Ma questa volta non è solo baruffa di Gianfranco Piazzesi

Ma questa volta non è solo baruffa Ma questa volta non è solo baruffa In Italia si vota molto spesso e non succede mai niente. I leader dei partiti intervengono di persona anche nelle elezioni locali e la loro assidua presenza, insieme al vigore dei loro interventi, fa si che a questi risultati venga attribuito un preminente valore politico. Però dopo le polemiche, o addirittura dopo gli insulti, è puntualmente sopraggiunta la riconciliazione. Una volta aperte le urne, le battaglie campali sono state ribattezzate come grandi manovre, durante le quali si è sparato molto, ma sempre a salve. Succederà anche questa volta? Finora la nostra classe politica, povera di idee ma ricca di risorse, è riuscita a generare anticorpi che hanno consentito di temperare, o addirittura di annullare, gli effetti devastanti provocati dalla continua esasperazione della lotta politica. Le elezioni regionali provinciali e comunali finora sono risultate abbastanza innocue. Le amministrazioni locali (non a caso estese anche ai comunisti) per molto tempo hanno garantito un potere tutt'altro che consistente. Per così poco, non valeva proprio la pena dannarsi l'anima. Eppoi, tranne in casi eccezionali (per esempio le elezioni del 1975, subito dopo il referendum sul divorzio) gli spostamenti dell'elettorato sono sempre stati minimi, e la sovrabbondanza dei partiti nazionali e delle liste locali hanno reso ancora più difficile l'interpretazione di questi già così incerti risultati. Oggi, però, sta cambiando qualcosa. Col passare degli anni il potere locale si è rafforzato, in seguito al continuo e progressivo decentramento. La Regione siciliana, come già qualcuno ha osservato, amministra un bilancio di diciottomila miliardi. Una cifra che corrisponde al doppio dei fondi di dotazione stanziati per la Regione Lombardia, a un terzo di quelli disponibili per la Comunità Economica Europea. Una cifra che rende comprensibili (anche se non li giustifica) cariche di cavalleria e assalti alla baionetta. Un piatto cosi ricco eccita i partii e ne avvelena i rapporti. Inoltre anche gli equilibri tradizionali sembrano più precari del solito. I sondaggi, non ordinati dal diretto interessato, dicono che la popolarità di Craxi è fortissima. Se gli elettori confermeranno, i contraccolpi romani saranno inevitabili. Ma se è vero che 18 mila miliardi giustificano anche comizi col coltello tra i denti, è anche vero che una torta cosi grossa dovrebbe incoraggiare, a giochi fatti, una tranquilla e sollecita distribuzione. E se è vero che, a leggere i settimanali, Craxi è il primo presidente del Consiglio, nella storia della Repubblica, che sia rimasto simpatico o almeno accettabile, alla maggioranza degli italiani, è altrettanto vero che da noi la statistica non è mai stata una scienza esatta. (Ne sa qualcosa il povero De Mita, cui tutti gli esperti garantirono un trionfo elettorale alle politiche del 1983; e invece mai prima di allora la de aveva perduto, in una botta sola, il sei per cento dei voti...). All'importanza della posta, mai cosi alta, e all'incertezza dei risultati, mai cosi grande, va però aggiunta una terza novità, la più importante. Questa volta De Mita e Craxi non sono divisi soltanto da questioni di potere, come molti vorrebbero credere, o fingono di credere. Non da ieri i democristiani sostengono che al partito col maggior numero dei voti spetta la (■leadership» della coalizione del governo c che i ruoli più in vista, a cominciare dalla presidenza del Consiglio, possono essere concessi agli altri soci della coalizione, ma solo come l'eccezione che con fermi la regola. E da anni Craxi sostiene che il psi e gli altri partiti laici hanno di ritto alla pari dignità, che presuppone equilibri di tutt'altro tipo. Come abbiamo osservato più volte, le due teorie sono inconciliabili, e de e psi possono collaborare solo non parlando di questi argomenti. Ebbene: durante ( dopo il congresso democristiano la que stione è stata sollevata. Ciò si poteva an che capire, visto che i congressi si fanno anche per discutere di queste cose. Ma della maggioranza relativa e della pari dignità si è parlato anche sulle piazze siciliane. Che bisogno c'era? Rispondere è difficile, supporre è fin troppo facile. Dopo tre anni di benefica stabilità si sta aprendo una fase di tensioni e di incertezze, destinata a durare ben oltre le elezioni di domenica, quale ne sia il risultato. Gianfranco Piazzesi

Persone citate: Craxi, De Mita

Luoghi citati: Italia, Lombardia