Tre pretendenti in gara per la Einaudi di Valeria Sacchi

Tre pretendenti in gara perla Einaudi FINANZIERI E EDITORI ALLA PROSSIMA ASTA DELLA CASA EDITRICE Tre pretendenti in gara perla Einaudi TORINO — Per la casa editrice Einaudi è cominciato il conto alla rovescia: entro il 17 di giugno, secondo il bando fatto pubblicare dal commissario Giuseppe Rossotto, dovranno farsi avanti con nome e cognome le persone o i gruppi interessati ad acquistarla. Finita la fase preliminare, se i pretendenti con le carte in regola saranno più di uno, lo stesso Rossotto fisserà i termini dell'asta vera e propria, sottoponendoli all'approvazione del ministero dell'Industria. A quel punto scatterà la fase finale: un'asta in busta chiusa, dunque mozzafiato, dalla quale uscirà il nome del vincitore. Nella busta, sostanzialmente, la vittoria si giocherà sulla combinazione di due elementi: il prezzo offerto (che non potrà essere inferiore ai 27 miliardi di attivo emersi dalla perìzia approvata dal ministero) e il numero di dipendenti che il compratore si dirà disposto ad accettare. E' un iter die potrebbe anche concludersi entro il prossimo luglio, ma che probabilmente scivolerà all'autunno. Il che significa un'estate di fuoco non soltanto per chi lavora alla casa editrice o -con- la casa editrice tè il caso degli autori) ma per tutti coloro che nell'asta sono coinvolti. E si tratta di un numero di persone difficilmente quantificabile. Intanto ci sono i pretendenti che, almeno fino ad cggi, si identificano in tre gruppi. Nel primo gruppo, che fa capo al commercialista torinese Guido Accornero, le componenti sono due: quella editoriale rappresentata dall'editore Marsilio, che poi è Cesare De Michelis, fratello del ministro, e quella finanziaria rappresentata dalla Fornara /società già quotata alla Borsa di Torino, con interessi nella Ceat Cavi, controllata dall'industriale dell'acciaio Regis). Per via dei rapporti tra Accornero e l'Ipsoa di Milano (Accornero è socio a titolo personale nel nuovo quotidiano economico dell'Ipsoa die uscirà in ottobre, Italia oggi), era circolata la voce che l'Ipsoa stessa fosse interessata all'Einaudi ma il suo amministratore delegato Francesco Zuzic lo ha per ora escluso, limitandosi a commentare: .Ne abbiamo sentito parlare. Non mi sembra una cattiva idea. Certo è un impegno da far tremare i polsi». Pietro Guerra, autorevole avvocato romano, rappresenta la Sva (Società Veneta Autofilotranviaria), finanziaria con sede a Venezia nella quale sono rappresentati soprattutto gli interessi del principe Alliata, romano, marito di una figlia Cini, una passata esperienza editoriale nella Unedi, casa editrice del suocero (oggi però l'impegno nell'Einaudi riguarderebbe il figlio). Alla Sva sarebbero legati anche i Borali, proprietari della De Agostini e azionisti di minoranza della Mondadori. Libri scolastici II terzo gruppo, milanese, che ha come consulente lo studio Ardito, è una triade editoriale: le Messaggerie della famiglia Mauri, il più importante distributore librario italiano, distributore di Einaudi e azionista di maggioranza della Longanesi: l'Electa (Giorgio Fantoni e Massimo Zelman), casa editrice di origine veneziana, specializzata in cataloghi e libri d'arte e già legata al rateale Einaudi che distribui¬ sce le sue pubblicazioni, e la Bruno Mondadori, editrice scolastica interessata allo sviluppo di un programma che inserisca Einaudi nella scuola. Questa la mappa semplificate dei contendenti di oggi. Semplificata perché non è improbabile che alcuni di essi decidano di unire le loro forze. Facciamo ad esempio il caso della De Agostini che, corteggiata da più parti, non si è ancora espressa. Legata da buoni rapporti agli Alliata. è al tempo stesso considerata quarto partner ideale (anche per la sua forza nel rateale) dal gruppo Messaggerie-Electa-Bruno Mondadori. Attraverso di lei (e la conoscenza che lega Guerra ad Ardito) potrebbe giocarsi una alleanza determinante. Inoltre, altre forze potrebbero scendere in campo: l'editoria è considerata uno dei più ambiti «passepartout.. Le combinazioni possibili sono infinite perché dietro ai contendenti si muovono i plotoni politici (ricordiamo che è più volte ricorso il nome delle Coop). Basta infatti che un ••segretarioqualunque sia chiamalo in causa, magari anche a livello locale, perché tutta la grande ormata si muova, nella grande giostra dei veti incrociati. Del resto a suo tempo, per far -prodizzare- l'Einaudi più di un ministro si è mosso in prima persona. Nell'angoscia della gara, i pretendenti non saranno soli: sono in attesa i 230 dipendenti della casa editrice, e alcune centinaia di autori. Quasi tutti gli autori Einaudi sono rimasti in questi ultimi anni civilmente fedeli, ma la destinazione finale della casa editrice ora li riguarda da vicino: se il nuovo padrone sarà troppo •diverso-, per molti si porrà il problema di emigrare altrove, cosa tra l'altro non facile oggi che molte case editrici (marketing docet) hanno cominciato i tagli proprio dalle collane di cultura. L'angoscia maggiore riguarda comunque i dipendenti, per molti dei quali l'emigrazione è impossibile: Torino non offre nel settore die scarse alternative e solo, eventualmente, a certi livelli. Troppi dipendenti / dipendenti Einaudi nei due anni di gestione commissariale sono scesi da 350 a 230 unità (di cui 17 in cassa integrazione a rotazione) ma non è un mistero che sono ancora troppi. Quanto, è difficile dire: secondo i parametri di case editrici straniere come la tedesca Hanser Verlag o la francese Fayard, a parità di novità prodotte ugni anno, essi sono dalle sei alle sette volte di troppo. Si tratta naturalmente di confronti non realistici perché diverse sono le organizzazioni editoriali in quei paesi, ma il divario delle cifre testimonia comunque una situazione patologica. Eppure tutti loro si sono negli anni di crisi impegnati a fondo: la produzione di novità, scesa nel 1984 a 87 dalle 129 del 1983. ritornerà quest'anno a 108, le ristampe, scese a 264 nel 1984, sono ritornate sopra le 320, mentre il fatturato a prezzo di copertina nel 1985 è stato pari a 41 miliardi e quest'anno supererà i 44 miliardi. Tra i dipendenti l'incertezza investe tutti i livelli, compresi i vertici editoriali: per loro vale il discorso degli autori, se il nuovo padrone è troppo diverso bisogna fare le valigie. Ma se tutti, autori e dirigenti, fanno le valigie, cosa resta di Einaudi? Potrebbe, in pochissimo tempo, non restare più nulla perché Einaudi non è una -industria- con giornali, tipografie e introiti pubblicitari. Se perde l'identità perde il fascino, resta cenere. E' questo un problema grosso e non a caso il commissario Rossotto nel bando di chiamata alla gara chiede non solo la effettiva nominatività degli aspiranti ma un •.impegno alla conservazione, per la casa editrice Einaudi, dei caratteri di istituzione che svolge servizio culturale e di ricerca». Ma come si può giudicare un buon livello di -conservazione»? Parametri non ne esistono. Si dovrà ricorrere a un mix nel quale elementi fondamentali dovrebbero essere garanzie finanziarie e professionalità: chi vince deve avere spalle solide e dimostrare di saper fare bene l'editore. Dice Giulio Bollati, ritornato un anno fa alla Einaudi come direttore generale, dopo una parentesi di cinque anni alla Mondadori: -La Einaudi è una realtà molto fragile e delicata, basta niente per stravolgerla. Qui non si comprano macchine e impianti, ma l'esclusiva di certi autori e un catalogo. Ma per il futuro, guai pensare di continuare nel trantran di sempre. Bisogna programmare per i prossimi vent'anni e ci vuole una riprogrammazione energica che, senza snaturare la tradizione, abbia un forte contenuto innovativo. Dobbiamo riportarci all'avanguardia, alla punta, se no restiamo una casa editrice di piccoli monumenti ma fuori dalla vita». Valeria Sacchi

Luoghi citati: Ardito, Italia, Milano, Torino, Venezia