Calcio da boscaioli nerboruti
Calcio da boscaiolo nerboruti IL MUNDIAL IN POLTRONA di Luigi Firpo Calcio da boscaiolo nerboruti Ripesco dai ricordi del ginnasio la tavoletta di Fedro: Mons parturibat... La montagna strillava nelle doglie, ma finì per partorire un topolino. Forse è presto per pretendere di trarre conclusioni generali, ma la sensazione d'insieme che si coglie dagli spettacoli cui stiamo assistendo sul video è di grigiore e di stanchezza. Unica eccezione la grande prova offerta dai sovietici nel primo incontro ai danni di un'Ungheria cieca e stordita: un calcio rapido e ficcante, giocato a memoria da atleti in splendida forma fi' sica, ma che alla seconda sortita si è inceppato di fronte ad una Francia non meno solida e più estrosa. Per il resto, una diffusa durezza, la legge del -primo non perdere-, scontri sul filo del regolamento, una menta¬ lità distruttiva da boscaiolo nerboruto. Se risulta un gioco frammentario, pratico ma inelegante, fonte di noia e irritazione per gli spettatori vicini e lontani. Malgrado la grande orchestrazione organizzativa e l'etere invaso dai messaggi televisivi, si respira un'aria di crisi e di artificio, un senso di forzatura. Le interruzioni troppo frequenti sul video ne sono un simbolo casuale ma inquietante. Gli stadi sono semideserti perché la gente non può pagarsi il biglietto; i poveri si assiepano, indifferenti, attorno ai grandi anelli cementizi dove si affrontano i nuovi gladiatori; la tecnologia elettronica si adegua alla fame dei primi e non ai miliardi dei secondi. Il gioco resta il più popolare del mondo, ma il calo delle presenze dovrebbe allar¬ mare tutti gli addetti ai lavori. In Inghilterra si è passati dai 25 milioni di spettatori del 19S0 ai 18 milioni dell'anno scorso. Dovunque nel mondo si continua a costruire stadi da 40 mila posti in su, ma la media degli spettatori non va oltre i diecimila. Ciò significa riduzione degli incassi e dovrebbe provocare, secondo regole economiche elementari, ■ la riduzione delle spese e delle ambizioni. Invece stipendi e ingaggi toccano vertici assurdi, i bilanci delle società cadono nel dissesto: il calcio diventa sempre piii uno spettacolo televisivo, ma ciò finisce per snaturarlo; il piccolo schermo non consente di percepire tocchi e finezze, manca il contatto quasi fisico tra il prato e gli spalti, il senso vivo della lotta, la smorfia, il grido l'esaltazione e la rabbia. Restano il tifo partigiano (conta vincere, non giocar bene) e la scommessa. Il totocalcio, con il suo massiccio prelievo fiscale, genera il totalizzatore privato clandestino; ma le somme ingenti in ballo provocano la velleità di pilotare i risultati, l'avidità truffaldina instaura la corruzione. Ma fino a quando la gente si appassionerà ad uno sport ridotto a pura recita, con prezzi alle stelle, divi strapagati, società in fallimento, risultati confezionati sottobanco e un residuo di agonismo non più dettato dalla sana volontà di vittoria ma solo dalia valorizzazione delle proprie doti in vista di più elevati ingaggi? Il senso di noia e di brutalità che gli spettacoli messicani ci offrono è forse un segnale d'allarme su cui occorre riflettere.
Persone citate: Luigi Firpo
Luoghi citati: Francia, Inghilterra, Mons, Ungheria
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