Campisi: amo Chopin il j

Campisi: amo Chopin il j Campisi: amo Chopin il j pma il jazz sta oltre le note massima tranquillità e concentrazione, e perché in breve era diventato il beniamino dei musicisti che frequentavano lo studio, molti-dei quali erano solisti di jazz assai noti. Ci volle poco a scoprire una delle ragioni di questa ammirazione: il giovane interprete, oltre a cimentarsi in modo più che promettente con Beethoven e Cohpin. sapeva suonare il jazz con un feeling straordinario. Non era da tutti. Diciamo anzi che. a certi livelli, l'unico esempio risaputo di questa .doppia vita» era ed è quello di Friedrich Guida. Ora sta per essere pubblicato dalla Dire Records un suo doppio long playing intitolato Classic & Jazz, destinato a diffondere la conoscenza dell'.altro Campisi» e ad accrescere l'ammirazione che il pubblico ha per lui. Abbiamo rivolto a Raimondo Campisi alcune domande. — Maestro, ricorda il suo primo contatto con la musica?. -No- replica sorridendo -perché l'ho sempre avuta in casa. Sono nato da una madre pianista e da un padre pianista e direttore d'orchestra. Al Cairo, dove abitavamo quand'ero bambino, assistevo a tutte le prove dell'orchestra. Più tardi, dopo il nostro trasferimento a Milano, sono stati molto interesssanti i miei contatti coi musicisti d'ogni genere che ho incontrato allo Studio 7. Hanno contribuito a darmi una mentalità aperta verso qualsiasi tipo di musica-. — Quali sono gli autori che esegue più volentieri? -Chopin prima d'ogni altro. Però il mio repertorio e i miei interessi musicali spaziano da Bach al jazz-. — Parliamo dunque del jazz. Vorrei che Lei precisasse una cosa importante. Lei sa che un grande interprete qual è. Friedrich Guida si è innamorato di questa musica a venticinque anni, vedendosi obbligato a impostare diversamente i polsi, e le mani? E che lei. invéce, il jazz l'ha trovato dentro di sé, e non ha dovuto modificare nulla? •Si. ne sono perfettamente consapevole. Voglio dire die so bene quanto ciò sia rilevante. Il jazz è qualcosa che sta al di là delle note. O lo s'intuisce, o non nners» con David Bowie e «Subway» Raimondo Campisi c'è niente da fare-. — Campisi, che cos'è per lei la musica? • Un'infinità di cose. E' sacrificio, è perfino ginnastica, perché bisogna studiare almeno sette ore al giorno. E' divertimento, è amore, perché io m'innamoro delle cose che studio. E' sublimazione degl'istinti primordiali. E' paura, in quanto il musicista che si presenta in pubblico ha sempre paura; ma la deve mutare in rapporto, comunicazione, gioia, festa. Deve sentire gli spettatori come amici. Ecco un potere fondamentale della musica, che ne fa quasi una forma di religione: la capacità di trasformare gli spettatori di un concerto in una comunità che si scopre legata da un traitd'union affettivo-. — Veniamo . a questo doppio long playing. Fino a che punto ne é. soddisfatto, e perché. -L'album coincide, in pratica, con uno dei miei programmi di maggiore successo, quello col jazz nella parte finale, alla quale partecipano con grande feeling anche Marco Ratti al contrabbasso e Carlo Sola alla batteria. ANNI fa, quando pareva che ogni umana attività e ogni professione dovessero, per non apparire vergognose e riprovevoli, rinnovarsi con l'aggettivo .democratico., fui invitato a dir la mia ad un convegno dedicato appunto all'educazione musicale .democratica» nella scuola media italiana. Ci andai di malavoglia, spinto più da risentimenti paterni che da interesse culturale o professionale. Non un «musicologo» (come pomposamente recitava, al mio nome, l'invito), ma un padre che nutriva un po' di rabbia verso l'insegnante di educazione musicale di suo figlio che per tutta •educazione musicale» gli faceva cantare la canzoncina dei Tre Porcellini. Pensavo che davanti a quei volonterosi «educatori» democratici avrei potuto sfogarmi, trovando comprensione. Quello che mi toccò ascoltare a quel convegno di stranezze, assurdità, stupidaggini, in un generale assalto demolitore dì tutto l'edificio tradizionale dei modi di formazione musicale, nel nome di tecniche ed esiti «liberatori», •creativi», «alternativi», e cosi via, mi spinse se non a rivalutare lo sciagurato insegnante dei Tre Porcellini, a ripensare con seria comprensione ai vecchi metodi dell'insegnamento della musica che pur m'erano parsi sempre non soltanto inadeguati ai nuovi tempi ma anche molto miopi applicati al tempi andati. E, allora, quando fu il mio turno di parlare, mi presi lì gusto di apparire un conservatore e un reazionario affermando che. per me, l'unico metodo per insegnare la musica era ■Pozzoli e bastone». Cioè il più tradizionale fra i metodi di solfeggio (appunto -il Pozzoli») e il simbolo più evidente dell'educazione autoritaria. Era, naturalmente,' una provo-

Persone citate: Carlo Sola, David Bowie, Friedrich Guida, Marco Ratti, Raimondo Campisi

Luoghi citati: Milano