Hanno tradito il Risorgimento

Hanno tradito il Risorgimento Hanno tradito il Risorgimento L? ANTITESI metafisica , — o, più esattamente, «metanoli tlea» — che Filippo Burzio disegna, con la solita maestria e larghezza di interpretazione ideale, delle lotte odierne europee, come contrasto fra un senso mistico-religioso della vita e dell'universo, e uno razlonalistico-materialistico, ha in sé molto del vero ed è, comunque, illuminante e stimolan¬ te. A un patto, tuttavia, "che non si cada nella tentazione di identificare, puramente e semplicemente, l'uria o l'altra posizione metapolltlca con questo o quel partito, movimento o programma politico concreto. La verità è, che le due concezioni, le due opposte anime, lottano entro gli stessi partiti, gli stessi movimenti, gli stessi programmi, e, possiamo sinceramente aggiungere, entro gli stessi spiriti individuali; né chi parla più apertamente e decisamente In nome dell'ideale è sempre il meno affetto di •terrestrità». «Non omnia qui dicit Domine Domine intrabit in regnum coelonim.. Bisogna anche guardarsi, pare a me, di operare troppo facilmente la trasposizione dal plano della politica concreta a quello morale, e tanto più al metafisico. Vi sono contese politiche che rimangono veramente sul terreno della politica concreta, e nelle quali i contendenti sono divisi non da ideali divergenti, non da opposti principi morali, ma da diverse valutazioni del mezzi adatti, delle situazioni specifiche con i quali e nelle quali occorra tradurre in pratica quel principi e quegli ideali. E cosi, nel caso presente, io non trovo affatto che l'antitesi «religiosità-materialismo» possa essere applicata alla lotta odierna in Italia tra fautori della monarchia e fautori della repubblica. Questa lotta manca, nonché di uno sfondo metafisico, anche di un contrasto propriamente morale. Non vi si contrappongono neppure necessariamente due concezioni politiche opposte, due forme politiche purè. I monarchici ragionevoli non vogliono per l'Italia di domani un regime sostanzialmente differente da quello cui tendono i ragionevoli repubblicani. Io non so se i monarchi¬ ci ragionevoli siano la maggioranza: lo auguro, e lo spero. Posso dire con certezza morale, che la repubblica ragionevole è quella che assolutamente predomina nel campo repubblicano. Il dissenso è nel giudizio sui mezzi, nell'apprezzamento della situazione concreta italiana. Affermano gli uni che per ottenere un regime di libertà, di democrazia, di giustizia sociale, 11 meglio sia votare per la monarchia, cioè — diciamo noi, che amiamo porre la questione nel termini più concreti possibili — tenersi la dinastia dei Savoia. Ritengono gli altri che, dopo quanto è accaduto in Italia, dopo l'esperienza pluridecennale della monarchia fascista inquadrata in una visione generale dello svolgimento monarchico in Italia dalla fondazione del Regno — nulla ormai si possa costruire di stabile, di serio, di sano sulla monarchia sabauda (...). Ma l'amico Burzio — in perfetta coerenza con tutta la sua valutazione etico-politica della storia moderna d'Italia — crede. Invece, a un profondo fattore morale nella tesi monarchica. Egli fa appello a una tradizione secolare, anzi, millenaria, monarchica e dinastica: la tradizione, naturalmente, piemontese-sabauda. E qui io non negherò il valore morale, e anche politicamente concreto, della tradizione; né m'ingolferò in una difficile discussione sul rapporto fra questa — cui non si può certo attribuire un'assolutezza esclusiva — e gli altri valori politico-morali. Osserverò piuttosto, in sede storico-politica, che la tradizione secolare, morale, mistico-religiosa, cui fa appello U Burzio, è, se mai, una tradizione piemontese, non italiana. Né fra il Piemonte e l'Italia, nella formazione e nella struttura dello Stato nazionale unitario, può essere stabilita la stessa relazione di grandezza, di primazia che corse fra Prussia e Germania nei Reich bis marchiano (a tutto svantaggio, resto, della Germania). Lo Stato unitario italiano non deriva da uno svolgimento della tradizione piemontese sabauda, ma dall'Inserzione di questa tradizione nel processo nazionale del Risorgimento: e l'inserzione ebbe carattere di compromesso non riuscito — oggi, appunto, lo si vede chiaramente — e anzi terminato in una violenta, totale dissociazione. Se la tradizione nazionale prossima è quella del Risorgimento, la monarchia associatasi col fascismo, cioè con l'Antirisorgimento, è oggi una forza eminentemente antitradizionale, è fuori e contro la tradizione politicomorale italiana. Che se poi si risale per l'Italia complessivamente — come fa il Burzio per il Piemonte sabaudo — indietro nei secoli, allora le tradizioni italiane migliori e più autenticamente nazionali non sono monarchiche e di unità dinastica, ma autonomlstico-repubbllcane. La tradizione monarchica del Mezzogiorno non basta a far equilibrio a quelle comunali-repubbllcane e regionali del resto d'Italia, perché proprio per la più lunga parte del periodo regio. 11 Mezzogiorno passò in seconda linea nella vita nazionale, e presento una serie di fenomeni di decadenza. Fondare l'unità non solo morale e statale dell'Italia — anche noi teniamo fermissimamente pure a questa seconda unità — unicamente, o anche prevalentemente, sulla tradizione monarchica, sarebbe un errore storico, e una illusione politica pericolosa per le sorti nazionali. Luigi Salvatorelli ti Cairo '46. Vittorio Emanuele III e la regina Elena in esilio

Persone citate: Burzio, Domine Domine, Elena, Filippo Burzio, Luigi Salvatorelli, Savoia, Vittorio Emanuele Iii