Napoli, i forzati sommersi

Napoli, i forzati sommersi DIVARIO NORD-SUD: PROSPETTIVE DI UN FUTURO VICINO Napoli, i forzati sommersi Orti e fruiteti fastosi nelle campagne tra Nocera e il Vesuvio; agricoltura ad alto reddito nella valle del Sarno - Isole di povertà a Napoli e dintorni -198 mila giovani senza lavoro, ma quanti sono i disoccupati veri? - L'arte di arrangiarsi ha inventato mille lavori illegali: il 60 per cento del rione Sanità fa scarpe, guanti e abiti per famosi creatori di moda - Ecco i dati d'un mosaico di contrasti DAL NOSTRO INVIATO - NAPOLI — L'area napoletana, estesa da Caserta alle frange settentrionali iella provincia di Salerno (4 milioni di persone, un quinto dell'intero Mezzogiorno), è un grande mosaico di situazioni contrastanti. Qui sono imperative le riserve sulle diagnosi dei mali del Sud. Le campagne tra Nocera e le falde del Vesuvio offrono immagini fastose, meravigliano per la ricchezza degli orti e dei frutteti. Nella valle del Sarno i redditi dell'agricoltura toccano le punte più alte, il doppio della media regionale che supera di poco i 6 milioni prò capite (media nazionale 8S94.000 secondo il rapporto Svimez del 1984). Ma nella piana tra il Vesuvio e Napoli e nel grande se¬ micerchio urbanizzato attorno al capoluogo affiora un impasto informe di case, stabilimenti, ferrovie, svincoli autostradali, raffinerie. E' il paesaggio della densità estrema, con isole di povertà e di decadenza civile, con la percentuale più alta di mortalità infantile. La disoccupazione registrata dalle statistiche è allarmante: i giovani in cerca di lavoro sarebbero 198.000. Intanto nelle campagne e nei cantieri edili compaiono sempre più numerosi gli immigrati dal Nord Africa. •L'arte di arrangiarsi, che spiegherebbe la sopravvivenza In condizioni economiche disperate, non e più quella delle commedie dialettali. E" diventata un'industria sommersa», mi dicono alla Camera del lavoro. I personaggi coloriti del neorealismo ambientato nella Napoli milionaria appartengono ormai a una leggenda che si aggrappa a poche sopravvivenze. L'arte di arrangiarsi è diventata un fatto organico; sostiene l'economia dell'area attraverso le mille forme del lavoro illegale. Nel quartiere napoletano di Sant'Erasmo esistono concerie impiantate nelle abitazioni. Nel quartiere Sanità il 60 per cento della popolazione (ragazzini e ottantenni compresi) lavora in casa a produrre scarpe, guanti, capi di abbigliamento per conto di famosi creatori di moda. Il ministero del Lavoro ha fatto alcune stime, citate nel Quaderno numero 2 Cgil- Campania: 40.000 occupati 'sommersi' nella sola industria manifatturiera a Napoli, 426.000 in Campania, comprendendo i 'Cassintegrati' e i 'doppiolavoristi'. In linguaggio accettabile, chi ha due attività contemporaneamente. Il problema numero uno del Sud è la disoccupazione: lo ripetono i ministri e gli esperti che si occupano dei nuovi programmi di intervento straordinario dopo la chiusura teorica della Cassa del Mezzogiorno. Ma nell'area napoletana sorge il dubbio: quanti sono i disoccupati veri, quanti risultano tali pur avendo un lavoro, sia pure 'sommerso'? Secondo le statistiche ufficiali, in Campania le persone in cerca di lavoro erano 237.000 al censimento 1981, per il 20 per cento concentrate nella città di Napoli. Si tratterebbe dunque di 47.000 napoletani disoccupati e non di 130.000 o più come si ripete da anni. Dal 1981 a oggi il numero sarebbe salito, però le apparenze non indicano una più forte depressione. Il quadro socio-economico è molto diverso da quello di altre parti del Mezzogiorno dove l'industrializzazione è mancata o fallita. Pasquale Saraceno ha scritto sui Quaderni Svimez: «La situazione della Campania è atipica. Possiede un complesso di impianti che per dimensioni natura regge il confronto con quelli di aree industrialmente avanzate». Nel Casertano hanno più di 1000 addetti la Texas Instruments, l'Italtel (5000). la Indesit (5200), la Ote, con stabilimenti moderni e in qualche caso di avanguardia. A Napoli e dintorni ecco l'Italsider (7000 addetti), l'Aerltalia (5000), l'Italcantteri, le Officine Ferroviarie, la Olivetti, la Selenio, l'Alfasud (15.000). L'area attrezzata di Famigliano, d'Arco è satura. solò settore dell'abbioliamento conta in Campania 900 fabbriche con 35.000 occupati. All'Unione Industriali mi forniscono dati che confermano una diffusa capacita imprenditoriale: dal 1970 sono sorti 861 stabilimenti e soltanto 8 sono dovuti ali'iniziativa pubblica. Il tessuto industriale non è però equilibrato, con prevalenza di grandi aziende contrapposte a un pulviscolo di piccolissime. Il gigantismo e il nanismo tante volte deprecato da Francesco Compagna ai tempi di Nord e Sud, la rivista che ha segnato con la sua scomparsa il tramonto di un'epoca e di una forma di meridionalismo. Alcune grandi aziende sono sofferenti dalla nascita. Prima fra tutte l'Alfasud, creata con ambizioni e su premesse che si rivelarono sbagliate. La crisi della siderurgia è nota; le sorti dello stabilimento di Bagnoli rimangono incerte. L'ossatura esiste, va riorganizzata e potenziata ma non inventata da zero. E' questo il primo dato di fatto che distingue la Campania dal resto del Mezzogiorno in attesa di decollo. Secondo fatto, non meno importante: l'agricoltura delle vaste zone fertili, irrigate s favorite dal clima, è una ricchezza non soltanto potenziale. Pochi dati confermano l'immagine antichissima della Campania fellx: 80 per cento della produzione nazionale di pomodori pelati, 64 per cento della produzione di albicocche, 55 per cento di quella di tabacco, 30 per cento di quella di pesche. L''Operazione integrata Napoli; che risale al 1978, aveva affrontato in modo parziale il problema del riassetto urbano con una spesa prevista di solt 92 miliardi. Nel 1980 ci fu il terremoto. Aggravò lo stato dell'area napoletana ma fece scattare un piano di interventi straordinari che non, si limitava alle sole abitazioni. Grazie al contributo di urbanisti e architetti portatori di una seria cultura della città l'emergenza divenne occasione di rinascita civile. Il piano prevede quartieri dotati di asili, scuole, spazi verdi, parchi, campi da gioco, piscine, centri sociali. E' presto per valutare le realizzazioni in rapporto alle promesse e all'impegno teorico. E' però indubbio che il piano dei 20.000 alloggi (13.000 a Napoli, 7000 nei Comuni vicini) più i servizi sta dando i suoi frutti anche per l'occupazione. La Regione stima in 120.000 gli addetti alle opere edilizie e alle grandi infrastrutture, sommando quelle dei piani precedenti. Se è vero che l'intervento pubblico nel Mezzogiorno deve mirare subito ai posti di lavoro, le aree urbane più congestionate richiedono la precedenza. Per la complessità dei loro problemi e la ricchezza del loro patrimonio, ma anche perché sono i luoghi in cui possono moltiplicarsi le attività capaci di innescare il progresso tecnico e civile che è condizione per ridurre il divario NordSud. Divario innegabile e tuttora pesante come una colpa collettiva. Mario Fazio Napoli. Due sartine lavorano a casa: l'arte di arrangiarsi è diventata un'industria

Persone citate: Francesco Compagna, Mario Fazio, Nocera, Pasquale Saraceno