La Francia aspetta ancora il vero Platini

La Franila aspetta ancora il vero Platini I nostri rivali non lo ammettono, ma il loro rendimento è legato a filo doppio a quello del bianconero La Franila aspetta ancora il vero Platini E' il centrocampo il settore più valido dei transalpini, ma se il re Michel non va alla guerra, i suoi generali cosa faranno? DAL NOSTRO INVIATO LEON — Il segreto della Francia è come quello di Pulcinella, ed è inutile far finta di scoprirlo quando tutti lo sanno. Il segreto della Francia si chiama Platini. A sentir loro, i francesi dico, sembra che il calcio l'abbia inventato Napoleone e che a raccontarlo per primo sia stato Victor Hugo. Perché dunque dovrebbero ammettere, sempre i francesi, che i patril destini mundial dipendono in gran parte dal rendimento di un uomo, che sta peraltro in Italia, più che dallo spirito di un gruppo che marcia forte e unito alla meta al suono della Marsigliese? Abbiamo visto tutte le partite della Francia, finora, e non abbiamo difficoltà a riconoscere che si tratta di una buona squadra e soprattutto di una squadra scaltra tatticamente e in costante crescita di condizione. E' la pura verità. Specie a centrocampo, dove i nostri futuri avversari | giocano a tratti un calcio agi¬ le e svelto, preciso, intelligente, profondo. Ma questo è il secondo segreto di Pulcinella dal momento che tutti, alla vigilia del Mundial, indicavano nel centrocampo l'arma vincente della nazionale di Francia. Tigana, Giresse, Platini e Fernandez, in ordine di spiegamento in campo, da destra a sinistra, erano e restano i punti di forza della squadra. Però ci sia lecito esprimere una serie di piccole considerazioni, che in ogni caso non vanno intese come critiche ad Henri Michel o come suggerimenti a Enzo Bearzot, il quale fra l'altro deve aver avuto il suo bravo e completo rapporto da Azeglio Vicini, presente alle partite giocate dalla Francia contro Unione Sovietica e Ungheria. Prima considerazione, che è poi la più importante e che spiega in un certo senso tutte le altre: Michel Platini non è ancora al massimo della forma. Ci sta arrivando a gradi, forse a fatica, sicuramente con grande sforzo mentale, se dobbiamo credere a quel che abbiamo visto e a quel che lia detto Michel Hidalgo, il quale più di ogni altro conosce la grandezza del giocatore e la psicologia dell'uomo. E se il re non va alla guerra, o resta in retrovia, anche i generali rimangono un po' disorientati pur essendo esperti di tattica e strategia. Questo ci è parso di capire, della Francia, sorvolando sull'ovvia valutazione che una squadra è sempre migliore quando c'è qualcuno che inventa, come appunto sa fare il grande Michel. L'incontro d'esordio con il Canada non ha offerto per la verità materia di studio. C'erano fatiche da smaltire, ruggini da eliminare, condizioni ambientali da sperimentare, energie nervose da ritrovare. La Francia non ha giocato bene. Platini neppure, il famoso centrocampo ha fatto cilecca e di buono c'è stato solo il risultato. Ma la sfida con l'Unione Sovietica, più che la mezza passeggiata con l'Ungheria, ha dato una chiara chiave di interpretazione. La Francia ha scelto la cautela al posto della spavalderia, ha deciso di affidarsi al vecchio caro gioco di rimessa piuttosto che affrontare i sovietici in campo aperto e in larghi spazi. La qual cosa, a nostro avviso, sta a indicare due verità: che l'esemplo del nostro calcio non è poi da buttare come i francesi amano far credere, e che la tattica dipende sempre dal valore degli uomini, siano essi avversari o compagni. Forse con Platini in giornata di grazia la Francia avrebbe giocato all'attacco, alla francese, ma proprio 11 fatto che abbia giocato di rimessa, all'italiana, sta a significare quanto e come la Francia, lo voglia o no, affidi le sue sorti alla forma del suo re. C'è da dire, però, che le tre partite di qualificazione hanno permesso ad Henri Michel di mettere perfettamente a punto, se non il meccanismo, almeno gli uomini che difenderanno contro l'Italia campione del Mondo l'onore della Francia campione d'Europa. Carlo Coscia