Ragazzo, metti le ali vola sui tetti di Roma

Ragazzo, metti le ali vola sui tetti di Roma PRIME FILM: «Giovanni Senzapensieri» di Colli Ragazzo, metti le ali vola sui tetti di Roma GIOVANNI SENZAPENSIERI di Marco Colli con Eleonora Giorgi, Sergio Castellino, Franco Fabrizi, Luigi De Filippo, Alessandro Fersen. Fotografia di Emilio Sestetti. Produzione italiana a colori. Commedia fantastica. Cinema Riti di Torino. Marco Colli è un debuttante di 35 anni, è intelligente e ironico, è nato a Firenze in buona famiglia intellettuale (figlio di Giorgio Colli), ha fatto una lunga esperienza in teatro, come attore e regista. Bisognerebbe ascoltare dalla sua voce, adagiata in un elegante sarcasmo, la storia di come nacque la vocazione per il cinema: faceva il morto sul palcoscenico in una commedia di Lope de Vega, era la centoventesimo volta e la faccenda durava ogni volta quasi un atto intero; allora decise che col teatro aveva chiuso. Fece molti lavori nel cinema, anche lo sceneggiatore (per Orsini, Rosati) e l'aiuto regista (Amelio, Cottafavi). Quando chiedeva ai produttori di dirigere un film gli dicevano: «Prima fanne uno, poi vedremo». Finalmente l'uscita dal giro vizioso (che ingoia tanti ingegni) con il produttore pubblico, il Luce-I talnoleggio, e il primo film Giovanni Senzapensieri, invitato quest'anno alla Quindicina di Cannes. Era inevitabile che una intelligenza elegante, troppo a lungo repressa, cadesse nella trappola del piccolo film-manifesto, del film-ragnatela, nella favola, per dire il proprio dispetto verso il mondo. Cioè, un racconto lieve lieve che si consuma come una prova di danza, sema promettere una sfida d'autore, soltanto una fuga ironica. Si tratta dell'ultimo erede dei duchi di Cantelmo; vive sfaccendato, sognatore e po- vero nel suo palazzo romano abbondantemente ipotecato, appunto Senzapensieri, libero di innamorarsi della vicina Eleonora Giorgi, di chiacchierare col droghiere, di leggere le vecchie carte di un suo antenato amico di Leonardo. La Giorgi, ex maga ed ex ladra, diva in sospeso, forse depositata nel film dalla scopa di Castellano e Pipalo, ha mantenuto il carattere pratico, pensa che con i vecchi codici si possono fare i soldi; Giovanni crede invece che quella traccia dei sogni leonardeschi, delle macchine volanti, meriti di essere realizzata contro la meschinità circostante. Costruirà un paio d'ali leonardesche e volerà finalmente sui tetti, volerà via, simbolo magari di una generazione che gentilmente «non ci sta*. A Cannes pensavamo, mentre Giovanni, invisibile, volava radente sui tetti di Roma e sugli spettatori della Quinzaine: ma come? Ancora la metafora del volo, dopo Altman, Tanner, Parker? Ancora il sogno del volo nell'epoca del volo, dei jet e degli alianti? Ma si capisce che non era una ribellione alla metafora, era un'obiezione alla fragilità. Però sembra che il fondo sincero di Colli abbia prevalso in Francia sulle riserve e i critici francesi hanno lodato ampiamente il sapore di favola. Cosi anche il nostro cortese, ma fermo, disaccordo è in qualche modo riequilibrato e la verifica ■magari rimandata all'opera seconda, se Giovanni ritoccherà terra. 8> r^ nzapensien» l l d ld di i

Luoghi citati: Cannes, Firenze, Francia, Roma, Torino