Tortora tra urla e applausi di Giuseppe Zaccaria

Tortora tra urla e applausi Napoli, sei ore di udienza al processo di appello poi il rinvio di due settimane Tortora tra urla e applausi L'ex presentatore è entrato in aula quando gli imputati rinchiusi nelle gabbie protestavano con i giudici: parte del pubblico e altri detenuti lo hanno salutato con calore - Una ex brigatista annuncia: «Ho le prove che inchiodano Tortora; il figlio del boss Cutolo mi ha scritto quattro lettere in cui conferma che il giornalista era un esterno dei camorristi a Milano» NAPOLI — Enzo Tortora arriva alle 11,30. dopo un lungo viaggio in cellulare: sotto il braccio porta un libro intitolato -L'indipendenza della magistratura^. Al primo processo si era presentato esibendo una copia de -La colonna infame- ma nella sterminata aula di Poggioreale. all' udienza di apertura del nuovo processo contro la .Nuova camorra», non c'è spazio per allusioni o discorsi simbolici. Le urla sgretolano tutto. Gridano gli imputati, il pubblico ministero protesta perché si è iniziato con tre ore di ritardo, gli avvocati continuano a vociare. •Afalandrino, chi difende questo Malandrino?-, chiede inascoltato al microfono il presidente Antonio Rocco, che continua a fare l'appello. «Vogliamo le sigarette.'-, urlano in coro i camorristi della gabbia diciotto. Arrampicato sulle sbarre della sua. Renato Vailanzasca ringhia al .pentito» Sam'ilippo: -Se ti prendo, ti squarto come un capretto...-. Sei ore di un'estenuante kermesse per giungere ad un rinvio di due settimane: il bilancio della prima udienza del giudizio d' appello potrebbe anche ridursi a questo. Ma dietro le proteste, le grida, i momenti di assoluta anarchia, non sono mancati segnali che lasciano intuire come, oltre che disordinato, questo processo si annunci particolarmente combattuto. Ne basterebbe uno, quello lanciato ieri da Fiorella Pi- gozzi. 26 anni, già brigatista per contatti carcerari, poi donna di alcuni camorristi. Tenuta fuori dalle gabbie, ammanettata e guardata a vista da una sorvegliante, la ragazza, che esibiva sul volto una vistosa cicatrice, frutto dello -sfregio» fatto con una lametta, ha tranquillamente annunciato: «Ho le prove che inchiodano Tortora-. Si tratta, stando almeno a quello che lei racconta, di quattro lettere ricevute negli ultimi mesi da Roberto Cutolo, il figlio del capo, tornato in libertà da appena venti giorni. -Sono documenti che parlano di Tortora e dei suoi legami con l'organizzazione: Roberto conferma che agiva I da "esterno" nella zona di Milano...». Ultima recluta nel battaglione dei .pentiti», la ragazza, par di capire, è stata usata in questi mesi dai magistrati come una specie di infiltrata nelle propaggini carcerarie della «Nco». E adesso presenta il rapporto: quelle lettere sarebbero già nelle mani dei giudici, e saranno presentate alla corte d'appello. Un altro mattone all'edificio dei colpevolisti, un'ennesima millanteria? Difficile dirlo, almeno per ora. come difficile è valutare la nuova I ondata di ritrattazioni che si sta abbattendo sui giudici. Alla prima udienza, già due documenti annunciano che altrettanti «pentiti», dopo aver ritirato le accuse su Tortora, hanno nuovamente invertito rotta. Sono Roberto Sganzerla e Salvatore Sanfilippo. gli stessi che qualche mese fa avevano accusato i giudici napoletani di averli costretti a confessare il falso. Il primo ha scritto già da qualche tempo al procuratore capo di Napoli, l'altro direttamente alla corte d'appello. Entrambi dicono di essere stati costretti da alcuni compagni d'avventura (i vari Incarnato. Riccio. Salvatore Federico) a rimangiarsi le accuse: «Dicevano che lo Stato non aveva fatto la legge sui pentiti della camorra proprio perché accusavamo Tortora Adesso, giurano di essere pronti a lottare per il - trionfo della verità", e sembrano indicare che il nebuloso arcipelago dei -pentiti, si stia ricompattando, almeno in qualche misura. Ma per i giudici, è evidente, il terreno continua a farsi sempre più scivoloso, le valutazioni sull'attendibilità di questo o quel testimone sempre più difficili. Dalla gabbia che divideva con Sanfilippo, Gianni Melluso. alias »il bello», osservava divertito la baraonda. Coi cronisti questa volta è stato avaro, commentando solo l'istanza di trasferimento del processo avanzata dai legali di Tortora: -Fanno bene se credono che i giudici siano a favore dei pentiti-. Poche sbarre più in là. prima di chiudersi in uno sdegnoso silenzio. Giovanni Pandico ha invece definito quell'iniziativa -un'ipocrisia bella e buona-, si è disinvoltamente battuto per la libertà di stampa (contro il -bavaglio» che i radicali avrebbero tentato di imporle) ed ha finito con l'annunciare: -Vedrete: alla fine Tortora pagherà Accolto da un applauso, un po' del pubblico un po' dei detenuti, bersagliato dai flash, Enzo Tortora — inutilmente un esponente radicale aveva proposto ad una giornalista di consegnargli un mazzo di fiori — ha assistito all'udienza in silenzio (mancava il cantautore Franco Califano). Nonostante i Pandico e i Melluso. è convinto che -il castello accusatorio crollerà, a meno che non si voglia tenerlo su a tutti i costi... Mi sento accerchiato e solo — ha continuato — credo però die la verità abbia una forza incredibile, e che prima o poi verrà fuori-. Gli hanno chiesto chi considera maggiormente colpevole di quanto gli è accaduto, e lui ha risposto: -Un certo metodo... in quest'aula, i Dreyfuss si sprecano ». Gli hanno domandato se ha fiducia nei giudici. La risposta è stata: -Non vedo perché non dovrei...-. Nell' aula, intanto, prendono ad agitarsi nuovi fantasmi, a materializzarsi nuovi timori. Circondati dai carabinieri, e ammanettaci, per tutta l'udienza i tre «killers delle carceri» (Vincenzo Andraus, Cesare Chiti, Mario Astorina) hanno aggiunto le loro grida a quelle degli altri. Protestavano perché li tengono lontani da Vallanzasca (che si ritiene in via di «pentimento», e va dunque isolato). Alla fine, hanno ottenuto di poter raggiungere un' altra gabbia. Andraus. in particolare, ce l'ha con lo Stato, i Figlio di un egiziano, chiede inutilmente, da anni, di ottenere la cittadinanza italiana e argomenta: -Ma insomma, cos'altro devo fare? Sono nato in Italia, e in Italia sono stato condannato a cinque ergasto- '!Giuseppe Zaccaria p Napoli. Kn/o Tortora ieri mattina in aula tra i carabinieri: alle sue spalle l'imputata Anna Mariniello

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