Si vota: Gonzàlez contro Gonzàlez di Frane Barbieri

Si vota: Gonzàlez contro Gonzàlez La Spagna, distratta dai trionfi del Mundial, rinnova le Cortes: si teme un'alta percentuale di astensioni Si vota: Gonzàlez contro Gonzàlez La vittoria socialista è sicura, ma quasi certamente il psoe non riavrà la maggioranza assoluta -1 partiti intermedi (Suarez per i centristi, Roca per i liberali e Iglesias per la Sinistra unita) vogliono riprendersi i voti «imprestati» nel 1982 - La vera alternativa è Fraga: ma è troppo autoritaria, troppo franchista per essere credibile DAL NOSTRO INVIATO MADRID — Sarà perché le elezioni sono state convocate cosi d'improvviso, sarà perché troppo spesso ormai sono chiamati a votare, è la decima volta In dieci anni, ad ogni modo gli spagnoli sembrano molto più ansiosi oggi a seguire la prossima partita della Nazionale al Mundial che non a recarsi alle urne. La ragione dell'indifferenza va cercata anche nel fatto che alle elezioni in Spagna non si corrono rischi né di sconfitte né di vittorie sproporzionate, mentre in Messico si vince o si perde in modo definitivo. Spenta la baraonda degli ultimi comizi, svoltisi quasi tutti alle Plazas de Toros, oggi la giornata elettorale si prospetta abbastanza fiacca. Si vota per la prima volta di domenica 11 che, al di là della stanchezza elettorale, mette alla prova la disponibilità del cittadino a sacrificare lo svago estivo al dovere civile. I partiti temono comunque che il 30 per cento degli elettori possano saltare l'impegno di votare. Si era temuto anche ?he i gol di Butraguefio potessero portare la squadra nazionale in campo proprio alle ore fissate per le votazioni. Per una fortunosa concomitanza degli orari, solo la proclamazione dei vincitori alle elezioni dovrà stasera essere anticipata per non farla coincidere con la trasmissione della partita e quindi pas sare inosservata. Il pericolo è stato scongiurato in extremis: gli spagnoli conosceranno almeno il nuovo capo del governo mentre si sottopor ranno al supplizio dell'elimi natorìa dei quarti di finale. Non è una cosa da niente e neanche un fatto puramente psicologico: i risultati delle elezioni corrono il rischio di essere sconvolti perché un maldestro tecnico della televisione aveva sovrimpresso nell'immagine della rete vincente di Butraguefio contro la Danimarca, la scritta Psoe il partito di Gonzalez. e la manipolazione è risultata poi doppiamente scandalosa quando si è scoperto che il goleador nazionale nutre forti simpatie per l'AP, Il partito di Fraga. La televisione ha dovuto chiedere scusa al partito conservatore, i socialisti hanno aperto un'inchiesta. alcuni redattori politici e sportivi sono stati destituiti, i giornali hanno messo in guardia contro slmili sostituzioni di giocatori e di sigle nelle urne, ma il fatto tanto atteso non è avvenuto: Butraguefio ha declinato l'invito di mandare un messaggio ai concittadini Invitandoli a •votare Fraga.. Con o senza l'aiuto del delantero nacional, Felipe Gonzàlez oggi non corre rìschi di essere eliminato dalla Moncloa. Resta da vedere come ci potrà restare. In tutta la campagna elettorale, nessuno degli avversari aveva osato chiedere: -Togliamo il potere a Gonzàlez», tutti hanno preteso e sperato di poterlo ridimensionare dopo il 22 di giugno. Per cogliere la differenza dobbiamo rivolgerci alle cifre. Finora i socialisti del Psoe avevano stragovernato disponendo di 202 posti al Parlamento su 350 deputati. La loro maggioranza assoluta proveniva dal 48 per cento di voti ottenuti alle elezioni dell'82 (i rappresentanti alle Cortes aumentano in modo non proporzionale, in conseguenza dei premi elettorali e di un complicato gioco di collegi suddivisi in una combinazione di sistema uninominale e proporzionale). Non c'era legge o decreto di Gonzàlez che potesse trovare ostacoli o resistenze parlamentari. Si parlava per questa ragione di -governo autoritario e arrogante^. E' per la stessa ragione che Gonzàlez ha voluto sottoporre ad un referendum, vinto di misura, la decisione più ardua, l'appartenenza alla Nato, per dar prova che dietro a quella macchina maggioritaria stava pur sempre 11 consenso degli elettori. A lungo andare, comunque, si è diffusa la convinzione che una «democrazia troppo forte mette in pericolo la democrazia». Sono sorti cosi da tutte le parti i salvatori della pa tria democratica. Nessuno con la pretesa di sostituirsi a Gonzàlez, ma operando per togliergli una fetta del potere e costringerlo ad un rapporto più dialettico e conciliante. Espresso in cifre, ciò significa spingere il Psoe il più possibile al di sotto della quota -autoritaria» di 200 deputati. Portare i socialisti al limite della maggioranza assoluta per costringerli a cercare al¬ leati e coalizioni, fisse o temporanee, al di fuori del proprio partito. L'incognita che dovrà trovare oggi una risposta nelle urne è appunto questa: i socialisti proseguono da soli o dovranno spartire il potere con gli altri partiti? Per le stesse ammissioni di Gonzàlez, basate sui sondaggi pre- sidenziall riservati, il Psoe non potrà ripetere il successo di quattro anni fa. Scenderà dal 48 al 40 per cento, forse anche di più: da 170 a 180 de putati contro i 202 attuali. La maggioranza, più striminzita, rimane, ma scatta il gioco e il pericolo delle astensioni, del le assenze, anche di franchi tiratori. Da qui nascono le speranze dei partiti intermedi. Si sono presentati almeno in tre gruppi a rivendicare i voti «imprestati, al Psoe alle ultime elezioni, quando si trattava di dare il -voto utile» per assicurare un ulteriore progresso democratico. Recuperando quei voti i partiti intermedi pretendono di condizionare e migliorare la condotta democratica dei socialisti. I pretendenti alla rieducazione del Psoe sono in ordine: Suarez con i centristi, Roca con i liberali riformisti e Iglesias con la sinistra unita. L'ex primo ministro, padre della transizione democratica, Adolfo Suarez, sembra risorto dall'oblio. Dopo essersi ritirato, o meglio essere stato costretto al ritiro, non era in grado di riempire una sala cinematografica. Gli spagnoli sembravano diffidare dì un politico che aveva scelto la via dell'autosconfitta. Ora, di nuovo aggressivo e sicuro di sé, Suarez riempie le arene: rivendica per sé la parte della storia democratica che gli compete e si accorge di colpo che in fondo non aveva governato peggio degli altri. Ha puntato in termini più che espliciti all'indebolimento del psoe, secondo lui usufruitore immeritato dei frutti della democrazia da lui stesso avviata. Ma, più che scalzare Gonzàlez, Suarez conta di diventare un suo censore, occupando in termini strategici l'area del centro di nuovo emergente della quale Gonzàlez si era indebitamente appropriato, creando un largo e forte centrosinistra. Quella di Suarez è la tattica adottata a suo tempo dallo stesso Gonzàlez nei confronti dell'ex primo ministro, questa volta in termini rovesciati. Le previsioni danno all'ex capo del governo 20 deputati al massimo, non troppi ma capaci di mettere, in caso di necessità, al riparo Gonzàlez. Con ambizioni simili e simili prospettive, attorno ai 20 deputati, hanno concorso i libe¬ rali riformisti di Roca e Garrigues. Intendono far sentire meglio al governo la voce dei ceti emergenti dei tecnocrati e degli imprenditori di nuovo stampo e di media categoria. Si differenziano da Suarez per un atlantismo più spinto: anzi, sostengono che i troppi condizionamenti posti da Gonzàlez all'adesione alla Nato fanno delia Spagna un clandestino atlantico e che le riserve di Suarez verso l'Europa e la Nato sospingono la Spagna verso il Terzo Mondo. La differenza sostanziale fra il centro sociale di Suarez e i liberal riformisti di Roca sta nel fatto che Suarez nasce dal falangismo e Roca dalla corrente occidentalista per non dire americana. Se avesse bisogno di voti parla mentari Gonzàlez dovrebbe, prima di sommarli, alternare gli appoggi di Suarez agli appoggi di Roca. La Izquierda unida di Iglesias si aspetta, per Gonzàlez, tutto il contrario. Cioè una sconfitta che possa costringere il psoe, per poter governare, a riscoprirsi un partito veramente di sinistra. Una specie di nuovo Frente popular. Basta elencare i possibili alleati: Iglesias, segretario del pce, successore di Carrillo. Il più moderato. Poi, verso sinistra, Gallego, il segretario del partito filo-sovietico, poi Lister, capo del partito sovietico di data ancora più antica, e Tamames, l'ambiguo e polivalente intellettuale di tutte le fronde sinistrorse. Rimane autoemarginato. non si sa se a sinistra o a destra, il solitario Santiago Carrillo, con l'Idea fissa di essere l'unico vero leader comunista anche se si è ridotto a segretario generale di se stesso. Le multiple frazioni comuniste, tutte insieme possono ambire, secondo previsioni, a non più di 10 deputati, senza capacità di rafforzare né indebolire Gonzàlez. La forza del raggruppamenti intermedi non consiste nel poter rovesciare Gonzàlez, sta nella possibilità che il leader socialista debba ricorrere al loro aiuto in voti parlamentari. Chi invece può rovesciarlo o almeno pretende di farlo, è Manuel Fraga, leader della Alianza popular. E' l'unico a dichiarare: «O i socialisti o noi». Per farlo dovrebbe conquistare oggi 70 seggi in più. salire dai 106 ai 176, e avanzare di almeno 11 12 per cento, dal 26 al 38 per cento. Il -bisonte del thatcherismo populista» in questi giorni dava l'impressione di aver conquistato le piazze, ma tutto sommato non sembra aver conquistato altrettanti voti. Le previsioni, anzi, lo danno in diminuzione di qualche punto. Il calo curiosamente viene attribuito allo stesso personaggio dell'ingombrante leader. Troppo irruento, troppo autoritario, troppo essenziale, se vogliamo troppo franchista, per impersonare una nuova democrazia. Si dice: • Fraga vincerà quando se ne andrà Fraga». Per dire che l'Alianza popular diventerà una vera forza di nuovi ceti medi, anzitutto dei managers e dei tecnocrati moderni, capace di governare, ma che difficilmente potrà identificarsi mai in un personaggio rozzamente antiquato, autore di 50 libri, uno peggio dell'altro come visione del mondo (darwinismo iberico, chiama qualcuno la sua filosofia): e dopotutto in un Paese di tanti sottili e dotti conservatori. Con Fraga contro Gonzàlez oggi potrà nascere il bipartitismo di tipo europeo in Spagna. Ma ci vorranno altre elezioni, anzitutto altri leaders, per metterlo in atto in modo europeo. Per il momento le elezioni odierne girano attorno ad una formula sola: Gonzàlez contro Gonzàlez. Frane Barbieri Madrid. Il primo ministro Felipe Gonzàlez, socialista (sopra), e l'ex premier Adolfo Suarez, del Cds