A cena col cardinale

A cena col cardinale FOGLI DI BLOC-NOTES A cena col cardinale SIAMO nei giorni dominati dalla nuova enciclica di papa Giovanni Paolo II, Domitìum et vivificavi lem: la voce popolare attribuisce al cardinale Ratzinger, il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il cusrode inflessibile dell'ortodossia, il «pentito del Concilio», cosi lo chiamano i maligni, un'influenza decisiva in queste pagine (quasi centoquaranta, costruite intorno a una raccolta puntigliosa ricca di citazioni ' dell'Antico e del Nuovo Testamento: cosi diversa da quell'enciclica scabra di un anno fa ' sui santi evangelizzatori Grillo e Mctodio). Domando al cardinale Rat. zinger il suo giudizio sull'enciclica. «Non l'ho ancora letta; il Santo Padre mi ha chiesto un ùarere». Ho capito tutto. Ratzinger e un «bavarese» tutto di un pezzo. E' stato per anni cardinale di Monaco. Ha ' l'orgoglio di ricordare il periodo in cui Eugenio Pacelli fu Nunzio a Monaco. Un bavare' se non può essere mai confuso con un tedesco puro e semplice. C'è sempre qualcosa di pc culiare, di inconfondibile, j E' un pastore, ma anche un professore, professore d'università. Ricorda con commozione il momento in cui, nominato arcivescovo, divento incompatibile con l'insegnamento (niente di comune con papa Wojtyla, che non è stato mai universitario, che ha insegnato nelle scuole cattoliche della Polonia, cosi diverse, nonostante la vicinanza geografica, dagli atenei tedeschi). Il discorso con il cardinale torna ai tempi del Concordato bavarese negoziato dal futuro Pio XII. E poi del Concordato con Hitler del 1933. «E' un argomento oggetto di tante triti, cke in Germania, mi confida il , cardinale, ma è casi difficile giudicare rispetto a quei tempi». Ricordo a Ratzinger le carte di Pastor, lo storico-amba; sciatore di Vienna presso Vaticano dopo la prima guerra mondiale pubblicate da Frie; drich Engel-Janosi nel: Valica| no fra fascismo e nazismo.' E ri \ cordo quelle testimonianze sul . rigore concordatario del furino Pio XII pari all'intuizione lu cidissima della devastazione nazista, prima di ogni altro. . Historia concordatorum Ustoria dolorum. Il cardinale raccoglie lo spunto. «Certamente il mondo cattolico ebbe nell'avvento del nazismo responsabilità molto minori del mondo protestante. Basta guardare, mi ricorda Ratzin ger, la carta delle elezioni che portarono Hitler al potere nel '33. Tutte le regioni protestanti qli dettero la maggioranza asso, luta e talvolta plebiscitaria. Le regioni cattoliche videro dovunque il nazismo in minoranza. La Chiesa cattolica era rimasta la più impermeabile alla morale di potenza e di sopraffazione del nazionalsocialismo, nonostante \ %li errori della Ripubblica di Weimar, nonostante gli errori della sinistra». Insiste sulla profonda differenza fra fascismo e nazismo. Ricorda quanto la sede arcivescovile di Monaco abbia contribuito ad arginare l'espansio• ne hitleriana. «Von Paperi non era bavarese»: aggiunge con riferimento esplicito al massimo negoziatore del Concordato fra la Santa Sede e Hitler. Ratzinger è considera co, un po' a ragione e un po' a torto, il padre della «restaurazione post-conciliare». Sari perché la : sua congregazione corrisponde a quello che una volta era il Sant'Uffizio, ancora ai tempi del cardinale Ottaviani (ricordo la profonda emozione che la scomunica dei comunisti suscitò nel luglio 1949: fu il motivo determinante che mi spinse a scrivere II Papato socialista). In realtà proprio perché partecipe della grande svolta conciliare, Ratzinger sembra dominato dall'ossessione di fissare taluni varchi insuperabili a possibili deviazioni o degenerazioni conciliari. Bersaglio preferito: la «teologia della liberazione». E' il tema dominante del nostro incontro. Riconosce, il cardinale, che il movimento è nato prevalentemente in Sud America. Lo collega a Torres, ma solo come preludio lontano, come anticipazione. Insiste su Gutierrez e sull'influenza che egli ha avuto nel Perù, anche se oggi la posizione del teologo indio è più moderata. Soprattutto il suo dente batte sul Nicaragua. Quei tre preti che stanno nel governo del Nicaragua ap¬ prpladrndsxtncdcnucslNsMgNdnsncmd paiono a questo campione del rigore cattolico una vera c propria provocazione. Il suo linguaggio sul Nicaragua (e anche sul Salvador) è di una durezza che potrebbe strappare un sorriso a Reagan. Domando al cardinale: ma nei movimenti della teologia della liberazione prevale l'ansia politica' di apertura al marxismo o prevale la componente di revisione religiosa immanente alla tormentata dialettica della vita ecclesiastica? «E' difficile rispondere, mi dice il cardinale, le due cose si intrecciano in modo inestricabile. Ci un'interpretazione del Vangelo che è collegata alla storia, al passaggio naia storia dal'regno della necessità al regno della libertà. Nei teologi della liberazione si sente l'influenza del primo Marx, • del Marx degli scritti giovanili dominati da Hegel Non II Capitale ni le opere tarde di Marx. E c'è una contaminazione fra i temi dell'evoluzione storicistica e quelli della redenzione evangelica». «Il concetto biblico del povero consente la confusione fra l'immagine religiosa della storia e la dialettica marxista». E' un pun to fermo di Ratzinger che ri fiuta il pauperismo fine a se stesso. «Eppure ci sono in Sud America case editrici cattoliche che insistono sempre e'solo su questo tasto: i poveri contro i ricchi, la povertà come strumento della redenzione». Il cardinale mi descrive, con una precisione di riferimenti che mi colpisce, la mappa della dissidenza cartoli ca oggi contenuta. Fortissima nel Nicaragua, meno nel Salvador. Isole potenti nel Messico. Attenuata l'influenza nel Perù nonostante Gutierrez. Quasi immune l'Argentina («ilperché è semplice: si tratta d( un Paese di integrale formazione europea: il clero risente delle stesse vibrazioni, per eempio, del clero italiano»). «Completamente diverso è il caso del Brasile. Il Brasile, insiste il cardinale, non è una nazione. E' un continente. In quel continente, iras alimenti, c- vibrazioni della teologia detta, liberazione si sono, fatti.sentire, E continuano a farsi sentire». Ancora diverso è il caso del Ole. «La lotta contro Pinochet torta a risvegliare fremiti di quella teologia. La parola "liberazione" assume un altro valore. Avviene sempre così, quando si tratta di combattere contro un dittatore». Nonostante talune attenuazioni degli ultimi tempi, si avverte nel cardinale Ratzinger la decisione di continuare la lotta. Quella lotta che domina tutti i suoi libri, che si riflette nei movimenti del laicato cattolico anche in Italia. Ratzinger, il progressista di ieri, è oggi il punto di riferimento di «Comunione e liberazione». Il discorso cade sulle vocazioni sacerdotali: «In Germania c'è una ripresa: lenta contrastata ma ripresa. In Italia la situazione si differenzia fra regione e regione: ho buone notizie da Roma. Nel seminario maggiore di Roma ci sono per esempio ottanta allievi, che provengono da questa provincia. E' un numero molto alto rispetto alpassato». In Francia non e così. Nonostante l'opera instancabile dell'arcivescovo di Parigi, il cardinale Lustiger. «Uri ebreo polacco, convertito di ferro» commenta Ratzinger. u lì N monsignore vaticano mi dice che in questo momento tutto si può citare tranne la Gaudium et spes, la costituzione del Concilio. Penso che, per averla citata, Monticone, il mio amico e collega già presidente dell'Azione Cattolica, è stato quasi dichiarato in sospetto di eresia. NCONTRO padre Luigi Giussani, il vero ispiratore e animatore di «Comunione e Liberazione». «Da quanti anni non la vedo?». Me lo chiarisce lui stesso: «Dall'agosto 1981 quando lei venne a Rimini al meeting di Comunione e Liberazione, al primo». E' vero: seno stato il primo laico intervenuto a un meeting di «Comunione' e Liberazione», allora ai suoi albori (e poi come presidente del Consiglio). Sono sempre rimasto colpi to dalla potenza di quel movi mento. Non sono mai ricorso ai facili esorcismi di un certo laicismo pregiudizialista che si rifiuta di capire. La storia del laicato cattolico è molto più complessa e tormentata oggi di trenta o quarantanni fa. Quando presi contatto con «Comunione e Liberazione», in quella fine di agosto '81 capii quanto fossero lontani tcnipPdi De Gasperi? Con don Giussani rievocoquella giornata: attribuisco il' consenso dei giovani cattolici all'essermi presentato in modo franco come un laico, erede di una certa civiltà illuministica. Il massimo applauso mi giunse quando dissi: «Machiavelli, il mio Machiavelli». E fu applaudito anche Voltaire. Allorché citai l'Europa cristiana. E l'Europa della ragione. L'Europe raisonnable. Giovanni Spadolini