Emergenza davvero finita

Emergenza davvero finita Secondo l'Ente nazionale energia atomica allarmismi infondati Emergenza davvero finita «Ingiustificati» i recenti provvedimenti restrittivi presi da Regioni e Comuni - Dall'Istituto superiore di Sanità giunge invece qualche preoccupazione per gli «standard di sicurezza» nelle nostre centrali ROMA — L'allarme è finito, l'allarmismo no. Infondati i timori suscitati dallo sciame radioattivo; immotivati i provvedimenti con i quali Regioni e Comuni hanno ripristinato l'emergenza; strumentale, e forse «ispirata» dalla lobby del carbone e del petrolio, l'accusa di falsare i dati mossa all'Ente nazionale energia atomica. E' la difesa del vertice dell'Enea, sceso In campo ieri, con una polemica e inusuale conferenza stampa, per rispondere alle contestazioni dei «verdi», ai dubbi della magistratura e in un certo senso anche a quel partiti, dalla de al pei, che nelle mozioni illustrate ieri in Parlamento lamentano l'inadeguatezza delle informazioni fornite dopo l'arrivo della nube atomica sull'Italia. Mentre in Senato è imminente la conclusione del dibattito sul nucleare, l'Enea risponde ai suoi contestatori con una relazione {-Incidente di Cernobil, conseguenze radiologiche in Italia.) che attesta il lavoro dell'ente e rap¬ presenta anche un bilancio in qualche modo definitivo del maggio «radioattivo». Sulla base di centomila misurazioni, l'Enea afferma che •nessun individuo della popolazione italiana è stato mai esposto a pericoli di danni immediati, perché anche nelle peggiori condizioni verificatesi e senza il rispetto dei provvedimenti restrittivi sui consumi di latte e vegetali le dosi potenziali che hanno interessato la popolazione a livello individuale sono valutate oltre cento volte inferiori a quelle suscettibili di danni somatici immediati o tardi.. La dose media di radioattività assorbita per individuo è stata di 160 mlllirem (360 al Nord. 90 al Centro, 30 al Sud), equivalente alla dose media di un anno prodotta dalla radioattività naturale: 150 mlllirem, con oscillazioni dai 70 ai 250. A livelli cosi bassi sarebbe addirittura impossibile quantificare l'ipotetico danno futuro. Ma se si volesse tentare una previsione, assumendo l'ipotesi neppure cer¬ ta che vi saranno conseguenze epidemiologiche, secondo l'Enea nel prossimi 35 anni ci si potrà attendere dai 30 ai 40 casi.di tumore alla tiroide in più rispetto al 21 mila previsti. L'ordinanza di Degan, che pure all'inizio aveva suscitato perplessità tra alcuni esperti dell'ente, secondo l'Enea ha ridotto di tre volte la dose media collettiva assorbita dalla popolazione, e di dieci volte la dose assorbita da lattanti e bambini, i soggetti più esposti al rischio derivato dallo iodio 131. Si tratta comunque di medie: e i famosi «picchi», quei dati che sembrano cosi atipici e incongrui? L'Enea li spiega con le precipitazioni atmosferiche: «Una pioggia di 10 millimetri in una certa zona può far aumentare di 1000 volte il deposito al suolo rispetto ad una zona limitrofa dove non ha piovuto». Di conseguenza «in alcune zone Hate dell'Italia settentrionale la deposizione al suolo di iodio 131 e cesio 137 è stata localmente da 3 a 10 volte maggiore» del valori medi In quell'area geografica. La dose assorbita sarebbe aumentata nella stessa proporzione senza 1 divieti relativi ad alcuni alimenti. L'Enea comunque sostiene che queste fluttuazioni non comportano rischi maggiori per gli abitanti di particolari zone: ai «picchi» non corrisponderebbe un aumento del pericolo potenziale, dato che questo è determinato dall'estensione del fenomeno e dal numero delle persone coinvolte. Anche per questo motivo l'Enea è scettico sui provvedimenti adottati da Regioni e Comuni, che sarebbero privi di senso. Invece che vietare la somministrazione di latte ovino e caprino, osserva l'ingegner Susanna, si potrebbe diluire quel prodotto con latte proveniente da zone non contaminate, abbassando il tasso di radioattività. Del tutto inutili, poi, le ventilate stragi di conigli della Brìanza, dato che dopo alcune set¬ timane la concentrazione di isotopi nelle loro carni si dimezza. Assai dubbio, infine, che le ciliegie trentine siano cosi cariche di radioattività da dover essere vietate. Meno rassicuranti le parole di Eugenio Tabet, direttore del laboratorio di fisica dell'Istituto superiore della sanità. Ascoltato ieri alla Camera dalle commissioni Industria e Sanità, Tabet ha detto che per non avere una Cemobll in casa nostra è necessario •ripensare al più presto i piani di emergenza e gli standard di sicureza delle centrali nucleari italiane.. Tabet ha ricordato che fin dal 1975 l'Istituto superiore di sanità avverti che 11 rischio non deriva da normali scariche durante l'esercizio, ma •dai grandi incidenti e dalla grande difficoltà di padroneggiarli.. Nel dibattito sul nucleare cominciato ieri al senato 11 pei ha chiesto, oltre alla chiusura della centrale di Latina, anche la sospensione della costruzione di nuove centrali, in particolare quella di Trino. g. r.

Persone citate: Degan, Eugenio Tabet, Tabet

Luoghi citati: Italia, Latina, Roma, Trino