Nella nuova frontiera del cuore di Renato Rizzo

Nella nuova frontiera del «nere Anche il Centro di Cardiochirurgia torinese presto abilitato ai trapianti Nella nuova frontiera del «nere Finora il carico di lavoro impediva ulteriori impegni • L'autorizzazione del Ministero potrebbe giungere entro l'estate Con l'Inizio del prossimo anno anche Torino entrerà, probabilmente, tra i poli della «nuove frontiera' della cardiochirurgia italiana i cui confini scio stati tracciati l'il novembre '85 con la legge che autorizza i trapianti di cuore: il centro di cardiochirurgia dell'Università diretto dal prof. Mario Morea potrebbe essere aggiunto agli 8 attualmente «abilitati» dal ministero della Sanità a compiere operazioni di questo tipo. Sarebbe un riconoscimento per il centro che. secondo le statistiche, è il quarto in Italia, dopo Milano. Roma e Padova, quanto a numero annuale d'interventi: 670 nell'84. circa 700 nell'85. Al prof. Luigi Donato, coordinatore del progetto nazionale trapianti, in questi giorni a Oargnano sul Garda dov'è riunito a convegno il Gotha della cardiochirurgia italiana, domandiamo come mai, sino ad ora, Torino è stata esclusa dal numero dei centri autorizzati ad impiantare nuovi cuori. •In realtà, si tratta d'una sorta di responsabilissima autoesclusione. Il Centro di Torino è l'unico della regione e deve far, quindi, fronte' ad una massa imponente di interventi. Questo "carico" unito, magari, a "vecchie feri te non ancora rimarginate" gli impedirebbe di dedicarsi con l'adeguata attenzione al problema trapianti*. L'imminente apertura d'un nuovo centro di cardiochirur già a Novara, fra 3-4 mesi dovrebbe alleggerire il peso su quello torinese e. paratie' lamente, consentirgli di rientrare ira i poli del «New Deal- dei trapianti. Prof. Morea, questa «autoesclusione» ha provocato qualche frustrazione, al di là della consapevolezza che, viste le necessità oggettive, non si poteva fare altrimenti? fc w a «Assolutamente no. Essere fra i primi quattro centri di cardiochirurgia italiani è un riconoscimento che compensa i nostri sacrifici. Comunque, oggi che Novara s'appresta a diventare una realtà e, nel futuro della cardiochirurgia piemontese, si delinea anche l'ipotesi di realizzare un nuovo centro ad Alessandria, possiamo responsabilmente chiedere al ministero della Sanità, di consentire trapianti di cuore anche a Torino». Questa «dichiarazione di disponibilità» è già stata inoltrata. In un trapianto cardiaco il momento chirurgico è solo l'anello d'una lunga catena: al buon esito dell'intervento, infatti, contribuiscono In modo determinante cardiologi, nefrologi, patologi, infettivologi, immunologi, rianimatori che devono seguire il paziente prima, durante e dopo l'operazione vera e propria. Ciò significa medici, paramedici, sale operatorie e di rianimazione, un problema di qualità e di quantità». Prof. Morea. Torino offre, sotto questo aspetto scientifico e strutturale, sufficienti garanzie? Decisamente sì. Quanto alle strutture poi, ricordo che, durante la risistemazione del Centro, si è tenuto conto di tali eventualità future. Le sale di rianimazione, ad esempio, sono 2: la prima, di 8 letti, potrebbe continuare a funzionare per i normali interventi; la seconda, di 2. verrebbe riservata ai trapiantati». Senza precorrere i tempi, si può ipotizzare quanti trapianti di cuore potrebbero essere compiuti in un anno a Torino? «Penso che non dovremmo discostarci dalla media attuale dei vari centri italiani che. oggi, è di 12-13 interventi ogni 12 mesi». Renato Rizzo

Persone citate: Luigi Donato, Mario Morea, Morea