E Benny invento il jazz da camera

E Benny invento il jazz da camera La morte di Goodman, il clarinettista che restituì agli Usa la voglia di cantare E Benny invento il jazz da camera Fece subito centro, riuscì a soppiantare Effington, Basie e tutti gli altri - Una musica dove il «buon gusto» prevaleva sulla spontaneità NEW YORK — Un maestro che ci ha insegnato a dare sempre U meglio di noi stessi: è questa la maniera più ricorrente in cui i musicisti americani amano ricordare Benny Goodman, morto l'altro giorno all'età di 77 anni. «Benny ha significato tantissimo per me, non solo come maestro ma come amico — dichiara Frank Sinatra —. Ho amato l'uomo, tutti in questo giorno abbiamo perso molto». Peggy Lee, che si è esibita con l'orchestra di Goodman per la prima volta nel 1941, pensò all'inizio che non gli piacesse il suo modo di cantare: «Aveva un aspetto preoccupato. Appresi poi che era uno del suol abituali atteggiamenti». Per 11 vibrafonista Lione! Hampton la scomparsa di Goodman rappresenta «una perdita tremenda» non solo per la musica ma per tutta l'umanità. Fra I meriti del musicista ricorda soprattutto quello di aver integrato per primo bianchi e neri nelle sue formazioni. Richard Stoltzman, da alcuni considerato l'erede di Goodman in campo classico, dichiara di aver Imparato dal musicista che «un'improvvisazione jazz ed un arpeggio di Mozart richiedono lo stesso impegno». I funerali di Benny Goodman si svolgeranno a Stamforfi, nel Connecticut Con la fine del Proibizionismo, 11 Jazz nel '33 faceva •crack» con quattro anni di ritardo sul resto dell'America e finiva in soffitta. Un brutto modo di elevarsi per una musica che di solito veniva suonata nelle cantine. Anche il gangsterismo da strada, ormai avviato verso un'organizzazione di tipo manageriale, cessava la sua funzione promozionale nel confronti di una musichetta corrotta e triviale, nata e vissuta negli «speakeasp*. L'America cambia colonna sonora. Il newdeal impostato dal presidente Roosevelt impone un'austerity che esclude l'effimero e prevede la grande rinascita economica di una nazione. Sugli schermi del cinema arriva l'ottimismo di Frank Capra con il volto rassicurante di Gary Cooper e intanto anche il jazz si organizza per stare a galla.. Il mercato discografico cerca e trova uno sbocco di sopravvivenza in un nuovo stile che ha mantenuto la vivacità del vecchio charleston ma è ora amplificata negli arrangiamenti per grande organi' co. Nasce cosi la big band e il nuovo corso si chiamerà • Era dello Swing-. L'America canta di nuovo. Il Gary Cooper del jazz si chiama Benny Goodman. E' un bel giovane dall'aria perbene e suona come un ossesso. Fa subito (o quasi subito) centro e riesce a soppiantare colleghi più im- portanti (e interessanti) come Duke Ellington. Count Basie. Jimmy Lunceford. tutti negri. SI all'edonismo ma -soft,,. L'era di Goodman si racchiude in dieci anni: dal '35 al '45. Saranno il be-bop di Charlie Parker e il new sound di Woocìy Herman e di Stan Kenton a chiudergli la porta in faccia. Sono dieci anni di dominio incontrastato. Nessun jazzman ha mai ottenuto (neppure Louis Armstrong) il successo conquistato da Goodman: concerti, dischi, tournées. la Carnegie Hall, il cinema, un'orchestra di tutte stelle: Gene Krupa, Teddy Wilson, Harry James, Llonel Hampton: un cognato che si chiama John Hammond, il più importante critico d'America. Il jazz di Benny Goodman appartiene a una corrente tipicamente bianca (come più tardi accade per un Dave Brubeck) dove la ricerca formale e il «buon gusto., prevalgono su quella spontaneità che invece caratterizza tutta la musica afroamericana. Nasce con Benny (quello dei tri! e dei quartetti e del sestetto con Charlie Christian) quel jazz da camera che riappare periodicamente all'orizzonte. Il medesimo fondamentale obiettivo culturale informerà poi le composizioni scritte da John Lewis per il «Modem Jazz Quartet». Con Ooodman siamo di fronte a un jazz artigianale come accade per un cinema hollywoodiano' nel quale i problemi della qualità e della cassetta sono imprescindibili e associati. Il-prodotto deve sottostare alle leggi che regolano li mercato, il «re del jazz» si rivela un eccellente regista e un formidabile uomo d'affari. Azzecca la formula e gU uomini giusti. Il suo'quartetto fa musica per tutti e trionfa in tutti gli Usa anticipando quel delirio collettivo che circonderà i Beatles degli Anni Sessanta. Solamente un conflitto mondiale ha limitato l'impronta di un successo che altrimenti avrebbe avuto ben altre dimensioni. In ogni caso bisogna distinguere 1 due volti di Benny Goodman. C'è un Goodman •gastronomico», ammiccante e un po' sbracato (quello della big band) e un Goodman in marsina (quello del piccoli complessi cameristici). B primo sviluppava un po' parassi tariamente un filone inaugurato dai jazzmen di colore che tuttavia gli erano di gran lunga superiori per invenzione ed eleganza (due nomi sono sufficienti: Baste ed Ellington); l'altro imponeva un nuovo modo di affrontare l'improvvisazione e l'organizzazione delle armonie (con le magiche dita del pianista Teddy Wilson). E' questo il Goodman che tutti ricordano e al quale il jazz deve molto. Con il suo clarinetto, con la batteria di Gene Krupa, il pianoforte di Wilson e poi con il vibrafono di Llonel Hampton (l'ultimo grande sopravvissuto di quell'era), Benny Goodman ha infatti lasciato una traccia (recuperabile in un'ampia discografia) che ha dato spettacolo e fatto scuola. Franco Mondin! Benny Goodman con Ella Fitzgerald duranti: un concetto in Germania nel luglio 1982

Luoghi citati: America, Connecticut, Germania, New York, Usa