A chi fa paura Cannes?

Maniche di Maniche di camicia Giovedì si apre il Festival, tra mille incertezze A chi fa paura Cannes? Gli americani temono attentati, gli italiani hanno pochi film a L'ombelico di Ramona Dell'Abate si è levalo radioso ad annunciare la videoeslate, la bella stagione canora. L'aurora ombelicale è stata annunciata dal (estoso tintinnare di tette d'arancia, ciliegine, uve, forsanco kiwi e papaya, pastorelli del presepio alla Lino Banfi, simulacri di Gatti di Vicolo Miracoli. L'ombelico (un videombelico!) stava a Bari, in 'Azzurro '86', su Italia 1, ed erano le 14,15. Pioveva sul resto del Sud d'Italia, acqua a catinelle in Centro, diluvio al Nord dove i teleutenti sgombrati d'urgenza da ospedali palustri, si domandavano se non sarebbe stato più degno di fede il sacro ombelico di Raffaella Carrà, o quello ancor misterioso di Daniele Piombi, perlopiù termale ma pur sempre rinverdito in estate, quando anche quelli più corrivi di Ciotti e Baudo Pippo si socchiudono in letargo. Ma il genuino e radioso simbolo, è andato avanti in video sull'onda delle canzoni per giorni, notti, serate, matinee tra gelate, bufere, nevicate,' grandinate, acquazzoni e schiarite subdole. Per tutto questo tempo, l'ombelico di Ramona Dell'Abate è stato nascosto, velato, coperto, intravisto, truccato, mascherato, disatteso, rivelato e definitivamente imprigionato finché non è stata videoestate proprio per tutti. Anche per James Bond. Conan e Mad Max. Presenze inquietanti per questioni diverse, ma accomunate dalla lingua inglese, che questa esclusivamente parla, ringhia, gorgheggia, modula, geme, urla, la nostra videoestate canora. Dopo ore ed ore di videoesorcismo, è difficile chiarire in proposito. Ci sono tracce chiare di tamburi voodoo, calypso e motivetti francesi, neppure più recenti de «La vie en rose», cari a 007 ma ci sono momenti di imbarazzo, quando non si capisce che i Matia Bazar stanno semplicemente ribadendo «M/ ami o no* e chissà che cosa vuol dire in inglese... La videoestate stordisce, solo che detto delirio perlopiù colorato, non è squisitamente musicale: è soprattutto spettacolo diverso. E' look. Qualcosa di vedere, non da ascoltare. Folletti in frac di cui è rimasta solo la giacca a coda di rondine, zampettano: sfacciati se femmine, imbarazzanti se uomini. Dov'è finito quel reclamizzalo ritorno alla' coppia auspicato con le repliche ed i seguiti di «Un uomo, una donna*! Severe saxofoniste che indossano solo la pettorina del vecchio costume di Charlot, scandiscono ritmi da donnismo ultras; campionesse del body building, corteggiano il barbaro Conan; nell'atmosfera densa dei soliti fumi, fluttuano giamaicani albini che alla fine della videomaratona si riveleranno di sesso opposto e lui palpotterà vistosamente lei sul didietro, in primo piano, ma troppo tardi per ristabilire l'equilibrio, e non ci pensi perché viene finalmente in primo piano la voce del cantante solista, un tipo studentino innocente appena violentato che ripete sconsolato: "Too much, (oo much* come a dire, appunto: «fc" troppo, troppo*. Perché nella videoestate canora, ci sono efebi effimeri truccati come un Buffalo Bill che ha fatto i soldi e tutto è giusto, femminilmente giusto compreso il pianoforte a coda bianco, incluso il tamburello del forzuto depilato dal massaggio termodinamico che libera dalla cellulite, ma è solo 11 I) per farcela per via degli ormoni, e intanto Mad Max l'eroe cinematografico australiano di un ciclo ambientato nell'era post-atomica, ride del collega canterino che ha fatto il viaggio (Ino a Bari con addosso una giacca doppiopetto tutta d'oro made in Anni 50. Il look della vldeoestate invece è senz'altro da postatomici, ovvero mettiti addosso quello che hai ricuperato tra i rifiuti e le rovine. Ci sono coriste insolenti con le ginocchiere di Zoff, chitarristi filosofi con gilet e slip ritagliati dalle capote delle spider, sacerdotesse di Madonna in blue-blazer da detriti di Aiazzone, anziani boy-scout in collant ricamato, guepière, scarpette da ballo e accento francese. La stessa dea dell'ombelico, dopo ciascuna delle centinaia di migliaia di pause pubblicitarie, stupisce di essere sopravvissuta e puntualmente proclama: -Bene! Siamo ancora qui!*. Cade il silenzio quando all'improvviso compare un signore in maniche di camicia, pantaloni, moccassini. denti non proprio limpidi. Apre la bocca e crede di conquistarti solo cantando. Oddio, ringhia anche lui, ma si chiama Joe Cocker e mai a vederlo diresti che è l'uomo della seduzione massima che scatena la Kim Basinger in *You Can Leave Your Hat On*. Sta II, a Bari, in maniche di camicia cantando qualcosa d'altro, ma è come se ripetesse un appello accorato, un vecchio successo: -Ho bisogno di un piccolo aiuto dai miei amici*. i

Luoghi citati: Bari, Cannes, Italia