Perché siamo repubblicani di Umberto Calosso

Perché siamo repubblicani Perché siamo repubblicani NON posso in un breve articolo rispondere a tutti gli argomenti dell'amico avversario, per esempio alla leggenda di un Marx scarso amico della libertà, che Saragal ed io stesso abbiamo combattuto al congresso socialista di Firenze e sul Sempre Avanti. Mi limiterò a buttar giù alcuni appunti, e lo farò senz'astio, dato che, come il mio mediocre'nome rivela, rispondendo a Burzio risponderò insieme alla buon'anima di mio padre, all'uomo onesto che mi mise addosso questo piccolo fardello con cui tiro avanti nella vita. Ciò che essenzialmente muove Burzio a difendere la monarchia è l'impressione che essa possa costituire una remora ali Innegabile pericolo moderno delle dittature. La risposta viene in mente a chiunque: proprio la monarchia di Savoia, nei suol due rami primogenito e Aosta, spalancò la strada al fascismo e alla reazione. Tutti sanno questo in Italia, non c'è nulla che gli italiani sappiano di più. Può darsi che una monarchia in astratto, generica, metafisica, in altri tempi, in altri luoghi, in altri pianeti, possa compiere quell'azione di remora: io non so nulla di ciò, conosco solo il problema della monarchia di Savoia in questo secolo, in questo paese, e manco di informazioni sulle altre due dinastie disponibili, quella dei Borboni e quella di Este, che oggi per eredità è passata a un arciduca austriaco. Anche lldea che la monarchia di Savoia sia stata vaccinata dal fascismo, in base al proverbio che il gatto scottato ha paura anche dell'acqua fredda, mi pare un'astrazione. E' più pratico applicare un altro proverbio che ha dalla sua la sapienza di Salomone: il cane ritorna al suo vomito. Certo, si deve riconoscere che dopo aver tradito il popolo'per un ventemdo, é condottolo a un disastro pauroso, sarebbe assurdo e inconcepibile che la monarchia non abbia imparato a esser cauta. Eppure, quest'assurdità è già avvenuta. E' bastato che aire succedesse II principe Umberto, perché subito, appena prospettato come luogotenente, egli concedesse al Times quell'intervista non abbastanza nota, in cui disse due cose, e due sole: a) che II popolo italiano è responsabile del fascismo e della guerra; b) che gli inglesi dovrebbero restituire i carabinieri prigionieri. Mentre ogni italiano, in patria o all'estero, cercava alla meglio di far scudo all'Italia nei momento della sua sventura, la monarchia ereditarla disse nella capitale del vincitore delle parole gravi, che risuonarono sinistramente presso i conservatori inglesi, a cominictare dal mio vecchio amico Lumby che fece quell'intervista. Basterebbe questo fatto criminale per condannare la monarchia. Potrei fermarmi qui: ciò sarebbe sufficiente per lo statista che vive sul concreto. Ma un oscuro istinto mi dice che devo aggiungere anch'io a tìtolo di contorno qualche considerazione più generale e un po' alla rinfusa. 1) Prima di tutto, in Italia non è repubblicana soltanto la Insurrezione mazziniana e garibaldina, ma anche la tradizione medioevale. Il vero conservatore italiano, risalendolla\storìa,-,fcQojjq.le afpriqse reftubblicfie. San Mprco. F)rénze.tìénovà) §iena',ltuccd,i cento Comuni. Si può essere poco tradizionalisti fin che si vuole, ma la tradizione ha sempre però un certo peso. 2) La monarchia in Italia è lo straniero. Lo svizzero Sismondi nella sua celebre storia delle repubbliche Italiane fece . sentire con cuore di oriundo italiano II dramma medioevale dell'Italia, costituito dal tramonto delle repubbliche e dall'avvento delle monarchie, alleate alla corruzione totalitaria. I Medici possono considerarsi tipici essi corruppero coscientemen-, te il popolo con vari metodi, tra cui la sostituzione dei molteplici Consigli repubblicani con la votazione per «si» e «no» nella piazza delia Signoria, uso abominato dal grande Savonarola. L'eroica difesa di Firenze contro Medici, Papa e Imperatore nel 1530 fu l'ultima pagina di questo grande dramma, e con Firenze cadde la libertà italiana e cominciò la decadenza. Per secoli l'Italia giacque sotto le monarchie spagnola e austriaca. Fu l'epoca del servilismo e dell'esasperazione, da cui risorgemmo faticosamente' nello spirito repubblicano di Alfieri e di Mazzini, le due tappe morali fondamentali di questa ripresa. 3) Il piccolo Piemonte fu un'eccezione. I duchi di Savoia, con la loro indipendenza e la loro ben nota tecnica Inaugurata da Carlo Emanuele I, resero un servizio al paese e la loro casa riuscì infine a porre il suo piccolo scudo sul tricolore repubblicano italiano con un compromesso. Anche questa tradizione tecnica è finita l'S settembre a Pescara. Del reste, se alzo gli occhi al gonfalone della mia città. Asti, anch'io, come quasi tutti i cittadini italiani, trovo la tradizione repubblicana, e mi viene incontro il più grande poeta piemontese, vessillifero della repubblica italiana futura. 4) Le dinastie molto spesso entrano in una fase di decadenza irrimediabile, la fase dei •rais fainéants. francesi e dei Borboni napoletani. La dinastia di Savoia è In questa fase. Essa è già napoletana e borbonica, legata visibilmente allo spergiuro e al disprezzo pubblico, dal quale non c'è rimedio. 5) Se dopo il disastro attuale l'Italia non è capace di trovare nelle sue viscere leppssibitlt<(u$i un cambiarnm^or^ canteo, è segno oheiri^rta. l'alternativa vitale - eWt£* essa è costituita dal lievito, della Giovine Italia e dallo spirito garibaldino, che dopa aver costituito l'ultima epopea in piend età moderna, ha avuto una continuità fino all'insurrezione nazionale contro i fascisti e i tedeschi. Lo scetticismo, il machiavellismo, la senilità che gli stranieri rimproverano al nostro paese dall'epoca della decadenza delle sue repubbliche, ha qui il suo rimedio profondo. Umberto Calosso

Persone citate: Alfieri, Borboni, Burzio, Carlo Emanuele I, Giovine, Marx, Mazzini, Sismondi