Turchia, l'Islam insidia il laicismo

Turchia, l'Islam insidia il laicismo Dopo 65 anni vistose crepe appaiono nella struttura dello Stato moderno voluto e costruito da Kemal Ataturk Turchia, l'Islam insidia il laicismo Una recente legge prevede la condanna (da sei mesi a due anni) di chi «insulta la religione musulmana, Allah e il suo profeta Maometto» - Gli scamhi commerciali riavvicinano Ankara agli Arabi - La confraternita dei nurju («discepoli della Luce») si rafforza in tutto il Paese contestando i princìpi basilari del Kemalismo - Un inquietante appello degli «ufficiali patrioti»: non bisogna difendere «gli interessi di Washington e del sionismo» - I/adesione degli intellettuali e l'amarezza di Ecevit NOSTRO SERVIZIO KIR9EHIR — Nel cuore dell'Anatolia, 200 chilometri a Sud-Est di Ankara, c'è un paesone di sole 50 mila anime. E' un capoluogo di provincia, ma non vi è nulla che attiri l'attenzione nelle sue strade in mattoni, senza grazia, per le quali uomini anziani gironzolano davanti a negozi ben forniti. Un tipico centro turco, simile a decine di altri. E tuttavia, fino al XVIII secolo, Kirsehir fu la sede temuta di una confraternita musulmana molto politicizzata, gli Ahibabalars, in principio costituita solo da conciatori. Forse per il suo passato, forse no, questa cittadina di negozianti e artigiani, che da sempre deve però la sua prosperità alla pastorizia, simboleggia oggi assai bene ciò che alcuni definiscono un -ritorno alle origini* e altri la -reazione religiosa-. Non è più un segreto, anche se quasi nessuno in Turchia ha ancora pensato di valutarne le possibili conseguenze, che si stia rimettendo in causa l'eredità di Ataturk, pur giurando ogni giorno fedeltà al fondatore dello Stato moderno. Se il -padre dei Turchi- ritornas se, lui, che ha osato definire l'Islam - la teologia assurda di un beduino immorale- e -un cadavere putrefatto che avvelena la nostra vita-, potrebbe subire, in base a una legge votata nel gennaio 1986 dal Parlamento di Ankara, una condanna da sei mesi a due anni di prigione per «insulto alla religione musulmana, Al lah e il suo profeta Maometto...-. Se il concetto ufficiale resta immutabile — -la Tur chia, nazione moderna e lai ca. Stato europeo, è il bastio ne avanzato dell'Alleanza Atlantica- — esso si adatta sempre meno alla realtà quo tidiana. A Kirsehir, il giova ne proprietario di un magazzino di elettrodomestici, al quale siamo stati presentati, illustra a meraviglia la situa zione attuale. L'accoglienza è dapprima riservata, il nostro ospite si distende un po' quando viene a sapere che lavoriamo a Le Monde. Tira fuori dal suo cassetto un piccolo libro turco edito nel 1984, consunto a forza di essere letto, che tratta delle conversioni di Occidentali all'Islam. Lo apre alla pagina in cui. tra il ballerino Maurice Béjart e l'orientalista Vincent Monteil. figura il defunto confratello Jean-Michel Durand-Souffland, Abdelaziz in arabo. Rattristiamo il nostro interlocutore annunciandogli che Durand-Souffland è morto nel 1985 e più ancora quando gli diciamo che il comandante Cousteau, incluso nell'opera tra i nuovi musulmani, ha fatto smentire questa notizia. quelli con l'Occidente.. Soltanto qualche anno fa, al solo nome degli Arabi, la maggioranza dei Turchi faceva una smorfia, ricordando il loro «tradimento» dell'Impero Ottomano durante la prima Guerra Mondiale e i loro .ritardi» sociali. Oggi, a Kirsehir e altrove, una parte della classe media imita i comportamenti sociali arabi, che fino a ieri beffava. Il negoziante che ci riceve non consente più alla moglie di mettere il naso fuori e ha ottenuto altrettanto dalla madre, donna dai modi liberi, ci assicurano, mentre suo padre, vecchio kemalista, a forze di blandizie, ha deciso di gettare il suo berretto -la cui visiera simboleggiava il rifiuto di sottomettersi a Dio-. Il giovane mercante porta lo zucchetto bianco e la bar ba nera. Quando lo lasciamo, un ragazzino gli consegna rispettosamente la Afilli Gazete, unico quotidiano nazionale apertamente integralista e che conta circa 165 mila lettori. Il nostro uomo è un nurjuì Tra le confraternite illegali — ma tollerate — quella dei nurju, i «discepoli della Luce», passa oggi per la più potente. Creata da uno sceicco anti-kemalista, Sald Nursi (1873-1960), di cui spesso si tace l'origine kurda, essa è diffusa in tutto il Paese dove conta parecchie centinaia di migliaia di membri; è presen te egualmente in Germania federale (due milioni e mezzo di residenti turchi) e in Francia (circa 150 mila turchi) da dove gli emigrati inviano an che fondi. L'anticomunismo fiammeggiante consente ai nurju di vantare appoggi ne gli Usa e in Arabia Saudita e naturalmente nei gruppi di destra turchi, ieri certamente tra le file del Partito della Salvezza nazionale dell'ingegnere islamico Necmettine Erbakan. oggi probabilmente tra quelle del Partito della Madrepatria, al potere dal 1983. Estroversi, dinamici, ottimisti, i seguaci di Nursi dicono di trovare nei suoi testi — in vendita nelle librerie — dove la poesia si mescola alla politica — contemporanemante nostalgia del califfato, elogi dell'economia di mercato e incitamento allo studio quotidiano. L'ultima interpretazione di moda delle egloghe di Nursi è che lo Stato ha forse il diritto, sicuramente il dovere, di essere laico, ma esso deve lasciare l'Islam, vivere la sua vita. In effetti, contrariamente a quanto si crede fuori della Turchia, Ataturk più che se¬ parare la religione dallo Stato, l'ha posta al suo servizio. Quei cinquanta studenti nurju di Van (Est) arrestati l'anno scorso per aver trasformato una sala della loro facoltà in luogo di riunione della confratenita forse hanno già capovolto l'equazione... E che dire di quei monelli, ritenuti nurju, che, sempre un anno fa, nella Vecchia Ankara, hanno tagliuzzato le braccia nude di due bellezze locali che passavano inavvertitamente davanti a degli uomini che si apprestavano a pregare? E di quel migliaio di «centri di indottrinamento religioso» censite nel 1985 dal quotidiano indipendente Hurriyet? Il presidente Evren, vec¬ chio militare seguace di Ataturk e, dicono alcuni, massone, non si stanca di affermare che l'Università (o l'Esercito, a scelta) deve essere -un bastione contro i bigotti- (e l'oscurantismo). Ma il governo, diretto, per la prima volta dalla caduta dell'Impero da un uomo,, Turgut Ozal, apertamente praticante, ha paura, ogni volta che si confronta con attivisti religiosi, di offendere tutta la comunità musulmana e preferisce ripetere che -i timori derivanti dalle minacce alla laicità sono infondate-. Di questi tempi, lo slogan -Una sola via: l'Islam- corre sui muri delle università. E gli islamici infiltratisi nell'insegnamento non disdegnano di distribuire ai giovani un manuale che afferma apertamente: -I cittadini hanno il dovere di disubbidire alle leggi contrarie a quelle dell'Islam-. Ora, dopo 65 anni, la legislazione turca è impregnata di diritto occidentale, molto spesso in contrasto con quello coranico... Nel migliore dei casi, quest'ultimo e stato reinterpretato per adattarlo al concetto di cittadinanza civile e nazionale. Insistendo sui motivi non confessionali, i media ufficiali hanno rinunciato anch'essi nel 1985 a utilizzare il motto ultrakemalista d'oulous, nazione nel senso laico del termine, rimpiazzato da quello di millet, che riprende la vecchia nozione ottomana di nazione basata sull'identità religiosa. Si possono notare, quasi- ogni giorno, piccol^ «tocchi» islamici che, presi separatamente, non hanno grande importanza, ma che in realtà costituiscono un lento decadimento dallo statuto laico del Paese. All'epoca della «resurrezione» del millet, l'ex capo del governo, liberale di sinistra, Bulent Ecevit, ha esclamato: -Abdul Hamid (sultano dal 1876 al 1909) deve essere soddisfatto-. Non Ataturk. in compenso. Anche se. provinciali in visita ogni giorno al suo mausoleo, che domina Ankara, sostano davanti alle vetrine che espongono esemplari del suo telefono e del suo pigiama. E il mondo politico evoca ancora il suo nome in ogni occa sione, meccanicamente. Financo alcuni deputati vicini al mondo islamico — il loro numero si calcola da sessan ta a 80 su quattrocento parla mentari — che non temono di definire Ataturk -benefattore dell'Islam-. Ma vi è qualcosa di più Inquietante per il regime. Fino a oggi l'Esercito, quantunque riflesso sociale della popola¬ zione, passava per essere al riparo dell'effervescenza islamica, anche se si incontra spesso un militare tornato alla vita civile che non si esime dal dire: -Troppa propaganda laica, mi si lasci vivere il mio Islam-. «Lavaggio di cervello, laico che, all'epoca della guerra di Corea, non ha impedito al battaglione turco, lanciandosi nel combattimento, di pronunciare l'antica invocazione a Allah. l'Occidente, preconizzando la creazione di un «Mercato Comune islamico, nel quale 1 Turchi -non saranno guardati dall'alto in basso come nella Cee-. I bombardamenti americani sulla Libia, in aprile, sono stati disapprovati dal 78% dei turchi interrogati. -Il nostro governo è l'alleato di Reagan, ma il nostro popolo è amico dei libici-, commentava il commerciante di Kirsehir ancora prima del sondaggio. Infine, come di recente in Egitto e in Iran, intellettuali «di sinistra» si stanno avvicinando agli islamici. Lo scrittore Attila Ilhan, un tempo cantore della civiltà francese, ora descrive -l'Occidente colonizzatore, aggressivo, sicuro di sé, barbaro, razzista...., e 11 poeta Ismet Ozel, anche lui, denuncia la -democrazia, occidentale. Dove va la Turchia? Modernizzato a forza da un Ataturk scomparso prima di aver completato la sua opera, legato all'Europa, in senso contrario alla sua storia e alla sua geografia, da poco tempo, si vedeva nondimeno in questo popolo dalla forte natalità (in 20 anni gli abitanti sono saliti da venti a 50 milioni) un pilastro sicuro dell'Alleanza atlantica, un futuro membro della Comunità europea. Ma l'Islam, anche in Asia Minore, -è entrato in piena-, come dice il turcologo Paul Dumont, mentre più ponderatamente, un suo collega. Robert Mantran, constata: -Il riferimento al kemalismo non interessa più che una parte ridotta della popolazione-. Vuol dire che, come nel vicino Iran, la politica è condannata presto a sottomettersi ai religiosi, la modernità a inchinarsi davanti a un Islam umanamente funzionante ma culturalmente arretrato, gli incontri con l'Oriente devono escludere stretti rapporti con l'Europa? Si potrebbe anche rispondere affermativamente se nessuna forza popolare in Turchia oggi si opponesse al nuovo corso. Non sembra ora il caso. La principale di queste forze viene da dove non è attesa. J.-P. Péroneel-Hugoz Copyright «Le Monde» e per l'Italia «La Stampa» Istanbul. In una scuola all'aperto alcuni alunni si esercitai n> nella lettura dei versetti del Corano