«Così ho pagato tangenti a socialisti e comunisti» di Angelo Conti

«Così ho pagato tangenti a socialisti e comunisti» «Così ho pagato tangenti a socialisti e comunisti» •Ho pagato tangenti a comunisti e socialisti per avere lavoro dallo /acp». Un Imprenditore torinese, settore infissi, lo ha spiegato nei giorni scorsi, con dovizia di particolari, alla dottoressa Caminiti. Ieri ha ripetuto 11 racconto al cronista, ripercorrendo le tappe del rapporto travagliato con «un gigantesco carrozzone, dove era più facile ricevere richieste di tangenti che non pagamenti per le opere eseguite». Preferisce mantenere l'anonimato -perché non amo pubblicità». La «storia» di questo ex artigiano, a capo di un'azienda con mezza dozzina di operai, parte nel '78. 'Cominciammo allora a lavorare con lo lacp. Piccole cose, ma senza sorprese: in più erano anche abbastanza puntuali nei pagamenti». Qualcosa cambia quattro anni dopo, quando alla vice-presidenza arriva Carlo Costanzo: 'C'erano in aria una serie di appalti per la manutenzione straordinaria quando proprio lui mi ha invitato nel suo ufficio di corso Dante. Mi ha spiegato che si trattava di un lavoro grosso e che ci sarebbe stato da guadagnare per tutti». La richiesta di tangente arriva qualche mese dopo: «Subito dopo aver fatto il primo contratto, da 45 milioni, Costanzo mi convoca una seconda volta e spiega che il suo partito avrebbe gradito una tangente del 10%». L'imprenditore resta sorpreso, poi decide di pagare: «C'era il miraggio dei lavori di manutenzione straordinaria». H pagamento avviene secondo una prassi precisa: »Mi ha telefonato l'ingegnere ricordando che stava aspettando. Io l'ho richiamato dopo un paio di giorni dicendogli che il denaro era pronto. Lui mi ha indicato un persona, qualificandola come funzionario del partito comunista, che passò il giorno successivo a ritirare la busta». A questo primo contratto di «manutenzione straordinaria» ne seguirono altri tre. per complessivi 300 milioni. «Afa non ho più pagato tangenti, su queste somme, perchè l'istituto tardava troppo a saldare i suoi debiti». Tangenti erano richieste anche per la manutenzione ordinaria. «Afa qui si cambiava partito e costava un po' di meno». Il meccanismo è comunque slmile: «A fine '82 venni convocata da Alessio presso la sede del centro culturale Salvemini, in via Assarotti 3. L'assessore spiegò che mi avrebbe messo in contatto con Carlo Bosco, ma che avrei dovuto versare il 7% al Boninsegni. Questi soldi sarebbero poi finiti nelle casse del partito socialista». Due tangenti per la manutenzione ordinaria vennero pagate direttamente al Boninsegni: »La prima volta cercai di evitarlo, spiegando che c'era uno dei soliti ritardi da parte dello lacp e che ero sema soldi. Boninsegni mi accompagnò dal vicepresidente e nel giro di un paio d'ore mi ritrovai con un assegno da 60 milioni in mano. Il giorno dopo, puntuale, si presentò il Boninsegni a pretendere il 7%: erano 4 milioni e 200 mila lire, ovviamente in contanti. Dovetti ripagare altri 2 milioni dopo qualche mese». Poi la piccola azienda entrò in una crisi di liquidità. «Andai da Bosco che mi spiegò che lui era dell'idee che prima di tutto bisognava aiutare le imprese a risolvere i loro problemi, poi si sarebbe discusso il resto». Ma il mancato pagamento delle tangenti portò in breve ad un drastico taglio delle commesse. Angelo Conti

Persone citate: Boninsegni, Caminiti, Carlo Bosco, Carlo Costanzo, Salvemini