Anderson, cantastorie d'avanguardia

Anderson, cantastorie d'avanguardia Incontro con l'artista di Chicago che comincia stasera a Roma il tour italiano Anderson, cantastorie d'avanguardia ROMA — Laurle Anderson è tale e quale a Titti, Il piccolo uccello antagonista di Gatto Silvestro: stesso cluffetto spelacchiato in cima alla testa, stesso sguardo dolcemente sentimentale, stesso sorriso malizioso che sale all'insù, per le guance. A Roma per dare inizio alla tournée italiana che la porterà a girare il nostro Paese per dieci giorni di fila, Laurle Anderson, uno dei nomi più noti dell'avanguardia musicale statunitense, ha parlato ininterrottamente per oltre due ore in una confusa e accidentata conferenza stampa che ha finito per coinvolgerla più di quanto gli organizzatori si aspettassero Ospite del Teatro Olimpico stasera e domani, lo spettacolo di Laurie Anderson intitolato Naturai History è arrivato a Roma per iniziativa di Lisi Natoli di 'Spazio zero» con l'aiuto degli assessorati alla Cultura del Comune e della Provincia e l'appoggio del repubblicano Mauro Dutto, presidente dell'Endas. Tutti insieme hanno unito i loro sforzi e hanno concesso un vero teatro a Laurie Anderson, ai suoi 16 «ingegneri visivi», alle sue 3 voci soliste, al suo Tir, al suo autobus e al suo camion che trasportano il materiale di palcoscenico, convinti che solo in un teatro vero si può gustare fino in fondo uno spettacolo di Laurie Anderson. E pazienza se nessun incasso riuscirà mai a farli rientrare dei diecimila dollari secchi che viene a costare ogni sua serata: il prestigio di avere a Roma un'artista che, dopo il successo di O Superman, è riuscita a diventare un simbolo, vale qualunque sacrificio economico. Giacca bianca e pantaloni neri, una voce che è un filo o poco più. un modo di esprimersi che alle connessioni lo giche preferisce le libere associazioni, Laurie Anderson ha esordito ieri sera spiegando perché la chiamano «donna tecnologica». -E' un binomio, questo, che il pubblico mi ha cucito addosso perché uno dei luoghi comuni è che la donna non vada d'accordo conia tecnologia. Ovviamente, come molti luoghi comuni; una'sciocchezza. Che senso ha infatti dividere il mondo, tutto il mondo, in.maschile e femminile? In una mia canzone per esempio mi domando ironicamente se sia più virile una ananas o un lapis. Ma insomma, questa faccenda della donna tecnologica, mi è rimasta attaccata addosso, anche se io nei confronti della tecnologia ho un rapporto di odio-amore. Nei miei spettacoli la uso per insegnare a do- minarla ma nei miei spettacoli uso anche un violino per insegnare alla gente che da qualunque strumento antico può uscire una musica che sa parlare ai nostri cuori». Trentanove anni portati luminosamente, un diploma in scultura, una specializzazione in storia dell'arte egiziana, molta pratica del mondo delle performance newyorkesi che trionfavano dieci anni fa nelle gallerie d'arte intellettuali, Laurie Anderson è arrivata al successo soltanto tre anni fa, con quel bricolage elettronico che è O superman. Da allora ha inciso un paio di ellepl. A big Science e Heart-break, ha realizzato un'opera colossale di sette ore, United States, con cui sostiene di aver tracciato un ritratto del suo Paese, e adesso ha fatto anche un film, Home of the brave, con tanto di disco annesso, inciso per la Wea, e tanto di firme illustri chiamate a collaborare, compreso William Bourroughs, uno del massimi scrittori americani da sempre suo amico e suo partner. Dice Laurie Anderson: «Non credo che la mia sia la musica del futuro perché il bello del futuro è proprio che non se ne sa niente. Non cre¬ do neanche che la mia sia la musica del progresso perché il progresso, come scrive Walter Benjiamin, non è che la bufera che impedisce all'angelo della storia di mettere ordine nei fatti dell'umanità. Io sono solo una che ripropone oggi il mestiere più antico della vita: raccontare storie sulle quali la gente riesce a provare emozioni e a formulare riflessioni.. La cosa che più le place, spiega, è fare spettacoli: •L'arte è un prodotto che nasce solitario ma che per esistere ha bisogno di diventare collettivo». La cosa più difficile? «Far capire al pubblico che quello che faccio io oggi è stato fatto, molto meglio di me, da un'infinità di artisti. Mi viene in mente Goya che comunicava tanto con la sua pittura come con piccolissimi messaggi scritti inserii, dentro in sua pittura». La cosa per la quale si batte più fortemente? «Convincere l'umanità che esiste una enorme differenza tra la relazione che un individuo può stabilire con un oggetto, sia pure ad altqconienuto tecnologico, e la relazione che più stabilisce con una persona, sia pure non particolarmente dotata di intelligenza». Queste le date della tournée di Laurie Anderson: oggi e domani al Teatro Olimpico di Roma, il 6 giugno al Teatro Petruzzelli di Bari, 9-10 all'Auditoriun di Cagliari, 12 all'Auditorium di Pistola, 13 al Regio di Torino, 14 al Nazionale di Milano. Simonetta Robiony La chiamano «la donna tecnologica» ma lei rifiuta questa etichetta. Collabora da anni con lo scrittore Bourroughs. «La mia non è musica del futuro. Ripropongo il mestiere più antico della vita» Laurie Anderson: un rapporto di odio-amore con le tecnologie