Il terrorista rieducato

Il terrorista rieducato Uscire dall'emergenza: interviene Marcello Gallo Il terrorista rieducato (Nessuna richiesta di confessioni appiattite: il giudizio deve tener conto della volontà dell'imputato di dare un nuovo corso alla propria vita) Il testo sulla disciplina della "dissociazione», attualmente in discussione al Senato, costituisce il risultato della elaborazione di tre disegni di legge presentati nell'arco di poco più di un anno. I contenuti che lo caratterizzano appaiono meritevoli di una riflessione che non può esaurirsi nell'affcrmare o nel negare certe realtà d'ordine storico: la crisi, la sconfitta del terrorismo e l'evolversi della lotta contro di esso. Adottare, ai fini della valutazione del provvedimento proposto, un siffatto punto di vista, può significare, a seconda dei casi, l'assunzione di un atteggiamento volutamente consolatorio, per non dire trionfalistico, o, per contro, passivamente rassegnalo. Piuttosto che indulgere a giudizi che, presumendo d'essere d'ordine storico, finiscono assai spesso per scivolare nella profezia, o, quantomeno, per scambiare come esistente ciò che si desidera o si teme, è i suuhdhuc unite esistente che si desidera o si tem I opportuno prendere le mosse dalla constatazione di quel movimento all'interno delle carceri che ha dato luogo alla formazione delle arce «omogenee». E' un fenomeno, questo, risalente almeno a quattro anni fa. sorlo sul terreno dell'aspirazione a un ripensamento del passato, all'approfondimento critico dell'esperienza terroristica, alla presa di coscienza che la lotta armala, quali ne possano essere gli spaventosi ritorni, non dà vita a un disegno storicamente incisive, che si risolve nel ripudio della violenza come metodo di lotta politica. Ciò posto, il problema, per il legislatore, consiste nella composizione di due esigenze, solo apparentemente antitetiche. Se e indubitabile l'utilità di una riduzione di pena a favore di chi. imputato o condannato per reati aventi finalità di terrorismo, ha tenuto condotte oggettivamente significative del rifiuto della lotta politica armata, altrettanto innegabile è la necessità di non venire meno al rispetto del valore concretamente retributivo della sanzione penale. Ma. ancora una volta, la soluzione ci viene da una norma della Costituzione, questa sorta di protocollo della ricuperata coscienza democratica degli italiani. La responsabilità penale c personale, che è quanto dire: la pena dev'essere adeguata, oltre che alla gravità del fatto, alla soggettività del colpevole, per come egli è e per come viene trasformandosi con il trascorrere del tempo. Attribuire, allora, rilevanza a comportamenti posti in essere dopo la commissione del reato, che esprimano la effettiva dissociazione dal proprio! passato, anche di sangue, rappresenta la risposta più appropriata alla avvenuta rieducazione del condannato. Significa, in altri termini, sul piano penale fare i conti con l'uomo come realmente è. Nessuna sconfessione, quindi, di quelle leggi che. senza scendere nell'eccezionalità, hanno permesso di fronteggiare pericoli gravissimi; nessuna richiesta di confessioni appiattite sui temi dell'accusa (al riguardo si esige solo l'ammissione delle attività effettivamente svolte), ma la richiesta di comportamenti oggettivamente e univocamente espressivi della volontà di dare un nuovo corso alla propria vita. Tutto il contrario, insomma, del meccanicismo livellatorio dell'amnistia o dell'indulto; la scelta precisa per un modello che associa l'istanza retributiva alla valonzzazione della condotta successiva al reato, al di là di quanto già previsto dalle nostre leggi, può portare, a condizione di non scadere in un generico ed ingiustificabile lassismo, a nuovi confini del diritto pe- nalc Marcello Gallo Senatore de e Ordinario di diritto penale all'Università di Roma

Persone citate: Marcello Gallo

Luoghi citati: Roma