Tra scontri e sangue slitta in India il baratto della «capitale rapita»

Tra scontri e sangue slitta in India il baratto della «capitale rapita» Tra scontri e sangue slitta in India il baratto della «capitale rapita» NOSTRO SERVIZIO NEW DELHI — Il governo indiano ha rinviato la consegna (prevista per ieri, e già slittata una volta, nel gennaio scorso) della città Chandigarh allo Stato del Punjab. E' stata fissata una nuova data per 11 trasferimento, che ora dovrebbe avvenire il 15 luglio. Gli hindu del vicino Haryana, per nulla contenti di perdere la «loro» capitale — quattrocentomila abitanti — hanno deciso di Impedire l'operazione. L'esercito è stato posto in stato d'allerta, i collegamenti ferroviari e stradali nella regione sono stati sospesi. Trent'anni fa Nehru vedeva in Chandigarh «ti simbolo della nostra fede nel futuro dell'India-. Oggi la bella città progettata da Le Corbusler è pattugliata da diecimila uomini tra agenti di polizia e soldati, e simboleggia semmai la difficoltà degli indiani a convivere. Ieri ci sono stati disordini nello Haryana, che divide ancora la capitale con 11 Punjab. Alcune organizzazioni politiche hindu, la religione dominante nello Haryana, avevano esortato la popolazione alla rivolta; ma l'annuncio del rinvio ha allentato la tensione, lo sciopero generale è stato revocato. Ad Amritsar nel Punjab, la città santa dei sikh, ci sono stati Invece violenti scontri tra le due comunità, la polizia è intervenuta, un giovane è morto e otto persone sono rimaste ferite. E' stato imposto il coprifuoco a tempo indeterminato. Il trasferimento di Chandigarh al Punjab era il puntochiave dell'accordo di pace raggiunto nel luglio scorso tra il primo ministro Rajiv Gandhi e il leader moderato dei sikh. Sul principio dell'operazione sono tutti d'accordo, o quasi: tutti sanno che si tratta di una condizione indispensabile per ristabilire la pace nel Punjab. U problema, quello che consente all'oppo¬ sizione hindu di segnare pun- j ti a suo vantaggio, sono mercanteggiamenti che hanno contrassegnato questa spartizione fra comunità. Nel 1970, quattro anni dopo la seconda divisione del •Grande Punjab» decisa per creare lo Haryana (la prima avvenne nel 1947; e l'allora primo ministro Jawaharlal Nehru decise di costruire Chandigarh per sostituire Lahore, capitale storica del sikh, rimasta oltre il confine del Pakistan), Indirà Gandhi promise a questo 8tato che In cambio della rinuncia a Chandigarh avrebbe ottenuto due ricchi distretti del Punjab. 120 mila ettari di territorio, nella regione di frontiera. Sono passati sedici anni, ma per motivi tecnici e politici lo scambio non si è ancora potuto fare. Una Commissione nominata dal premier Rajiv Gandhi ha proposto che il Punjab cedesse soltanto 28 mila ettari allo Stato vicino. In teoria, il baratto dovrebbe essere con mporaneo. Ma la Commis i .one non ha individuato l'in tera superficie del territorio da scambiare; di conseguenza, sono possibili ulteriori rinvìi. Entro tre anni, inoltre, il «Paese del cinque fiumi» (è il significato di «Punjab» in sanscrito) dovrà avere ulti mato un canale destinato a estinguere la grande sete del lo Haryana. E' tutto questo mercanteggiamento, finalmente concluso questa settimana, che gli hindu dello Haryana, gli estremisti sikh e anche alcuni politici moderati denun ciano. Tutti ritengono di essere stati ingannati. Per un'ironia della storia, trent'anni fa nessuno voleva sentir parlare della città di Chandigarh, che oggi senza dubbio è la più funzionale e la meno «indiana» fra tutte quelle del subcontinente. Patrice Claude Copyright «Le Monde» e per l'Italia «La Stampa»

Persone citate: Gandhi, Jawaharlal Nehru, Nehru, Patrice Claude, Rajiv Gandhi

Luoghi citati: India, Italia, Pakistan