Espulsi altri otto libici di Guido Rampoldi

Espulsi altri otto libici Espulsi altri otto libici In totale, 19 persone «indesiderate» da Roma, 25 gli italiani «rispediti» da Gheddafi ROMA — Il governo ha deciso di espellere altri tre diplomatici libici e cinque impiegati dell'ambasciata a Roma e del consolato di Milano. Il principio della reciprocità non è stato applicato secondo rigidi criteri aritmetici: nella contabilità delle espulsioni Tripoli è ancora in vantaggio su Roma (25 italiani espulsi dalla Libia. 19 libici — con gli otto di ieri — cacciati dall'Italia). Inoltre è stata scartata l'ipotesi di richiamare in Italia per consultazioni l'ambasciatore Reitano. con un gesto che nella liturgia diplomatica equivale ad una dichiarazione di crisi nei rapporti tra due Stati. Ha pesato soprattutto il timore di innescare una spirale di ritorsioni e contro-ritorsioni, in fondo alla quale si intravedeva l'azzeramento delle due rappresentanze diplomatiche e di fatto la rottura delle relazioni tra Italia e Libia. La decisione è stata notificata ieri sera all'ambasciatore libico a Roma, convocato alla Farnesina. Ora si attendono le reazioni di Tripoli, per saggiare se Gheddafi intenderà rispondere con altre contro-misure, alle quali ovviamente l'Italia replicherebbe, in un braccio di ferro che sarebbe difficile chiudere. Proprio per scongiurare questa ipotesi la Farnesina ha raccomandato e ottenuto che le espulsioni fossero contenute. La lista preparata in collaborazione con il controspionaggio (Sismi) comprendeva una quindicina di nomi, e di fatto la scelta del numero e della qualifica del personale libico da espellere rappresentava un'opzione politica. Fino all'ultimo la cifra è rimasta incerta, e alla fine si è imposta la linea del ministero degli Esteri, all'interno del governo la più prudente. Le otto espulsioni, precisa una nota della Farnesina, -si collocano nella linea delle decisioni adottate dai dodici Paesi della Cee in risposta alle ritorsioni libiche del 14 maggio-, ma rispondono anche a esigenze di sicurezza nazionale: ai tre diplomatici libici invitati a lasciare l'Italia (Abdullah Mohamed. Ahmed Jubran e Abdallah Hasmi. ufficialmente addetto-stampa dell'Ufficio popolare della Jamahiriya) il controspionaggio e il ministero degli Esteri contestano -comportamenti incompatibili con lo status diplomatico-, formula generica per alludere ad attività ostili al Paese ospitante. Lo stesso sospetto si addensa sugli altri cinque cittadini libici invitati a lasciare al più presto l'Italia: tre sono impiegati presso l'ambasciata di Roma, due presso il consolalo di Milano. Secondo il New York Times, che cita fonti dell'amministrazione Reagan. Gheddafi non avrebbe ri¬ nunciato ad appoggiare il terrorismo internazionale né avrebbe cercalo d: bloccare l'organizzazione di attentati messi in cantiere prima del raìd americano. Ma allo stesso tempo il leader libico avrebbe cercato un contatto con gli Stati Uniti, attraverso Paesi intermediari, per raffreddare la tensione Contatti che. stando al quotidiano americano, gli Usa avrebbero respinto, diffidando totalmente della buona fede dell'interlocutore e dei suoi tentativi di dialogo. Di terrorismo e della que stione mediorientale ha par lato ieri Andreotti in Consiglio dei ministri, riferendo del suo viaggio in Israele. Secondo il ministro degli Esteri, anche il suo omologo Shamir concorda sulla pericolosità dello stallo che blocca ogni spiraglio di soluzione in Medio Oriente. Ma dai colloqui non è emersa alcuna prospettiva di ripresa di ne goziati. Guido Rampoldi Le ostilità diplomatiche continuano, ma l'Italia evita la rottura

Persone citate: Abdallah Hasmi, Abdullah Mohamed, Ahmed Jubran, Andreotti, Gheddafi, Reitano, Shamir