Confucio al timone di Singapore di Renata Pisu

 Confucio al timone di Singapore «L-^ JL SUSPENSE NELLA CITTA'-STATO: QUANDO FINIRÀ' LA CRISI? Confucio al timone di Singapore «L-^ JL Da venturi anni indipendente, l'isola della Malesia vive secondo un'utopia confuciana di buon governo - Il leader Lee Kuan Yew ha insegnato ai cittadini a essere puliti e cortesi, a imparare l'inglese, a regolare le nascite - Ma dopo il successo economico, ci sono alberghi vuoti e uffici sfitti - Regole a fumetti contro una recessione che per T86 prevede una crescita zero DI RITORNO DA SINGAPORE — La città-stato è tutta tirata a lucido, spazzata e spolverata ogni mattina, scintillanti i vetri dei grattacieli, i marciapiedi passati a cera, neanche una macchia, neanche un cartello con su scritto -vietato sputareperché ormai lo sanno tutti, da ventanni, che se si sputa o si getta per strada una cartaccia, ma anche una cartina, sono multe salate, minimo cento dollari. «Lui ci ha ispirato il rispetto dell'igiene», dice un negoziante. «Lui- sarebbe Lee Kuan Yew, il -padre' di Singapore, l'isola della Malesia che è da ventun anni completamente indipendente, forgiata da questo distìnto, colto, mandarino cinese di 63 anni secondo un'utopia•confuciana» di buon governo che non esclude la galera senza processo per gli oppositori e giudica salutare censurare la stampa locale e impedire la diffusione di quella estera qualora si immischi negli «affari interni» e «tenti di manipolare l'opinione pubblica singaporiana». Questo secondo una legge approvata appena pochi giorni fa. Con le buone o con le cattive, con il pugno di ferro nel guanto di velluto, i singaporiani hanno imparato molte cose nel corso delle perìodiche campagne promosse dal governo: a essere puliti, a essere cortesi, a parlare soltanto cinese mandarino, non altri -inutili- dialetti, a essere tutti bilingui — l'inglese è obbligatorio —, ad avere pochi figli o, se appartengono all'elite, a averne molti. Lee Kuan Yew sostiene infatti che soltanto una madre laureata è una buona madre, le altre possono anche farsi sterilizzare. Adesso è in corso una nuova campagna in cui si riuscirà a diffondere il gusto per la carne di maiale congelata e unicamente per quella perché il governo di porcili non ne vuole più qui, nella linda e piccolissima Singapore, appena 680 chilometri quadrati per due milioni e mezzo di persone. Così si sta diffondendo un'altra lodevole abitudine nei singaporìani, i quali alla fine considereranno naturale mangiare maiale congelato, come per loro è naturale, cioè imposto a forza di multe, annaffiare le piante badando bene a non lasciar mai acqua stagnante nel piatto del sottovaso perché altrimenti nascono le zanzare. Ma chi sono i singaporìani, questi cittadini modello che per l'ottanta per cento vivono in grandi caseggiati costruiti dal governo, più o meno di lusso ma con tutti i comfort? La popolazione, cinese per il 77 per cento con una minoranza di malesi e di indiani, è stata da Lee Kuan Yew esortata a crearsi una -nuova coscienza- nazionale, singaporiana. Così sono stati eliminati i quartieri -separati- dove la gente si conosceva da sempre e si riconosceva in abitudini e tradizioni. I grandi modernissimi casermoni del governo sono serviti a unire e forgiare i -singaporìanU, a negare con l'evidenza di una politica di «meltlng pot» l'accusa che Singapore fosse in realtà una «terza Cina» o «il regno dei mercanti cinesi all'estero». Per Singapore fino a poco tempo fa la Cina contava assai poco, nel 1978 Lee lo disse chiaro a Deng Hsiao-ping: «Noi cinesi di Singapore abbiamo una storia e esperienze diverse da voi del continente. Il nostro futuro dipende dall'Asia orientale». Oggi però Singapore si sta avvicinando alla Cina, forse intravede la possibilità di risanare la propria economia con jont-ventures o fornendo know-how a un miliardo di «cinesi come noi». Così stanno ragionando i singaporìani che contano, ovviamente tutti di orìgine cinese, fino a un anno fa orgogliosi del loro successo economico strabiliante, oggi colpiti da improvvisa recessione. Cosa è andato storto in questo paese di utopia che ha raggiunto un reddito prò capite che è il secondo dell'Asia, ben 7500 dollari (circa 11 milioni 250 mila lire), e possiede riserve in oro e valute estere che si calcola siano il 44 per cento di quelle ■custodite a Fort Knox? Gli errori Ci sono segni evidenti della crisi che minaccia di sconvolgere la città-giardino: troppi grandi alberghi vuoti a interi piani, troppi ampi e lussuosissimi locali per uffici invenduti o sfitti, troppo entusiasmo da parte di tutte le categorìe di salariati nell'accettare il -congelamentodegli stipendi per almeno due anni, per certi settori I anche delle sostanziose rìdu- | stoni. Certi errori sono facilmente spiegabili: si presumeva infatti un rapido declino di Hong Kong dopo l'annuncio dell'accordo firmato tra Gran Bretagna e Cina per il ritorno della colonia alla madrepatria ma, siccome questo declino non c'è stato, gli enormi edifici con spazi progettati per uffici e banche costruiti per i -fratelliricchi in fuga da Hong Kong sono rimasti deserti: e molte imprese di costruzioni sono miseramente fallite. Ma non è di certo questa la causa prima degli attuali guai di Singapore: si riconosce che se fino all'anno scorso l'isola ha avuto il tasso di sviluppo più alto e sostenuto di qualsiasi altro paese al mondo, il merito è stato del settore pubblico guidato da Lee Kuan Yew il quale, dopo la fase di «atnrio», ha imposto gravose tasse alle imprese — fino al 40 per cento degli utili —, ha aumentato considerevolmente i salari, ha imposto, attraverso l'istituzione del Fondo Centrale per la Previdenza al quale contribuiscono i lavoratori con il 25 per cento del loro salano mensile e in egual misura i datori di lavoro, un risparmio forzato, pari al 41 per cento del prodotto nazionale lordo. Concorrenti Ora tutte queste politiche sono criticate, anche la -pupilla degli occhi- di Lee, il Fondo per la Previdenza, perché, si dice, se i contributi da parte dei datori di lavoro venissero eliminati si potrebbero abbassare i costi di produzione che sono diventati altissimi rispetto a Taiwan, a Hong Kong, alla Corea del Sud. Il rimedio che ora inene proposto è dare maggiore spazio al settore privato, lasciare che siano i liberi imprenditori, non la burocrazia, a decidere sugli investimenti. Ma a Singapore molti non ci sentono quando si batte questo tasto: è stato il settore pubblico, il -dirigismo- di Lee e il suo -pragmatismoche hanno operato il miracolo economico e molti pensano che sarebbe meglio cercare invece di sostenere il ruolo del settore pubblico apportando le necessarie modifiche per combattere la - recessione-, ormai tanto grave che per il 1986 si prevede crescita zero. Lee Kuan Yew si è perfettamente reso conto della gravità della situazione, accetta che venga discussa una nuova impostazione globale dell'economia ma è ancora incerto sui vantaggi della -privatizzazione- a favore della quale premono i -nuovi leader-, suo figlio Lee Hsien Long compreso, ma con minor vigore degli altri. Lee Junior, 32 anni, carriera politica a razzo, ministro per il Commercio ^ l'Industria, ha presieduto i lavori di una commissione economica che ha analizzato i guai di Singapore e i rimedi possibili in un ponderoso rapporto di duemila pagine, pubblicato il mese scorso. Rapporto tanto ostico e prolisso che il quotidiano Straits Times ha preso l'iniziativa di spiegarne in parole povere ai singaporìani il contenuto, riassumendolo in una storia a fumetti -edificante- secondo la più autentica e paternallstica concezione confuciana del rapporto tra -superiori e inferiori-. La storia, in 48 vignette, si intitola Tu e la recessione. Nella prima vignetta, siamo negli Anni Sessanta, si vedono due uomini d'affari giapponesi su un aereo che sta atterrando a Singapore. Con aria soddisfatta osservano un singaporìano in cima a un grattacielo che sventola due bandierine: su una c'è scritto «niente tasse», sull'altra «mano d'opera a basso costo». Saltiamo una ventina di vignette e eccoci ai giorni nostri: due grossi e grassi businessmen americani sono nell'ufficio del loro partner singaporìano. «Ci dispiace, caro Tan, ma dobbiamo rinunciare al progetto di una nuova fabbrica qui da voi», dice uno. E l'altro aggiunge: «I costi sono troppo alti». Ma se i costi e i salari sono cresciuti è perché il governo, alla fine degli Anni 70, ha voluto migliorare il livello di vita della popolazione e cercare strade nuove. Lo spiega una vignetta in cui si vede il primo ministro Lee Kuan Yew nel suo studio che cosi ragiona: «Ora tutti hanno un lavoro. Ma vorrei che i singaporìani guadagnassero di più. Cosa posso fare? Ecco, ho un'idea. Dobbiamo smetterla di produrre merci a basso costo, come i vestiti. Dobbiamo produrre cose che rendano di più. componenti per i computer per esempio!». Il suo piano però non funziona, chiaramente a causa della «sfavorevole congiuntura internazionale». Tocca a suo figlio Lee Hsien Long studiare una nuova strategia. Vignetta del giovane Lee pensieroso: -Ecco la soluzione ! Ridurre i costi e comprare nuovi macchinari». Così i salari vengono ridotti e comincia la «lotta nazionale» per recuperare competitività sui mercati mondiali... Scenario del prossimo futuro, anno 1988. Il piano di risanamento della Commissione economica ha funzionato, eccome. Siamo in casa di quello stesso Tan che era stato abbandonato dai suoi partner americani. La sua azienda sta per concludere un contratto di un milione di dollari con una impresa statunitense. La signora Tan partecipa alle angosce del marito perché vuole comprarsi una Mercedes nuova mentre sua figlia spera di fare un bel viaggio in Europa, finalmente. Intanto, altra vignetta, i manager americani riuniti a New York stanno discutendo: «Concludiamo l'affare con Tan di Singapore o con il nostro amico sud-coreano?». La suspense si prolunga per cinque vignette e alla sesta vediamo un sud-coreano nel suo ufficio di Seul che furioso sventola un telex e grida: «Accidenti, abbiamo perso il contratto!». Sarà davvero questa la conclusione della brutta storia della recessione, stando al fumetto, destinata al -lieto fine-? Molti ne dubitano compreso il primo ministro Lee Kuan Yew. il quale aveva dichiarato l'anno scorso che nel 1988, a 65 anni, si sarebbe ritirato ma ora ci ha ripensato: «Penso di rimanere in carica fino a 68 o 69 anni. Voglio proprio vedere come si mettono le cose». E Lee, per abitudine, «vede e provvede». Renata Pisu S Singapore. Grattacieli e case sull'acqua: i contrasti d'un Paese che, dopo lo strabiliante sviluppo, rischia una grave crisi

Persone citate: Deng Hsiao-ping, Knox, Lee Junior, Lee Kuan, Lee Kuan Yew