fra i maggiori cultori, Daguerre prima di inventare la fotografia). Il visitatore della mostra, in quel vasto ma minuzioso scorrere illusorio dell'occhio nello spazio, lo fermi al centro, su un alto edificio bianco sotto la collina, di fronte in diagonale, di là dal Po, al Castello del, Valentino. Ritra vera quell'edificio. In alto a destra, nei suoi esatti colorì bianco e arancione esaltati nella limpidezza della luce primaverile, visto dal basso nei Dintorni di Torino in marzo (l'attuale corso Moncalieri) dipinto due anni prima da Marco Calderini a 28 anni, in un capolavoro di pieno verismo, nutrito di compiacimenti cromatici. Calderini è allievo e biografo di Fontanesi. Ed è ovviamente qui. esaltato nel salone centrale, ma esteso anche alle sale successive, 11 punto focale e di svolta, nell'alto colloquio, di istanze e culture, diverse ma confluenti, fra Fontanesi e Avondo. In Fontanesi l'ultima trasfigurazione romantica della natura (dal -.sublime» settecentesco a Constable, Corot, Picelo, dei quali tutti Fontanesi è comprimario del tutto degno) anticipa 1 nuovi simbolismi, per cui il visitatore può isti¬ tuire fruttuosi paragoni con gli emozionanti quadri di pianure, alberi, cieli fantasmatici di Pelllzza dopo il 1900. In Avondo la lezione di densa verità di luce e di sostanza cromatica scoperta a Parigi nel 1855 di fronte ai «maestri di Barbizon» frutta sei anni dopo un capolavoro come Tramonto sul Teverone, che allarga il discorso dall'humus piemontese ai climi visuali dell'Italia centrale, ad esemplo del «collaterale» macchiatolo Nino Costa. Su questo versante, tutto intrecci e diramazioni, affascinano i succhi parigini delle .Rire della Senna di Pittara o. nello spagnolo-ligure De Avendaflo. del cenacolo di Rivara, i singolarissimi Bagni di Lucca: quasi una spiaggia di Trouville. ritratta da Boadin o da Monet giovane, trasferita sul Tirreno. La diversa dimensione dei dipinti, talvolta molto piccoli, talvolta imponenti, e il variare della loro destinazione (prove accademiche per le grandi esposizioni con il successivo sbocco verso le nascenti collezioni ufficialipubbliche), rendono alquanto limitata, in proporzione, la presenza di altri «generi». Spiccano comunque, raffinati, preziosi, il troubadour delVInterno di chiostro di Migliare, la lìmpida cronaca storico-agiografica del Soccorso di Vittorio Amedeo II del Gamba, l'orientalismo impeccabile di Pasini, al quale recenti mode franco-anglosassoni hanno reso omaggio e continueranno a renderlo. Nel nuovo ripensamento critico internazionale su tutti gli aspetti del realismo-verismo nel secolo della fotografia, vi è infine tempo e campo di ripensare anche all'esperienza del «fiammingo-piemontese» Quadrone: dipinti come Spacconata e Battaglia di bassotti, pur tardi (anni '890) sono degni di certa pittura tedesco-slava e russa, che riecheggia il grande Courbet, Marc0 Rogo, Marco Calderini: «Dintorni di Torino in mirzo» (Stradale di Moncalieri), 1878 Andrea Gastaldi: «Giovane donna seduta» (particolare)