La lunga favola del cantore cieco di Angela Bianchini

La lunga favola del cantore cieco BORGES, L'ULTIMO UMANISTA DEL NOSTRO TEMPO, ESPLORATORE DI ANTICHI MITI E POETA La lunga favola del cantore cieco Dall'infanzia privilegiata a Buenos Aires all'invenzione della mitica Biblioteca di Babele - Una vita che si sdoppia, tra specchi, sogni, labirinti, nella vita e nella morte - «Aleph», «L'artefice», «La Cifra»: le pietre miliari di un percorso di apologhi e di poesie, di finzione e di realtà Sulla soglia degli ottant'anni, Borges scrìsse un racconto in cui immaginava di morire quattro anni dopo: entrato in un albergo ben noto e salito in camera, «sul piccolo letto di ferro, più vecchio, dimagrito e molto pallido)», trovò se stesso, il suo doppio. Questi gli disse: «Che strano, siamo due e siamo la stessa persona. Ma nulla è strano nei sogni», e gli annunciò quando sarebbe morto: «Quando la tua veglia arriverà a questa notte, ne avrai compiuti ieri ottanlaqualtro. Oggi è il 25 agosto 1983». E, all'osservazione di Borges (che nel racconto aveva soltanto sessantun anni): «Tanti anni bisognerà aspettare», il doppio rispondeva «bruscamente»: «A me non manca più nulla. Posso morire in qualunque momento, posso perdermi in ciò che non so e continuo a sognare il doppio. Il faticato tema che mi diedero gli specchi e Stevenson». Oggi Borges è morto davvero opriamo che alla sua morte, prcannunciata in questo e in tanti altri racconti raggiunta sempre, e poi'rifug gita in una sorta di tango o mitonga riflessi in quel gioco di specchi che lo ossessionò fin dall'infanzia («lo mi ci accostavo e mi vedevo triplicato negli specchi, e sentivo la paura che quelle immagini non corrispon dessero esattamente a me, sentivo come sarebbe stato terrìbile vedermi diverso in una di esse»), ruotante, con gli specchi, i sogni, i libri, i labirinti, coltelli, le strade di Buenos Ai res nella notte ciclica della sua cecità e della sua opera, a questa scomparsa di Borges non eravamo affatto preparati. Direi che, negli ultimi tempi, l'avevamo addirittura dimenticata, assorbiti e affascinati dall'immagine, forse anch'essa sdoppiata (si trattava di Borges vero oppure del Borges attore di cui il poeta aveva tante volte parlato?) del signore anziano, ma attivissimo, che, viaggiando da un capo all'altro del mondo, da Madrid passando alla California o a Roma, rilasciava dichiarazioni ai giornali, alla televisione è concedeva interviste. E la nuova vitalità del poeta sembrò confermata, esattamente un mese fa, dall'annuncio delle nozze (seconde nozze, dopo un breve matrimonio con un'amica d'infanzia, avvenuto molti anni fa) con Maria Kodama. la giovane donna che l'accompagnava ovunque. Una coppia, quella di Borges e della Kodama, che era nuova e antica al tempo stesso: nuova per la modernità e la velocità degli spostamenti e dei mass-media, ma classica per la vicinanza di quel cantore cieco, l'ultimo umanista del nostro tempo, con l'esile spiritualità di una guida femminile. L'immagine di Borges vecchio, ricongiungendosi, nella mitologia ormai consolidata della sua vita, con quella del bambino precoce che divorava la biblioteca patema, sapeva scrivere a quattro anni, collezionava con la sorella Norah animali antidiluviani, ha quasi cancellato l'età di mezzo: ci sorprendiamo al ritrovare il Borges degli Anni Trenta e Quaranta nelle fotografie, di rado sorridente, un po' goffo e già maturo al confronto dell'eleganza dei suoi coetanei: Bioy Casares, Silvina Ocampo. la stessa sorella. Molto presto, per sua scelta, Borges sembrò raggiungere la galleria dei suoi stessi antenati, il colonnello Francisco Borges, la nonna inglese Fanny Haslam, e soprattutto la straordinaria madre Leonor Acevedo de Borges, morta quasi centenaria. Con lei Borges, salvo per il primo, anch'esso tardivo e sfortunato matrimonio, visse e si identificò sempre. Un'esistenza, quella di Borges, povera di avvenimenti e impegni politici e sociali, tutta tenuta, e in particolare dopo la caduta di Perón, nel 1955, sul filo dell'incarico di direttore della Biblioteca di Buenos Aimansione^ qmcsta,^che. Furila mente'^et^bblicèì «a finito per far tutt'uno, e a ragione, con quella del custode della immaginaria Biblioteca di Babele, oppure con il guardiano dei libri Hsiang, anch'egli cieco, e perciò incapace di arrivare ai volumi che non farà più in tempo a leggere: «Sono là nei loro alti palchetti I remoti e prossimi a un tempo, I visibili e segreti come gli astri». Densa, invece, questa esistenza di riconoscimenti e di onori internazionali, dal 1952 in poi, quando Roger Caillois 10 lanciò in Francia come scrittore fantastico (in Italia, a parte una menzione sulla Fiera Letteraria del 1927, fu scoperto, insieme a Ernesto Sàbato, da Paolo Vita Finzi negli Anni Trenta, e tradotto per la prima volta da Franco Lucentini nel 1955). e, soprattutto dopo il 1961. quando ricevette il Premio degli Editori, la fama di Borges non ha fatto che ampliarsi, sfiorando infinite volte 11 massimo onore del Premio Nobel, a lui certamente dovuto ma non accordatogli per motivi soprattutto politici. Ed eccoci dunque alla sua nascita, il 24 agosto 1899, a Buenos Aires, da famiglia criolla, con ascendenti inglesi e portoghesi, antenati militari in un Paese allora quasi deserto, poi progressisti e antimilitaristi in una nazione prospera. E di qui l'infanzia privilegiata nel quartiere Palermo, la conoscenza precoce dell'inglese e del casigliano, l'iniziazione alla letteratura. Disse Borges: «(Ebbi) l'intuizione che sarei diventato scrittore prima di aver scritto una sola riga». Il soggiorno in Spagna, dopo gli anni di Ginevra, è il solo a metterlo in contatto, a poco più di vent'anni, con l'avanguardia, Yultraismo in particolare poetico, ma appena tornato in patria riprende il cammino solitario: cammino di poeta, cosi come sarà soprattutto poeta in questi ultimi anni ma in una forma che tenderà sempre al classicismo, rijuperando, tuttavia, la metafora, eredità dell'avanguardia, in modo del tutto personale. Del resto, per quanto vicino ai movimenti argentini Proa e Martin Fieno, cosi come lo fu alla nobilissima rivista Sur di Victoria Ocampo, Borges, autore con Bioy Casares di racconti polizieschi e fantastici, rimane, per lunghi anni, «praticamente invisibile, non soltanto all'estero, ma in patria». Si può prendere Finzioni del 1944 e il più celebre Aleph del 1949 per il punto di partenza del racconto fantastico che oggi, in modo forse troppo semplificato, si identifica con tutto l'universo borgesiano. Ciò dipende, in parte, dall'universalità a cui tende appunto ogni racconto, racchiuso in se stesso e tuttavia continuamente rinnovato, e dalla meraviglia e ammirazione che suscita per la sua stessa costruzione. «Sorpresa, perplessità, fonte di sconfitte, e qualche volta, sto per mentire, di felicità»: tale, per sua ammissione, è il mondo, per Borges, il quale, tuttavia, ha sempre confessato di non possedere alcuna teoria del mondo stesso. Ma qui, appunto, sta la sua originalità. Alla radice dell'arte di Borges vi è un enigma, che può essere quello del mondo o quello della letteratura o della ^produzione testuale». Quel che conta è che universo e letteratura si equivalgono; infatti, nella biblioteca di Babele tutti i libri sono scritti con segni uguali, eppure nessuno e identico a un altro perché pressoché infinito è il numero delle combinazioni. Tutto, dunque, può essere vero e falso, «tutto... il commentario di cotesto vangelo, il commentario del commentario di cotesto vangelo, la redazione veridica della tua morte». E, tuttavia, di questo enigma il poeta, anzi l'uomo, è sempre tentato di cogliere i riflessi in simboli che sono sempre uguali: il sogno, il doppio, il labirinto, i coltelli, gli specchi, i giardini. E la qualità del racconto borgesiano è tale, poi, e qui sta la sua grandezza, da offrire al lettore il senso dell'infinito, ma non dello sgomento: di una chiave, piuttosto, che almeno momentaneamente funzioni, di un sogno, forse non sognato, ma condiviso, di una strada da percorrere, anche se non esiste. Su Borges si sono addensate le critiche di natura politica, per il suo innato reazionarismo e soprattutto per quel che è stato chiamato un <'bastian contrarismo» che lo ha sempre indotto a compiere scelte erronee e passi falsi. Quanto al dibattito sulla sua cargentinità» o meno, è assai meno lecito, perché proprio nella sua eredità criolla stava l'ambivalenza verso la patria e l'Europa, verso gli Stati Uniti e Israele, verso il mondo germanico e quello spagnolo: la sua stessa straordinaria ricchezza, insomma. L'opera di Borges, di questo grandissimo artista del nostro secolo, è fatta per offrire continue, impensate e diverse prospettive. E una delle più affascinanti e struggenti, almeno per chi scrive, è la nfondazione e il ritrovamento del mondo medievale romanzo, attraverso le tre grandi civiltà che, per alcuni magici secoli, convissero in quella Spagna che Borges in realtà non dimenticò mai. E* un'immagine che si trova un po' dappertutto, ovunque teista la figura dell'antico saggio, da Averroè a Baruch Spinoza. E ha una pregnanza definitiva nel vecchio poeta che cammina per la «terra di Cast-glia»: «Una memoria / balugina di cosa die fu tua I e si spegne. Il pallido capo chini e triste prosegui il tuo cammino, I e non ricordi il verso che scrivesti: I Y su epitafto la sangrienta luna». Angela Bianchini U tìi Una tìpica espressione di Jorge Luis Borges: «A me non manca più nulla. Posso morire in qualunque momento». (Foto Agf)