Non basta l'allegria alla Danimarca

Non basta l'allegria alla Danimarca Non basta l'allegria alla Danimarca Spagna-Danimarca 5-1 SPAGNA: Zubizarreta 7; Tomas 6,5, Camacho 7; Gallego 7, Goicoechea 7, Victor 6\5; Michel 8 (83* Francisco s.v.), Caldere 7, Butragueno 9, Julio Alberto 7, Julio Salinas 5,5 (4<T Eloy 7). DANIMARCA: Hoeg 6; Busk 5, Andersen 6 (60' Eriksen s.v.) ; M. Olsen 7, Nielscn 5,5, Lerby 5,5; J. Olsen 5, Berggreen 6, Elkjaer 6, Bertelsen 6, Laudrup 6. Arbitro: Keizer (Olanda) 7. Reti: 32' J. Olsen rlg., 43', 56\ 81' e 89* <rig.> Butraguefio, 69" Goicoechea rlg. OAL NOSTRO INVIATO QUERETARO — Dittisi do universi di emozioni, i vincitori della Spagna e i vinti della Danimarca dopo essersi lasciati in campo si sono sono subito ritrovati nei cortili dell'Hotel Jalisco che pareva scoppiare di tristezza e allegria, tutto insieme, come in una pentola ribollente di infernali e celestiali passioni. All'arrivo dei cavalieri di ventura danesi, quelli della Spagna hanno fatto largo e applaudito: due ali di folla hanno reso l'onore della armi. Più tardi, nel patio verde con in mezzo la fontana, gli eroi vittoriosi hanno festeggiato i cinque gol cantando e ballando con t loro tifosi. Telecamere dappertutto, microfoni e bandiere, la birra scorreva a fiumi e l'armata di rosso vestita era folle di gioia. Qualcuno si è gettato nella fontana, e le splendide arcate di Jalisco tremavano per le urla del popolo di Spagna che gridava vittoria e vittoria mundial. Intanto i danesi, cinquanta metri più in là, gli occhi tristi rivolti alla festa altrui, bevevano l'aperitivo in una specie di chiesa sconsacrata. Molto si è discusso e molto si discuterà, come scriveva Voltaire sulla storia d'amore di Abelardo e Eloisa, su chi ha vinto e chi ha perso, non nel senso del risultato che più chiaro non potrebbe essere, ma sugli errori dei danesi e le bravure degli spagnoli. Ha detto Piontek: «Solo colpa dei nostri sbagli». Ha ribattutto Mufioz: «Un'opinione vale l'altra, contano i gol e noi ne abbiamo segnati cinque». La nostra piccola opinione, in si grande disputa, è che i danesi hanno fatto regali e gli spagnoli hanno dimostrato di meritarli Mai partita di calcio è stato esempio più chiaro di come scaltrezza e esperienza, in un campionato del mondo, siano più efficaci del bel calcio ingenuo ed allegro che trascina all'applauso ma conduce anche alla sconfitta. La Spagna di Miguel Mufioz, vecchio hidalgo astuto, ha distrutto la Danimarca piantando il coltello e frugando nella ferita. Ha sfruttato gli errori altrui, certo, ma soprattutto le debolezze psicologiche di una squadra che si è aperta al sacrificio appena ha sentito vacillare il trono costruito troppo in fretta, su fondamenta sema storia. Grande Spagna e grande Butragueno. Scusate l'immagine scontata, ma la Spagna è stata il torero e la Danimarca il toro. Gli applausi di Jalisco ci hanno ricordato l'arena, l'ultimo saluto della gente al- Queretaro. A testa bassa, dodanesi Elkjaer e Bertelsen l'animale morto, se è stato bravo e coraggioso. «Abbiamo dominato nel primo tempo — ha commentato Berggreen — poi il regalo di Jesper Olsen ci ha mandati in crisi. Eppure potevamo segnare in avvio di ripresa e forse per 5-1 avremmo vinto noi. Cosi è il calcio: le grandi imprese sono fatte dalle piccole cose-. Cosi è il calcio. Ma negli spogliatoi, nell'intervallo, a Jesper Olsen che si strappava i capelli i compagni si sono rivolti scherzando, gli hanno detto che era stato un magnifico passaggio. Atteggiamento giusto, in generale, il riflesso di una mentalità che non va scordata malgrado la sconfitta. Ma anche il segno premonitore della disfatta alle porte: in un Mundial l'allegria e il cuore non bastano. «In un Mundial conta l'intelligenza, vince 11 calcio di rimessa che è meno dispendio¬ po la disfatta con la Spagna, i lasciano il campo (Telefoto) so sul piano fisico — ha riconosciuto Berggreen —. Il gioco della Danimarca è troppo pericoloso, anche se noi conoscevamo i rischi fin dall'inizio. Ci siamo allenati due mesi a ritmi altissimi, difficile reggere cosi a lungo. Anche perché se vinci non senti la stanchezza e se perdi ti entra dentro tutta di un colpo. Un peccato perché questa poteva diventare la Danimarca più grande di tutti i tempi. Per me, per Laudrup, per Elkjaer, per noi danesi tutti». Le amare parole di Berggreen erano lo specchio di un sogno fuggito. La delusione e insieme la paura che il sogno sia presto dimenticato, come capita sovente all'alba ai poveri mortali. «Vorrei che il calcio mostrato dalla Danimarca fosse un esempio per gli altri — ha detto Elkjaer —. Perdere 2-1 o 5-1 non conta: la rabbia è che "jote vamp vincere e abbiamo buttato tutto al vento per stupidi errori». E Laudrup, il più avvilito di tutti, ha aggiunto con il dolore nel cuore: «E' incredibile, ci siamo derubati da soli: e la delusione brucia ancora di più perché rimango della convinzione che la Danimarca, malgrado tutto, sia la squadra più forte del Mundial». Afa si può essere tanto ingenui? Si può regalare un gol come ha fatto Jasper Olsen e sbagliarne un paio come ha fatto Elkjaer prima che si scatenasse la furia rossa spagnola? «LI abbiamo costretti a sbagliare — lia sorriso Miguel Gonzalez, detto Michel, ventitreenne centrocampistu del Real Madrid — è stato bravissimo Mufioz a mandare in campo Eloy nella ripresa, è stata grandissima la Spagna a sfruttare le debolezze altrui. Anzi è stata grandissima la Spagna e basta. Ma devo ammettere che sono rimasto sconcertato, piacevolmente s'intende, per come 1 danesi si sono aperti sul 3-1. Un suicidio tattico». Miguel Mufioz invece, con quel suo volto affilato da scaltro rapace (è lui il vero avvoltoio, non Butraguefio) ha fatto finta di non capire le domande. E quando ha dovuto rispondere, ha fatto finta che la colpa, delle sue parole incomprensibili, fosse del microfono e non della sua maniera di soffiarci dentro. Un vecchio trucco. Ma bisogna capirlo, Miguel Mufioz, che fino a ieri l'altro era messo in croce dala stampa spagnola e dalla croce è sceso da solo portandosi appresso un pezzo di cielo. . : !\ c, Co.